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Il nuovo welfare tra solidarietà e un fisco più leggero

welfare terzo settore

La crisi ha picchiato meno duro nelle aziende farmaceutiche, anche in quelle non direttamente coinvolte nella corsa ai vaccini. Una maggiore attenzione alla salute e ai presidi essenziali per questa lunga convivenza con il virus, si è affermata a ogni livello, personale, familiare, aziendale. In ogni comunità si è affermata una nuova sensibilità. E le aziende chimico-farmaceutiche hanno colto qualche opportunità in più rispetto a tante altre. Ma anche nel loro ambito la relazione con i dipendenti è diventata la priorità.

“Siamo in una terra di mezzo – commenta Francesco Bonvicini, Hr director di Alfasigma, che ha partecipato di recente al webinar ‘Il futuro delle persone’ organizzato da Fortune Italia in collaborazione con Adp – un passaggio molto sfidante, dove c’è una realtà che non ci sarà più e una novità che ancora non si è compiuta. Una considerazione che vale per i nuovi assetti della direzione Risorse Umane, così come per gli abituali consumi di casa, destinati a subire profonde modifiche strutturali; così come per il bouquet dei servizi messi a disposizione del mondo welfare in azienda”.

In questa trasformazione smart working e welfare aziendale, saranno le frontiere più sensibili, anche all’interno delle organizzazioni del lavoro. Come sta evolvendo il paradigma in Alfasigma?

La centralità della persona in azienda è un postulato che precede la crisi pandemica. Dopo l’emergenza Covid il tema si è fatto ancora più stringente. L’evoluzione del welfare aziendale deve essere rivolta al benessere delle persone. Quindi, sia attenzione alle politiche retributive, sia al sostegno attraverso una quota importante di servizi alla persona.

Come si raggiunge questo nuovo equilibrio, in una fase caratterizzata da profondi squilibri e di grande fragilità, personale e sociale?

C’è la necessità di un nuovo patto. Non parlo solo della riforma degli ammortizzatori sociali, pur necessaria; ma c’è bisogno di una nuova attenzione da parte di chi ci governa, a tutte le prestazioni di welfare che vengono erogate a livello aziendale. Se da un lato è inevitabile che ci sia una riduzione del perimetro del welfare pubblico e statale, è altrettanto inevitabile immaginare che ci sia un aiuto, sotto forma di detrazione fiscale a esempio, per i servizi di welfare integrato.

Di quali servizi parla, in particolare?

Sono molti i casi. Ma certo oggi la copertura sanitaria e assistenziale offerta come prestazioni di welfare integrato, sta diventando assai rilevante. Sono sempre di più i lavoratori che usufruiscono di servizi aggiuntivi, complementari, a quelli del Servizio sanitario nazionale. Credo sia necessario rimettere mano alle quote di defiscalizzazione o di decontribuzione del costo delle polizze. Ma potrei fare l’esempio dei buoni pasto. Oggi, con lo smart working, in molti casi le aziende si chiedono se continuare a erogare la prestazione. Il dubbio sarebbe meno assillante se questo tipo di sussidio fosse oggetto di maggiore, anzi, di minore attenzione da parte del fisco.

Una sfida per il Governo, ma anche una sfida per chi governa, in azienda, le risorse umane.

Per noi la rivoluzione è già iniziata. La parola chiave è solidarietà. È la stessa solidarietà messa in campo in questa fase di emergenza sanitaria da parte delle famiglie e delle comunità locali, che oggi è richiesta da parte di tutti, a ogni livello di responsabilità. In azienda la solidarietà è diventata un’esperienza comune, diffusa. Anche in questo momento drammatico e di distanziamento ci siamo sentiti più vicini. Particolarmente toccante, nel caso nostro, il rapporto che si è fatto ancora più stretto con la nostra filiale di Shanghai. Per noi il Covid è iniziato prima; i nostri colleghi in Cina hanno attraversato l’emergenza in anticipo, rispetto all’Europa. Ma appena hanno avuto modo di aiutarci con l’invio di mascherine, quando qui in Italia non si trovavano, lo hanno fatto. L’azienda è una palestra di solidarietà. Il Paese lo deve diventare

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