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La Fed ha cambiato rotta, ora la Bce

La Federal Reserve abbandona ufficialmente il termine ‘transitorio’ in relazione all’inflazione e accelera sulla riduzione degli stimoli monetari. Gli acquisti di asset scendono di 30 miliardi di dollari al mese, 20 miliardi per i titoli di Stato e 10 per quelli garantiti dai mutui ipotecari. Il programma straordinario varato per la pandemia, e che ha previsto 120 miliardi di acquisti mensili, a tale ritmo è destinato a ridursi entro marzo 2022, alcuni mesi prima del previsto. I tassi di interesse per il momento restano fermi allo 0-0,25%, livello a cui erano stati portati per contrastare la crisi economica, ma con un progressivo aumento nel 2022 fino ad attestarsi con tre diversi rialzi intorno allo 0,9%. L’obiettivo resta una normalizzazione nel prossimo triennio. “Con un’inflazione che ha superato il target del 2%” il Federal Open Market Committee, principale strumento di politica monetaria della Fed, si aspetta “che sarà appropriato mantenere il range” dei tassi ufficiali “fino a quando le condizioni di mercato del lavoro non avranno raggiunto livelli coerenti con la sua valutazione di massima occupazione”.

Dunque, la Banca centrale Usa – come nelle previsioni annuncia – il cambio di rotta sulle politiche monetarie espansive, alla luce di un balzo dell’inflazione al 6,8% su base annua.  A due anni dalla crisi provocata dal coronavirus due le circostanze evidenziate. La prima: il percorso della ripresa dipenderà dalla diffusione del Covid ma le varianti rendono il quadro ancora molto incerto. “La variante Omicron pone dei rischi all’outlook” afferma il presidente della Fed, Jerome Powell. Seconda: l’inflazione non è più “temporanea”, “i rincari si sono allargati a un ampio spettro di beni e servizi”. Nello scenario complessivo dell’economia statunitense permangono incognite. A preoccupare sono anche gli “squilibri tra domanda e offerta causati dalla pandemia” che senza dubbio “hanno contribuito alla diminuzione del potere d’acquisto della moneta”. “Siamo impegnati verso il nostro obiettivo della stabilità dei prezzi”, assicura il presidente al suo secondo mandato, precisando che l’economia dovrebbe raggiungere la massima occupazione nel 2022. I banchieri centrali di Washington stimano per il Pil americano una crescita del 5,5% quest’anno con tasso di disoccupazione al 4,3% e inflazione al 5,3%, ma c’è fiducia che “i prezzi caleranno il prossimo anno”. Intanto il ripensamento delle strategie della Fed è stato accolto positivamente da Wall Street.

Oggi tocca alla Banca centrale europea annunciare le sue decisioni su tassi e acquisti di titoli pubblici e privati. C’è attesa per le dichiarazioni che farà la presidente Christine Lagarde. Anche nell’Eurozona l’inflazione morde, attestandosi complessivamente al 4,9%. Ma le previsioni dell’Eurotower dovrebbero essere più ottimistiche. Il caro prezzi è stimato in rallentamento e sotto l’obiettivo del 2% a partire dal 2023 e nel 2024. La stima giustificherebbe la scelta di non ricorrere, per ora, ad un rialzo dei tassi di interesse lasciando il costo del denaro invariato. Sull’acquisto degli asset dovrebbe essere confermata la conclusione del programma straordinario Pepp entro marzo prossimo, ma mettendo mano ad altri acquisti mensili attraverso piani ordinari di immissione di moneta sul mercato. Un atteggiamento di maggiore cautela quello di Francoforte che potrebbe però comportare un ritardo nel controllo dell’inflazione, con il rischio di favorirne l’aumento. Ma evidentemente è prioritario il sostegno alla ripresa e procedere subito nella direzione di una riduzione delle politiche accomodanti potrebbe danneggiarla.

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