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Le nuove regole Ue per 5,5 mln di rider e lavoratori digitali

rider food delivery

Se svolgono lavoro subordinato, “i lavoratori delle piattaforme digitali devono avere lo stesso livello di tutele” che hanno gli altri lavoratori, dice il vicepresidente esecutivo della Commissione Europea Valdis Dombrovskis. Per questo la Commissione europea ha presentato a Bruxelles il pacchetto di proposte per i lavoratori delle app, il cui cuore è una direttiva sugli addetti delle piattaforme, come i cosiddetti rider, i fattorini che consegnano il cibo a domicilio.

Le piattaforme, aggiunge Dombrovskis, hanno un “grande potenziale di innovazione” e consentono ai consumatori di accedere ad una “nuova e più variata scelta di servizi”, ma le persone che forniscono questi servizi hanno spesso “scarso accesso alle protezioni sociali”. La direttiva proposta dalla Commissione mira a porre rimedio a questa situazione.

La direttiva della Commissione Europea ora dovrà passare al vaglio dei colegislatori Ue, Parlamento e Consiglio. Una volta adottata, gli Stati membri avranno due anni per recepirla nei rispettivi ordinamenti. La direttiva si applica alle piattaforme digitali che organizzano il lavoro degli individui: sono escluse quelle che forniscono un servizio il cui scopo principale è sfruttare o condividere beni immobili, come AirBnb.

Di fatto, stima la Commissione, oggi nell’Ue ci sono 5,5 mln di lavoratori delle piattaforme (su 28 mln in totale) che sono dipendenti, ma non vengono riconosciuti come tali, il che si traduce, tra l’altro, nel mancato versamento di contributi per un importo compreso tra 1,6 e 4 mld di euro l’anno.

I criteri per il lavoro subordinato

Le piattaforme devono rientrare in determinati criteri (almeno 2 su 5), perché un rider o un operatore della cosiddetta ‘gig economy’ sia considerato lavoratore dipendente. I criteri sono:

  • la determinazione del livello di remunerazione o delle soglie massime per i compensi;
  • la supervisione dello svolgimento del lavoro con mezzi elettronici;
  • restrizioni della libertà di scelta dell’orario di lavoro o i periodi di assenza, di accettare o rifiutare incarichi o di utilizzare sostituti o subfornitori;
  • regole vincolanti specifiche che riguardino l’apparenza, la condotta nei confronti dell’utilizzatore del servizio o la prestazione lavorativa;
  • restrizioni sulla possibilità di costruirsi una base di clienti o di lavorare per altri.

I lavoratori delle piattaforme digitali, come i rider che consegnano il cibo a domicilio, saranno considerati dipendenti, e non più autonomi, a patto che la app per cui prestano servizio sia caratterizzata da almeno due criteri su cinque.

Si tratta di persone che lavorano in via subordinata, ma che non godono, come dovrebbero, dei relativi diritti. Per farli emergere, la direttiva si concentra non sui lavoratori, ma sulle piattaforme: se risponderanno ad almeno due criteri su cinque, saranno considerate di fatto dei datori di lavoro, fino a prova contraria.

In pratica, le autorità nazionali considereranno le piattaforme che soddisfano almeno due di questi cinque criteri come datori di lavoro, sicché queste dovranno adempiere ai loro obblighi nei confronti dei lavoratori in base al diritto nazionale.

Dovranno ad esempio erogare un salario che rispetti il minimo legale, dove esiste, dovranno rispettare gli orari di lavoro, il diritto alle ferie e ai congedi parentali. Le piattaforme potranno comunque contestare questa presunzione, ma l’onere di provare di non essere dei datori di lavoro sarà a loro carico.

“Non è la fine della flessibilità”

La direttiva proposta oggi dalla Commissione Europea sui lavoratori delle piattaforme digitali “non significa la fine della flessibilità. Si può avere lo status di lavoratore dipendente e avere anche flessibilità”, come “vediamo che succede in altri settori, come il commercio al dettaglio e il turismo”, che per la natura dei servizi che erogano necessitano di un certo grado di flessibilità del lavoro. Lo sottolinea il commissario europeo al Lavoro Nicolas Schmit, in conferenza stampa a Bruxelles. Ma almeno, se la direttiva verrà approvata, i lavoratori delle app, tra le altre cose, avranno una “protezione in caso di incidente. Abbiamo visto molti di casi di incidenti”, capitati anche a persone “giovani, senza tutele”, conclude.

Alcune “piattaforme importanti hanno espresso sostegno alla proposta” di direttiva “che abbiamo fatto” per regolare il lavoro delle persone che operano per loro, come i rider che consegnano il cibo a domicilio, dice Schmit. Tra le piattaforme digitali favorevoli alla direttiva non figura la californiana Uber: “La risposta è molto semplice – replica Schmit – non ricordo che Uber abbia espresso un sostegno diretto” alla direttiva proposta oggi dalla Commissione.

“Il pacchetto di misure approvato dalla Commissione Ue per una Direttiva che migliori le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori delle piattaforme digitali rappresenta un passo molto importante”, secondo il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando. “Si tratta di una priorità che il nostro Governo è impegnato a promuovere a livello nazionale e in sede europea e sulla quale continueremo a impegnarci sostenendone una visione ambiziosa che garantisca tutele a tutti per il presente e il futuro”.

“La proposta accoglie – spiega il Ministro – e dà supporto a due nostre richieste. Chiarire lo status dei lavoratori delle piattaforme, orientandosi a favore del riconoscimento di un rapporto dipendente, e dare centralità al tema dell’utilizzo di algoritmi e sistemi di intelligenza artificiale. Questi ultimi svolgono un ruolo cruciale nel definire, valutare e monitorare l’esecuzione delle prestazioni dei lavoratori su piattaforme e dobbiamo essere preparati ad adeguare l’apparato normativo e di tutele nella stessa direzione”.

“Bisogna promuovere diritti digitali collettivi adottando misure di garanzia e trasparenza per l’utilizzo di dati e di algoritmi per riequilibrare le asimmetrie del mercato del lavoro digitale. Per questo, sul fronte della regolazione algoritmica e il corretto utilizzo dei dati dei lavoratori, in Italia ci stiamo impegnando – sottolinea Orlando – a definire una proposta di legge per la trasparenza e la prevedibilità delle condizioni di lavoro. Ma soprattutto, stiamo avviando un percorso per capire come si può creare valore per tutta la società da questi dati. Il lavoro su piattaforme digitali è un’opportunità e può essere sostenibile solo se offre posti di lavoro di qualità e se rispetta i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Oggi in Europa si è aggiunto un tassello in questa direzione”.

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