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Patto di Stabilità, se Berlino si fida di regole più soft

Qualcosa sta cambiando nella Germania dell’era Covid e più rapidamente di quanto solo pochi giorni fa si potesse immaginare. E’ in corso una ridefinizione di vecchi equilibri economici che, a partire da una modifica di alcune regole del Patto di Stabilità e Crescita, potrebbe consegnarci un nuovo volto di Berlino. Ieri due fatti hanno dato prova di una probabile accelerazione in questa direzione. L’esito del bilaterale tra Olaf Scholz e Mario Draghi che si è svolto a Roma, e la nomina alla guida del tempio sacro della Bundesbank di Joachim Nagel, che prenderà il posto dal 1 gennaio del falco Jens Weidmann.

Andiamo con ordine.  Il neo cancelliere tedesco della coalizione tricolore – Spd, verdi e liberali – dopo Parigi e Bruxelles, è in Italia che ha voluto far tappa a conclusione di un primo giro di visite ufficiali nelle capitali europee. L’ex ministro tedesco delle Finanze del IV governo Merkel non è ostile a una cultura della resilienza economica che permetta di tutelarsi meglio in futuro di fronte a choc e imprevisti. Né è un nemico ortodosso del ricorso al debito. A differenza del suo predecessore, Wolfgang Schauble, noto come rigorista dei conti pubblici e assolutamente ostile agli eurobond come veicolo di mutualizzazione del debito degli Stati Europei. Scholz non la pensa così. E quando l’Ue ha varato il fondo straordinario per la ripresa da 750 miliardi né è stato –  ad un certo punto – persino sostenitore sposando la posizione dei Paesi del Mediterraneo- Italia, Francia e Spagna – e abbandonando il fronte dei ‘frugali’ del Nord.

Il cancelliere, che adesso guida i primi passi della Germania post-Merkel, a Roma ha mostrato una certa apertura verso il cambiamento del Patto di Stabilità anche se siamo ancora nel campo delle parole. Per passare ai fatti ci vorrà del tempo. Ma il neo-capo del governo sembra assolutamente consapevole dei rischi che un eccessivo dogmatismo economico porta con sé, specie in una fase come questa in cui le regole del vecchio modello sono saltate un po’ ovunque. Inoltre Berlino vive un momento di grande difficoltà e incertezza. Il Paese paga il caro energia e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. La locomotiva d’Europa tanto veloce non va più e c’è da fare i conti con l’inflazione, le previsioni del Pil al ribasso e la pandemia che non dà tregua. Il Paese che storicamente ha avuto un ruolo centrale nelle politiche di austerity, figlie di una certa ortodossia ordoliberale, quasi atavica nei meandri dei palazzi dell’economia e della politica tedeschi, potrebbe riservare sorprese. Anche per le scelte che verranno operate nella roccaforte dell’unione monetaria, la Bce, nel cui Direttivo siederà il governatore fresco di nomina della Banca centrale tedesca.

Alla guida della Buba, Scholz ha chiamato un socialdemocratico come lui e un uomo che ne conosce bene la struttura, vi ha lavorato per 17 anni. Nagel, cinquantacinquenne, tra i falchi viene considerato la più colomba. Non che la sua impostazione non sia neoliberista ma le politiche monetarie accomodanti potrebbero non essere avversate come da Weidmann. E’ probabile che vedremo una nuova flessibilità avanzare sulla strada delle istituzioni tedesche siano esse politiche o monetarie, seppure con il freno prevedibile dell’ala liberale e più conservatrice. Il nuovo ministro delle Finanze, ricordiamolo, è Christian Lindner del Partito liberale democratico.  Ma c’è un altro motivo che va sottolineato. La cooperazione bilaterale tra Francia e Italia con il Trattato del Quirinale sottoscritto il 26 novembre a Roma si è notevolmente rafforzata. Le relazioni tra i due Paesi non sono mai state così solide. E Berlino non ha intenzione di restare a guardare: se ci sarà una riscrittura delle regole del PSC la Germania vuole essere ancora protagonista per “mantenere la crescita creata dai fondi di rilancio europei” e allo stesso tempo “lavorare alla solidità delle finanze pubbliche. Due obiettivi che sono due facce dello stesso sforzo”. Nella politica interna i segnali di un cambio di passo già ci sono con una maggiore presenza dello Stato nell’economia, che significa più attenzione all’aspetto sociale. Lo sguardo, insomma, è rivolto a uncambiamento. E se la Germania si facesse colomba?

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