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Lavoro, Confcooperative: le imprese non trovano 233mila lavoratori

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Più di 21 miliardi, cioè l’1,2% del Pil: è il conto che il Sistema Italia pagherebbe a causa del mancato incontro tra l’offerta e la domanda di lavoro. Le aziende, insomma, hanno bisogno di personale qualificato, che però non riescono a trovare. A sottolinearlo è il focus Censis Confcooperative ‘Mismatch, il grande gap da sanare. La ripresa c’è, i lavoratori no’.

“Quello che il nostro Paese sta vivendo è un paradosso che non possiamo continuare ad alimentare: l’economia è in ripresa, le aziende vogliono assumere, ma mancano all’appello oltre 233mila profili professionali adeguati alla richiesta. Se le imprese fossero riuscite ad assumere tutto il personale di cui hanno bisogno, la crescita del Pil nel 2021 sarebbe salita dal 5,9% al 7,1%”, dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative.

“Il lavoro non può diventare un vincolo al consolidamento della ripresa, occorre uno scatto in avanti, passando da politiche passive a politiche attive per l’occupazione. Un ”Patto sociale” tra governo, imprese e sindacati. Non vedere le cose da questa prospettiva – aggiunge Gardini – significa non solo rischiare di perdere le opportunità di crescita per i prossimi anni, ma anche di alimentare quella disaffezione al lavoro che si aggira minacciosamente e che può condizionare negativamente gli esiti di tanti impegni orientati alla ripresa con 2,3 milioni di disoccupati, 1 su 3 giovani e 3 milioni di Neet, la metà donne”.

Secondo i dati relativi al 2020 del focus Censis Confcooperative, l’anno scorso in Italia gli occupati erano 22 milioni e 904mila, mentre le persone in cerca di occupazione si attestavano sui 2,3 milioni.

Dal rapporto emergono poi le criticità su donne, giovani e titolo di studio. Le donne erano il 47% dei disoccupati e il 42% degli occupati. Una più ampia presenza di giovani fra i disoccupati (33%) rispetto agli occupati (11%). Ed è apparso evidente che un titolo di studio non garantisse l’occupazione, perché su 2 milioni e 310mila disoccupati, ben 309mila sono in possesso della laurea e di questi 122mila hanno meno di 30 anni.

Questi ultimi dati diventano molto significativi se al profilo degli occupati e dei disoccupati si accosta quello dei Neet con un’età compresa fra i 15 e i 29 anni. Fra i giovani di questa fascia – poco più 9 milioni – la parte che non lavora e che non è impegnata in percorsi di istruzione e formazione, è 1 su 4, ed è pari, infatti, a 2 milioni e 100mila.

Più della metà è costituito da donne (52,7%) e la quota di giovani con un basso titolo di studio è del 36,8%. Anche in questo caso sorprende il numero di chi è in possesso della laurea: 258mila, pari al 12,3% del totale dei Neet.

Una classificazione più estesa dei Neet, che comprende anche la fascia d’età 30-34 anni, porta il totale a 3 milioni e 85mila persone.

In sostanza i 30-34enni che non sono impegnati in attività di formazione o lavoro sono pari a 985mila, di cui 651mila donne e 334mila uomini. Il segmento dei laureati è pari a 154mila. Il ”distacco” dal mondo del lavoro di questi giovani, nonostante l’impegno speso nel conseguire una laurea, secondo il rapporto può essere una spia – al di là di situazioni individuali e sociali, scelte personali e motivazioni delle più diverse – di un mancato raccordo fra i processi di formazione (anche alta formazione) e l’avvio di un percorso lavorativo.

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