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Francia, un milione di nuove imprese nate durante la pandemia

In Francia c’è chi comincia a pensare che “non tutte le crisi vengono per nuocere”, soprattutto l’ultima, quella provocata dal Covid-19, che comunque è stata devastante per i risvolti umani e sociali. Gli economisti d’Oltralpe però si stanno misurando con altri aspetti della crisi e, in particolare, con un dato pubblicato questo mese dall’Insee (l’Istat francese) che sembra tanto eccezionale quanto, apparentemente, inspiegabile: negli ultimi 12 mesi dell’anno (da maggio 2020 a maggio 2021) ovvero in piena pandemia, le cancellerie dei Tribunali per il Commercio hanno registrato quasi un milione di nuove aziende – esattamente 996.217 – un record senza precedenti che si traduce in una progressione d’immatricolazioni del 31% rispetto quelle registrate in epoca pre-Covid. Tre quarti di questi nuovi soggetti, inoltre, sono microimprese o imprese individuali, tipologia aziendale che è stata trascinata dal “delivery” (una immatricolazione su sei) letteralmente esploso in Francia e in tutta l’Ue per effetto dei lockdown e delle diverse misure di contenimento dei contagi. Ed è proprio questo l’altro dato che fa riflettere: mai prima d’ora, nella sesta economia del mondo, la seconda potenza economica dell’Ue, si era assistito a un simile “boom” di piccoli imprenditori in così poco tempo.

La Francia, che notoriamente non è estranea all’interventismo nell’economia nazionale, ha sempre fornito un ambiente economico favorevole alla crescita e al consolidamento di grandi gruppi economici, quei campioni industriali internazionali ben conosciuti anche in Italia. La pandemia, diversamente da quanto finora avvenuto, avrebbe invece messo l’acceleratore su un fenomeno, da alcuni definito negativamente come “uberizzazione”, che nei precedenti dieci anni era rimasto marginale. Il nuovo record di micro e PMI sembra quindi contrastare con caratteristiche che abitualmente vengono attribuite ai francesi: il pessimismo e la scarsa propensione al rischio.

Che la pandemia possa essere alla base di questo piccolo ma non irrilevante miracle français? Gli analisti per ora lo escludono. Il fenomeno dell’autoimprenditorialità sarebbe piuttosto frutto di un’inversione di marcia iniziata nel 2010, che ha visto i governi francesi adottare politiche via via più incentivanti allo sviluppo dell’iniziativa privata, e culminata con l’adozione di regimi contributivi e fiscali semplificati per la microimpresa. In questo contesto già di per se’ favorevole, il piano di rilancio da 100 miliardi di euro (pari a circa il 4% del Pil francese) per stimolare la competitività e il mercato del lavoro soprattutto alleggerendo la pressione fiscale sulle imprese, è evidentemente riuscito ad aggirare gli effetti più pesanti delle restrizioni adottate durante la pandemia, innescando di fatto una spirale benefica per il “sentiment” del business.

Questa sembra essere la tesi sposata anche dal primo quotidiano economico del Paese “Les Echos” che proprio qualche giorno fa pubblicava un editoriale dal lungimirante titolo “L’esprit d’entreprise, remède anti-crise” (lo spirito d’impresa come rimedio anti-crisi) sottolineando come la pausa forzata dell’economia accompagnata da poderosi ammortizzatori sociali “ha permesso a molti dipendenti salariati di riflettere e passare all’azione”.

Chi, soprattutto nel nostro Paese, nutrisse ancora dubbi sull’origine dell’improvvisa ondata d’ottimismo e d’imprenditorialità esplosa Oltralpe, in piena pandemia, dovrebbe anche sapere che Parigi aveva inaugurato il 2020 con un Pil in crescita all’1,3%, trascinato da una ripresa sostenuta dei consumi interni e che un cospicuo numero di francesi – tutti quelli che durante il lockdown non hanno percepito un reddito mensile medio superiore al triplo del salario minimo che è circa 1.200 euro netti al mese – ha potuto usufruire di bonus esentasse fino a 2mila euro mensili, mentre artigiani e commercianti hanno beneficiato di “ristori” complementari tra i 2mila e i 10mila euro al mese, in funzione del numero dei dipendenti.

Laddove peraltro le scuole di ogni ordine e grado hanno chiuso solo sporadicamente, si registra anche un sostanziale ottimismo dei giovani e dei giovanissimi. La percentuale di studenti universitari e liceali che vogliono creare il loro business – secondo un sondaggio Opinion Way realizzato per Moovjee, l’agenzia per la formazione d’imprenditori in erba – è identica a quella che si registra nel resto della popolazione ed è pari al 42%. E anche rispetto agli effetti della crisi non si percepisce alcun divario generazionale: per il 49% dei francesi, indipendentemente dall’età, la pandemia ha generato nella stessa misura sia rischi che opportunità.

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