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Cosa significa sostenibilità? Gli investimenti Esg e il greenwashing

investimenti esg

Fondi, bond, prodotti e servizi. Il mercato green è in forte espansione. Ma manca una definizione condivisa di sostenibilità e ognuno la adatta alle proprie esigenze. Così prolifera il greenwashing, la pratica di dipingere come rispettoso dell’ambiente ciò che non lo è. La versione completa di questo articolo, a firma di Domenico Lusi, è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2021.

 

ECONOMIA CIRCOLARE, mobilità sostenibile, transizione verde. La Commissione Ue ne ha fatto l’asse portante del pacchetto da 1.800 mld di euro con cui intende traghettare l’Europa fuori dalla pandemia, rendendola più moderna e sostenibile. E, dopo la parentesi Trump, lo stesso si apprestano a fare gli Stati Uniti, con il programma di rilancio da 1.900 mld di dollari annunciato dal presidente Joe Biden. Per tutti il punto di riferimento sono gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Un grande traguardo politico, sociale ed economico che, negli anni, è anche diventato un grande business. Secondo una rilevazione della società di consulenza Opimas, a livello globale il risparmio gestito in fondi che tengono conto di criteri ambientali, sociali e di governance (Esg) è quasi raddoppiato negli ultimi quattro anni, passando dai 22.900 mld di dollari del 2016 ai 40.500 mld del 2020. E si prevede che il settore continuerà a crescere a ritmi superiori rispetto a quello dei fondi tradizionali. Stesso discorso per il mercato dei green bond che, stando a una stima del fondo Nn Investment Partners, quest’anno arriverà a mille miliardi di euro (oltre dieci volte più che nel 2016), con un aumento del 50% delle emissioni. Più complicato stimare il valore del mercato mondiale dei beni e servizi sostenibili. Secondo un report del 2019 della University College London, nel 2016 valeva circa 7.900 mld di dollari, 1.300 nei soli Stati Uniti.

 

 

Cifre che raccontano la crescente domanda di prodotti green da parte di investitori e consumatori, e il conseguente forte interesse di imprese e operatori finanziari, ma che dicono poco sulla effettiva sostenibilità di quei beni e servizi, dei prodotti finanziari, e dei modelli di business delle aziende che li propongono. Dal lancio del primo standard di gestione ambientale nel 1992 a oggi, si è assistito a una proliferazione di indici, certificazioni, report di sostenibilità. Secondo il data provider Ecolabel Index, per i soli prodotti sostenibili esistono nel mondo 456 etichette in 25 differenti settori produttivi.

 

 

La situazione non migliora se si guarda alle certificazioni di sostenibilità delle imprese. “Oggi posso creare una società di revisione in cui vengo pagato nel momento in cui certifico l’azienda – dice Andrea Baranes, vicepresidente di Banca Etica – con un conflitto di interessi alla base abbastanza grande. E poi le informazioni che fornisco, se il mercato le prende per buone, le prende per buone. Tra l’altro con un gap tra le grandi imprese, che hanno spazi per lavorare sul report di sostenibilità e le altre”. Anche perché questi report, in media, costano alle grandi aziende tra i 400mila e gli 800mila euro.

 

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio 2021. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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