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Vivendi-Mediaset, i francesi impugnano la nuova istruttoria Agcom

Prosegue il duello a colpi di carte bollate tra Vivendi e Mediaset sulla partecipazione detenuta dai francesi nel Biscione. Il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré ha impugnato al Tar del Lazio la nuova istruttoria aperta dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) per verificare, in base alla cosiddetta norma ‘salva Mediaset’ (l’art. 4 bis del decreto Ristori), la posizione di Vivendi alla luce delle partecipazioni azionarie detenute in Telecom Italia e nel gruppo della famiglia Berlusconi.

 

Il ricorso è stato depositato ieri e i francesi, riferiscono diverse fonti legali, hanno già chiesto ai giudici di fissare un’udienza di merito a breve per discutere le loro istanze. Vivendi chiede di annullare sia la delibera 662/20/CONS con cui l’Agcom ha avviato il procedimento per applicare la ‘salva Mediaset’, sia la delibera 640/20/CONS che, sempre in base alla stessa legge, ha modificato il regolamento che disciplina i procedimenti in materia di autorizzazione dei trasferimenti di proprietà delle società radiotelevisive.

 

Secondo Vivendi, spiegano le medesime fonti, la norma sarebbe illegittima perché, come ricordato in una lettera inviata lo scorso 11 dicembre dalla Commissione Ue al ministero dello Sviluppo economico, il provvedimento doveva prima essere notificato all’esecutivo europeo, come previsto dalla direttiva Trasparenza nel mercato unico del 2015, cosa che non è stata fatta. Di conseguenza sarebbero illegittime anche le due delibere che, in applicazione dell’art 4 bis del decreto Ristori, hanno portato l’Agcom, lo scorso 15 dicembre, a modificare il regolamento sulle partecipazioni radiotelevisive e ad aprire la nuova istruttoria sulla partecipazione di Vivendi. Secondo altre fonti, tuttavia, il ricorso dei francesi potrebbe presentare profili di inammissibilità, in quanto mancherebbe la legittimazione ad agire: finché non si concluderà l’istruttoria dell’Agcom, nessun interesse del gruppo francese può considerarsi leso, verrebbero quindi meno le ragioni dell’impugnazione.

 

La cosiddetta ‘salva Mediaset’ per le società che operano nel settore delle telecomunicazioni è arrivata dopo la sentenza della Corte di Giustizia Ue dello scorso settembre nel contenzioso tra Mediaset e Vivendi, primo azionista di Tim e secondo socio della società controllata dalla famiglia Berlusconi. I giudici europei hanno dato ragione alla telco francese, creando un vuoto normativo con l’eliminazione di alcuni principi della legge Gasparri (l’articolo 43 del Testo unico sul sistema radiotelevisivo relativo alla tutela del pluralismo nel Sic, il Sistema integrato delle comunicazioni). La norma ha affidato all’Agcom il compito di avviare un’istruttoria da concludere in sei mesi sui soggetti che operino contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel Sistema integrato delle comunicazioni, anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un’influenza notevole. Proprio in base a questa legge l’Agcom, per verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo, ha aperto la nuova istruttoria adesso impugnata da Vivendi al Tar del Lazio.

 

A dicembre proprio il tribunale amministrativo, in applicazione della sentenza dei giudici europei, ha restituito ai francesi l’intera quota del 29,9%, e i relativi diritti di voto nell’assemblea di Mediaset. Il mese scorso i legali di Cologno Monzese hanno presentato appello al Consiglio di Stato.

 

Il contenzioso tra il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi e il socio francese affonda le radici nel mancato acquisto, cinque anni fa, da parte di Vivendi di Mediaset Premium, nonostante un precedente accordo. Da lì è nata una guerra legale a tutto campo. In ambito amministrativo, sul congelamento della quota dei francesi in Mediaset eccedente il 9,9%, tutt’ora parcheggiata in un Trust, la Simon Fiduciaria, su cui pende adesso il giudizio del Consiglio di Stato. In sede civile, con il tribunale di Milano che deve decidere sulla richiesta di risarcimento danni da 3 mld da parte del Biscione per il mancato acquisto di Premium e la conseguente scalata ostile. E in sede penale, con la Procura di Milano che il 12 dicembre ha notificato a Vincent Bolloré e all’ad di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, l’avviso di conclusione delle indagini per manipolazione del mercato e ostacolo proprio in relazione agli acquisti di azioni Mediaset effettuati nel 2016.

 

 

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