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Ue: l’economia cresce ma occhio ai fattori di rischio

paolo gentiloni pil ue

L’economia europea mantiene una buona velocità di crociera e, in ogni modo, si sta “riprendendo dalla recessione causata dalla pandemia più velocemente delle attese” e “nonostante i crescenti venti contrari”. Le previsioni economiche di autunno della Commissione europea, illustrate oggi dal commissario Paolo Gentiloni, danno il Prodotto interno lordo – sia dei 27 che dei 19 Paesi della zona euro – in crescita al 5% nel 2021 e al 4,5% nel 2022. Permangono, tuttavia, i fattori di rischio. Quelli legati alla evoluzione dei contagi, alle difficoltà delle catene di approvvigionamento su scala globale e all’aumento dell’inflazione. Proprio sulla crescita dei prezzi, che viene attribuita principalmente al caro energia, i dati segnalano nell’eurozona un 2,4% nel 2021 e un 2,2 nel 2022. Nel 2023 si prevede una netta discesa del tasso fino all’1,4%. Più alti i livelli dell’Unione Europea: l’inflazione si attesta nel 2021, 2022 e 2023 rispettivamente al 2,6%, 2,5% e 1,6%.

Ma rispetto a quello che sta accadendo negli Stati Uniti, dove i livelli inflazionistici sono ai massimi da trent’anni a questa parte – il Consumer price index rileva un 6,2% – in Europa i rincari sono circoscritti a determinati settori: energia, veicoli e pochi altri. Fermo restando che permangono strozzature nel supply chain, ovvero nel sistema di rifornimento di beni e servizi, che stanno determinando in alcuni rami dell’economia, più che in altri, un’alterazione del ciclo domanda-offerta. Quanto il fenomeno inflattivo sia sotto la lente di ingrandimento della politica economica, ma anche di quella monetaria, è dimostrato dalle continue rassicurazioni che le maggiori Banche centrali di riferimento forniscono in merito.

Prima la Bce, poi la Federal Reserve continuano a considerare ‘transitorio’ il rialzo. Anche oggi da Francoforte arrivano conferme in questa direzione. Nonostante il Board dell’Eurotower ammetta nel consueto bollettino economico che “l’attuale fase di aumento dell’inflazione durerà più a lungo di quanto inizialmente atteso, si prevede che nel corso del prossimo anno l’inflazione si riduca”. E il Consiglio direttivo “è pronto ad adeguare tutti i suoi strumenti, ove opportuno, perché l’inflazione si stabilizzi sull’obiettivo fissato dalla Bce del 2% nel medio termine”.

Tanto è bastato alle Borse europee per girare oggi in rialzo e continuare a resistere all’onda d’urto arrivata da Washington sui dati dell’inflazione Usa. Un segnale, però, quello di Francoforte non del tutto assodato come sembra. Oggi Robert Holzmann, membro del Consiglio direttivo e governatore della Banca centrale austriaca torna alla carica e dichiara che la Bce, se l’inflazione sarà tornata in maniera sostenibile all’obiettivo ufficiale del 2%, potrebbe smettere di acquistare titoli nell’ambito del programma Pepp (straordinario), e persino di quello App (ordinario). Dice Holzmann, considerato tra i ‘falchi’ dell’Istituto guidato da Christine Lagarde: “in funzione degli sviluppi inflazionistici, la condizione” per continuare a comprare titoli pubblici e privati e immettere nel sistema ulteriore moneta a debito “potrebbe venir meno e il programma terminare a settembre o alla fine dell’anno”. Non concordano analisti ed economisti che si attendono che l’Expanded Asset Purchase Programme (App), voluto nell’ambito delle politiche di accomodamento dei tassi di riferimento con acquisti netti mensili al ritmo di 20 miliardi di euro, non termini prima della fine del 2023.

Ma tornando alle previsioni economiche della Commissione, particolare attenzione Bruxelles la riserva ai livelli occupazionali. “Con l’attività economica che è in crescita, l’occupazione dovrebbe aumentare al di sopra dei livelli pre-pandemia e il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 6,5% nel 2023”, comunica Gentiloni. Notizie positive arriverebbero anche dall’impatto che il Recovery Fund avrebbe sui Paesi coinvolti. “A medio termine, i modelli di simulazione mostrano che il Next Generation Eu potrebbe aumentare il Pil dell’Ue fino all’1,5% durante i suoi anni di attività”. Previsioni che riguardano “solo gli investimenti e non includono l’impatto positivo delle riforme strutturali, che” a loro volta” possono aumentare la crescita nel lungo periodo”.

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