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Ecco perché l’affaire Djokovic può danneggiare soprattutto le sue casse

Un cortocircuito giudiziario e mediatico che potrebbe costare caro. Almeno una fetta dei quasi 100 milioni di dollari annui che arrivano dalle sponsorizzazioni, oltre che dai compensi dall’attività agonistica. In attesa di sapere se il governo australiano consentirà a Novak Djokovic di partecipare all’Australian Open – una corte federale oggi ha riconsegnato il visto al tennista serbo – la sua reputazione è a rischio. Sul fuoriclasse serbo, 20 prove del Grand Slam come Roger Federer e Rafa Nadal, si è già tracciata una riga tra colpevolisti e innocentisti, ma dal punto di vista commerciale è decisamente un pericolo per le sue casse.

D’altronde, basta riavvolgere il nastro, i personaggi divisivi dello sport spesso sono stati abbandonati dai marchi che li avevano resi ancora più ricchi: è accaduto a Michael Phelps con Nike, a Neymar, sempre con Nike, oppure Wayne Rooney con Coca Cola, dopo lo scandalo del tradimento alla moglie finito sui tabloid britannici. Le prime stime sulle ripercussioni finanziarie sul caso del visto irregolare di Djokovic arrivano dalla rivista People and Money e non ci sono buone notizie per il serbo, che potrebbe perdere circa 50 milioni per le baruffe con il governo australiano.

Un’ipotesi iniziale, perché ancora non si registrano le reazioni ufficiali dei marchi che si sono uniti negli anni a Djokovic. Anzi, la strategia scelta a tavolino è quella del silenzio. Ma di sicuro ci sarà, in un senso o nell’altro, prima o poi, la controffensiva di main sponsor come Lacoste – accordo siglato nel 2017, rinnovato fino al 2025 per un totale di dieci milioni di euro – poi Asics, Head, Peugeot, Hublot, UKG, Raiffeisen, Unicef, che proveranno a tutelare i loro interessi. Ma come reagiranno alla posizione ostinatamente novax del campione serbo e anche alle scellerate considerazioni del suo inner circle, in particolare del padre che l’ha paragonato prima a Spartaco, poi a Gesù?

 I CONTI DI DJOKOVIC

Certo, non c’è pericolo di bancarotta. Djokovic nel 2021 ha incassato cinque milioni di euro solo dalle quattro prove principali del circuito – Australian Open, Roland Garros, Wimbledon, US Open – nonostante la riduzione cospicua dei montepremi dei tornei dovuta alla pandemia, tra spalti vuoti e sponsor in fuga. E il totale in carriera, di soli premi, sfora quota 150 milioni di dollari. Ma il rischio fuga dei grandi marchi esiste e non solo perché il serbo è inciampato su un tema che produce vittime, dolore e ansia come la pandemia: anche l’età, quasi 35 anni, non gioca a suo favore, i colossi del settore sportivo per esempio potrebbero indirizzare l’investimento su nuovi personaggi, seppur meno vincenti del numero uno al mondo.

C’è da ricordare che un primo colpo alla sua immagine è arrivato nell’aprile 2020 con l’organizzazione dello stesso Djokovic dell’Adria Tour, un torneo in Croazia senza alcuna restrizione tra pubblico e atleti senza mascherina, mentre il circuito tennistico era fermo per la pandemia. Un primo aiuto però è già arrivato, gli organizzatori del Roland Garros, seconda prova del Grand Slam, hanno confermato l’invito al serbo, che sarà in campo a Parigi anche se non vaccinato.

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