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Euro 2020, cosa c’è dentro Inghilterra-Italia

Inghilterra-Italia, finale di Euro 2020. Dentro, c’è un po’ di tutto. La nazionale-polaroid del Britain first, che sarà il primo postulato della Premier League nel post Brexit, contro uno dei paesi fondatori del processo politico-economico partito dai Trattati di Roma e che ha condotto al varo dell’Unione Europea. Poi, la nazionale (sempre quella inglese) che quasi mai ha potuto gioire, che ha vinto un mondiale (nel 1966) con il trucco ma che si autoincensa come patria del pallone, contro una delle vere potenze del calcio, sempre sottovalutata nel Regno Unito, con quattro mondiali e un europeo in evidenza del curriculum.

Nel conto vanno inseriti anche il primo ministro inglese Boris Johnson, improvviso e scapigliato innamorato del calcio con addosso la casacca numero 10 dell’Inghilterra in tribuna a Wembley, e Mario Draghi, che è la sua nemesi, politica e ontologica.

Ma Inghilterra e Italia rappresentano lo yin e lo yang anche sulle valutazioni delle rispettive rose. Ci sarebbe un margine enorme tra le finaliste di Euro 2020. Un attimo prima del via della competizione a Roma l’11 giugno con Italia-Turchia, il sito Transfermarkt è andato a pesare il valore complessivo delle partecipanti al torneo. L’Inghilterra è la nazionale più preziosa di Euro 2020, con valutazione complessiva superiore a 1,2 miliardi di euro, davanti ad altri colossi eliminati in anticipo, come Francia (poco oltre un miliardo di euro), poi Germania e Spagna. Come spesso accade, l’Italia dei quattro mondiali (assente ai mondiali russi del 2018) vale sulla carta assai meno, 771 milioni di euro, meno anche della Spagna che gli azzurri hanno respinto ai rigori nei quarti di finale (915 milioni di euro il valore delle furie rosse) e anche del Portogallo di Cristiano Ronaldo (873 milioni di euro), che ha salutato la compagnia agli ottavi di finale.

Secondo il portale statistico, anche nella valutazione dei singoli calciatori ci sarebbe un abisso tra inglesi e italiani. Dopo la punta francese del Psg Kylian Mbappè (180 milioni di euro), nella speciale classifica di Transfermarkt c’è l’attaccante di Sua Maestà Harry Kane (120 milioni di euro) e poi l’ala Jadon Sancho, altro asso nel mazzo del ct inglese Southgate e che è finito dal Borussia Dortmund al Manchester United per 85 milioni di euro. Per trovare traccia di un calciatore dell’Italia, si scorre fino al 28esimo posto con Barella (65 milioni di euro), mentre nella top 40 di Euro 2020 ci sono Bastoni, Donnarumma e Chiesa. Dunque, Italia svalutata, svalutatissima come la lira degli anni Novanta, ma di sicuro le stime saranno riviste verso l’alto, una volta conclusa l’edizione di Euro 2020.

Per il resto, è anche la finale impregnata di real politik. Si gioca a Wembley, biglietti di seconda mano fino a 40 mila dollari su eBay (oltre seimila per le semifinali), tagliandi sold out, boccata d’aria fresca per l’Uefa che ha perduto 300 milioni di euro per il rinvio di un anno del torneo (si prevedono incassi per un miliardo di euro) nonostante il decollo della Variante Delta nel Regno Unito. Johnson non ha ceduto di un millimetro, altro che spostamento della finale a Roma come chiesto da Draghi: doveva essere ed è una competizione filo-britannica, con otto partite su 51 nel tempio del football inglese e quattro a Hampden Park, a Glasgow. E poco ha contato che Draghi, Angela Merkel, il potente (ma forse meno di un tempo) governo tedesco gridassero all’incoscienza: si è rimasti a Londra. E il primo ministro inglese è stato spalleggiato in queste settimane dal sodale Aleksandr Ceferin, il numero uno dell’Uefa (che organizza Euro 2020), segnalato nei corridoi di Downing Street nei giorni scorsi. E’ un asse che vale centinaia di milioni di euro, edificato in pochi minuti ma che ha annullato la Superlega dei 12 club più ricchi d’Europa, pronti per un torneo da cinque miliardi di euro di montepremi a mollare la Champions League e depotenziare i campionati nazionali.

Con la Superlega, la Premier League dell’era Brexit, già avvolta dalle polemiche per i permessi di lavoro da assicurare agli extracomunitari, avrebbe perso appeal e quindi soldi da sponsor e poi le tv. Ma i progetti in comune tra Johnson e l’Uefa potrebbero non essere conclusi. Ci sono in ballo i Mondiali del 2030, che Johnson vorrebbe tra Regno Unito e Irlanda, facendo decantare le tensioni scatenate dalla Brexit in Irlanda del Nord. Servirebbe l’investitura della Fifa, Ceferin e l’Uefa potrebbero essere un asset utile per il primo ministro britannico a centrare l’obiettivo. Dunque, un pallone e più strategie. La ciliegina finale è il successo inglese a Euro 2020, sul campo. Il primo, atteso, trionfo sportivo nel post Brexit su uno dei cardini dell’Ue. Unico ostacolo, speriamo invalicabile, l’Italia di Mancini.

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