In piedi o inginocchiati? I giocatori della nazionale italiana sceglieranno da che parte stare entro stasera. Euro 2020 sarà ricordato anche per questo, per la sofferta e discussa decisione sul gesto simbolo di sostegno al ‘Black lives matter’.
Da quando lo sport, prima quello americano e poi quello europeo, ha iniziato a seguire l’esempio di Colin Kaepernick, il primo sportivo americano a mettere un ginocchio a terra durante l’esecuzione dell’inno nazionale, in segno di protesta contro le violenze della polizia sugli afroamericani, un gesto simbolico è diventato anche un motivo di divisione e di discussione.
Nel pre partita di Italia-Galles è stata scattata una fotografia che sintetizza tutta l’efficacia di quel messaggio. Cinque giocatori italiani, Belotti, Toloi, Pessina, Bernardeschi e Emerson Palmieri, si sono inginocchiati insieme a tutta la squadra gallese, mentre altri sei italiani sono rimasti in piedi. È nata una polemica che si è trascinata per giorni, il cui sotto testo grossolano, e ipocrita, è che si inginocchiano gli omologati e restano in piedi gli anti-conformisti, quelli che non si vogliono far dettare comportamenti e che non vogliono aderire a campagne che non sentono loro.
Naturalmente, la libertà di espressione è stata invocata da tutti, in questo caso con più entusiasmo rispetto a tanti altri in passato. E i tifosi si sono divisi, come se sempre: una fazione per gli inginocchiati, l’altra per i rispettosi dell’inno nazionale, gli uomini eretti. Con una evidente connotazione politica, anche questa inevitabilmente grottesca e fortemente strumentalizzata.
In attesa di capire se stasera gli azzurri saranno tutti inginocchiati o tutti in piedi, vale la pena ricordare che il razzismo è una cosa seria, che le violenze razziali vanno combattute ovunque, e che se è vero che accogliere un gesto simbolico non cambia le sorti dell’umanità, farlo diventare una farsa nazionale è un passaggio che ci potevamo risparmiare.
