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Barge (Boehringer Ingelheim): Il benessere aumenta la produttività

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“Aver cura del benessere delle persone, facendo sentire i nostri collaboratori come elementi centrali per la realtà in cui lavorano, è uno dei valori fondamentali della cultura aziendale di Boehringer Ingelheim. Per noi è fondamentale che le nostre persone vivano questa centralità e, per questo, siamo da sempre fortemente impegnati nella promozione di iniziative mirate a creare un ambiente di lavoro in grado di favorire la crescita e lo sviluppo professionale dei singoli”. Parola di Antonio Barge, direttore Hr di Boehringer Ingelheim Italia, dove lavorano un migliaio di persone in tre sedi (a Milano, in provincia di Bergamo e in provincia di Padova) compresi i 400 informatori scientifici che operano sul territorio nazionale.

La pandemia ha imposto un cambio di prospettiva nelle modalità di lavoro, a fronte soprattutto dell’adozione obbligata e massiccia dello smart working. Boehringer Ingelheim è stata tra i precursori dell’ambiente di lavoro flessibile, concetto che si declina su molteplici aspetti, inclusi il benessere e la conciliazione delle responsabilità professionali con la vita personale.

Per Boehringer Ingelheim, le politiche per favorire il benessere dei collaboratori sono un’importante occasione per stimolare anche il miglioramento organizzativo, con effetti sulla produttività aziendale e occasioni di crescita del contesto socioeconomico in cui l’azienda opera. Per questo, a livello italiano, l’Azienda ha sviluppato molteplici iniziative di welfare, volte a migliorare la vita dei dipendenti: dal benessere psicofisico alla gestione della genitorialità, fino a benefit legati al risparmio del tempo.

Per il terzo anno consecutivo l’azienda è stata ufficialmente certificata come azienda Top Employer; quest’anno, inoltre, il Top Employers Institute, per la prima volta, ha premiato Boehringer Ingelheim come “Global Top Employer”, uno dei 16 migliori datori di lavoro al mondo.

 

Un premio che dimostra come l’azienda, sia fortemente orientata non solo alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni terapeutiche innovative, ma anche a preservare un ambiente di lavoro favorevole all’equilibrio umano delle persone.

Per noi esiste una stretta correlazione tra la nostra mission, portare più salute alle persone e agli animali, e il benessere dei nostri collaboratori. Partiamo, infatti, dalla convinzione che le politiche di welfare che vanno a migliorare il benessere dei collaboratori aumentano la produttività di un’azienda; i nostri collaboratori promuovono più salute quanto più si sentono al centro dell’azienda in cui operano.

 

Come si qualifica la vostra offerta di welfare aziendale?

Ben prima dell’emergenza Covid noi abbiamo prestato attenzione all’offerta di prestazioni e di benefit di qualità. Ma la predisposizione del piano non è mai stata top-down, ma al contrario nasce anche bottom-up. Si costruisce con l’ascolto dei lavoratori e si diversifica in relazione al territorio nel quale lavorano i nostri dipendenti.

 

Proprio ora che con lo smart working tutti lavorano da casa, lontano da quell’ormai mitico luogo in cui era così bello arrivare ogni mattina…

Vero. Con lo smart working, che per noi era già prima della pandemia una possibilità utilizzabile dai collaboratori ogni volta che volevano, abbiamo svuotato le nostre sedi. Molti benefit erano legati al luogo. Dall’asilo nido aziendale al maggiordomo aziendale sono tutte opportunità che oggi dovremo rimodulare in virtù di questa radicale novità organizzativa in azienda. Oggi dovremo modificare questa offerta. Ma se mi chiede nel dettaglio come cambierà io dico che siamo al lavoro. Costruiremo la risposta, anche in questo caso, ascoltando i suggerimenti delle nostre persone. Di certo bilanceremo attenzione ai costi e bisogni.

Non c’è il rischio che prevalga l’obiettivo di un saving generalizzato?

No. A esempio abbiamo investito i risparmi dei benefit legati al consumo in azienda, per produrre nuovi servizi, come il supporto psicologico online. Un altro esempio è il “bonus cultura” per sua natura flessibile. Può essere speso sia per teatri e cinema ma anche per libri e musei. Non si tratta di promuovere solo lo svago, ma lo sviluppo di un pensiero e di una riflessione sulla realtà in cui viviamo.

Ogni tanto ci si chiede se si può confezionare un algoritmo per misurare il Roi (return of investment) del welfare aziendale. Che cosa ne pensa?

Potrei rispondere con una battuta: qualche tempo fa, per rispondere a una domanda simile mi limitai a suggerire di contare i sorrisi. L’unica Kpi utilizzabile è il sorriso dei nostri collaboratori. Non credo che sia possibile confezionare un Roi per il welfare e in generale per misurare la soddisfazione dei dipendenti. Lo strumento principe della soddisfazione resta il coinvolgimento. La co-costruzione dei processi aziendali e dei programmi di welfare. Già prima dell’emergenza Covid abbiamo puntato molto sulla collaborazione. Avevamo lanciato un hackhaton tra i dipendenti. Ne sono uscite molte idee utili e quattro progetti sono stati realizzati.

È vero che la direzione Hr, durante e dopo l’emergenza Covid, ha assunto un ruolo più centrale nel board aziendale?

Da noi le risorse umane sono sempre state avvertite come un asset centrale dell’azienda. E la funzione Hr ha sempre fatto parte del comitato di crisi, costituito fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Abbiamo sempre contribuito alle scelte strategiche.

 

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