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Roma, se le alchimie (nazionali) pesano troppo

Quante volte le elezioni amministrative sono state laboratorio per nuovi esperimenti politici, tentativi messi in campo per vedere ‘l’effetto che fa’ prima di esportarli nelle consultazioni nazionali. Ecco, quello che sta accadendo in queste ore per le candidature a sindaco di Roma capovolge quello schema, mette in crisi il modello giallorosso che, dopo essere stato alla base del Conte due, sembrava destinato a essere anche asse fondante di un nuovo centrosinistra.

Almeno fino a qualche giorno fa, quando il (quasi) neo leader M5s, cedendo alla pressione della base, ha deciso di confermare il sostegno pentastellato alla candidatura di Virginia Raggi mandando in soffitta il gioco di scacchi che, a quel punto, avrebbe visto scendere in campo per Roma la pedina Nicola Zingaretti come candidato comune. La conseguenza immediata è stata la decisione di correre nella competizione di Roberto Gualtieri che ora diventa il candidato di punta per il Pd. Con l’annuncio dell’ex ministro dell’Economia sale quindi a quattro il numero dei candidati certi alle primarie del 20 giugno, ma altri se ne potrebbero aggiungere.

E tuttavia, come si suol dire, se Sparta piange Atene non ride. Immensa è la confusione anche sotto il cielo del centrodestra che, non soltanto è diviso nel sostegno al governo Draghi, ma vede ogni giorno crescere la competizione tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Una sfida all’ultimo voto che finora ha avuto riflessi anche sulla scelta dei candidati a sindaco delle grandi città, Roma compresa, dove il leader della Lega ha da tempo lanciato Guido Bertolaso.

A tutta questa ridda di nomi si aggiunge poi quello di Carlo Calenda, in campo ormai da mesi nella sfida a sindaco di Roma, spina nel fianco per i consensi soprattutto del Pd che però sul nome dell’ex ministro dello Sviluppo economico non è mai voluto convergere.

Ecco, ora che sono stati fatti (quasi) tutti i nomi, cosa manca? La risposta è banale ma suonando troppo retorica, e anche un po’ populista, alla fine la si lascia spesso cadere nel vuoto. Perché è semplicistico dire che ciò che serve è un sindaco capace e che dimostri di esserlo. Però va ricordato che se questo è vero per qualsiasi amministrazione, lo è doppiamente per una città come Roma, grande bellezza e grande monnezza allo stesso tempo. Le questioni aperte sono tante e, primo tra tutti, c’è il nodo delle risorse.

Certo, le elezioni si tengono a ottobre e ci sarà tempo e modo per i candidati in campo di confrontarsi sui programmi. E tuttavia è un dato di fatto che per ora le scelte, sia quelle andate in porto che quelle naufragate o in stand by, siano state prese più sulla scorta di alchimie politiche, spesso nazionali, che di ragionamenti fatti in nome della città.

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