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Bundesbank, Weidmann si dimette (ma la linea rigorista rimarrà)

I suoi rapporti con Angela Merkel non sono stati sempre idilliaci, anche se fu proprio la Cancelliera a volere nel maggio 2011 il cinquantatreenne Jens Weidmann alla guida della Bundesbank. Oggi il potente presidente della Banca centrale tedesca annuncia clamorosamente le sue dimissioni con effetto dal 31 dicembre. E lega la sua uscita di scena a quella di Frau Merkel. Una decisone a sorpresa, e “per motivi personali”, che apre la corsa alla successione. In lizza ci sarebbero già due donne: Claudia Buch, attuale vice di Weidmann e Isabel Schnabel, qualora lasciasse il Comitato esecutivo della Bce.

“Sono giunto alla conclusione che più di 10 anni sono un buon periodo di tempo per voltare pagina, per la Bundesbank, ma anche per me personalmente”, spiega il presidente dimissionario in una missiva ai dipendenti. Senza aggiungere altro sui motivi alla base dell’improvvisa decisione, mette però in evidenza che la “riorganizzazione della supervisione bancaria in Europa non solo ha portato a strutture di supervisione completamente nuove alla Bce, ma anche a un ruolo rafforzato della Bundesbank. Nell’area della stabilità finanziaria il nostro ruolo”, scrive, “è stato centrale quando si tratta di un sistema finanziario funzionante”.

Sì, Weidmann è stato l’uomo chiave per il consolidamento della Bundesbank in Germania e nelle scelte di politica monetaria della zona euro. Da molti giudicato un ‘falco’, il presidente viene anche ricordato per i rapporti non facili con Mario Draghi, quando l’attuale premier italiano era a capo della Banca Centrale Europea. Il disaccordo, se non il conflitto, si manifestò soprattutto sul programma di acquisto illimitato di titoli dei Paesi in difficoltà che, dal 2012 in poi, Draghi mise in atto, dando seguito al famoso “whatever it takes”. Nel settembre di quell’anno il tedesco fu tra i pochi a votare contro il varo delle Omt, l’Outright Monetary Transactions voluto dal numero uno di Francoforte.

Contrario a qualsiasi politica di sostegno ai singoli Stati attraverso la politica monetaria, fautore dell’austerity e del rispetto ferreo delle regole, più a vantaggio della Germania che non del resto dell’Europa, oggi Weidmann ringrazia l’attuale presidente della Bce, Christine Lagarde “per l’atmosfera costruttiva e aperta” che ha contraddistinto il lavoro degli ultimi anni. E lascia ai colleghi dell’Eurotower i suoi ‘consigli’. Ancora una volta è la necessità di tenere sotto controllo l’inflazione, e i rischi finanziari collegati al mantenimento dei tassi di interesse vicino allo zero troppo a lungo, la bussola dei suoi orientamenti e del suo agire.

Così avverte gli altri banchieri centrali che siedono nel direttivo della Bce che l’importante in questa fase non è concentrarsi unilateralmente sulle conseguenze della deflazione, ma tenere sotto controllo i rischi potenziali dell’inflazione. Poi rivendica il ruolo della Bundesbank “nel contribuire con fiducia e con la sua competenza analitica e le sue convinzioni fondamentali al processo di revisione della strategia” in tempo di pandemia. “E’ stato concordato un obiettivo di inflazione simmetrico e più chiaro. Gli effetti collaterali, e in particolare i rischi di stabilità finanziaria, sono da prendere in maggiore considerazione. Un obiettivo di ‘overshooting’ mirato del tasso d’inflazione è stato respinto”. Il pallino di Weidmann rimane sempre lo stesso: la politica monetaria deve restare indipendente, separata dal resto. Il suo ammonimento è rivolto proprio alla Bce: “non si lasci catturare sulla scia della politica fiscale e dei mercati finanziari”. Un indirizzo ‘rigorista’ che – c’è da scommetterci – ispirerà anche nel dopo-Weidmann la Banca centrale più forte d’Europa.

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