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Europa, la disoccupazione cala. Ma l’Italia non è fuori pericolo: ecco perché

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Un moderato sospiro di sollievo. L’ufficio di Statistica europeo annuncia che la disoccupazione nella zona euro ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 24 anni. Dunque, il rimbalzo economico sta dando una spinta al lavoro determinando il calo della disoccupazione, non solo dal periodo pre-crisi. Il calo riguarda anche l’Italia, ma l’economia del nostro Paese ha ancora diversi rischi da affrontare. Secondo Confindustria, c’è il pericolo che il Pil subisca uno stop già nel 1° trimestre dell’anno.

L’inversione radicale di tendenza si registra dall’anno in cui sono iniziate le rilevazioni delle serie storiche di Eurostat. I dati dicono questo: a dicembre 2021 la disoccupazione è scesa al 7% nella zona euro e al 6,4% in Ue. Un anno prima, nel dicembre 2020, era rispettivamente all’8,2% e al 7,5. Segnali positivi arrivano anche dal settore manifatturiero nei 19 Paesi di Eurolandia con produzione, nuovi ordini e occupazione che hanno riportato aumenti più veloci. L’indice Ihs Markit Pmi è cresciuto a gennaio a 58.7, da 58.0 di dicembre, sino a raggiungere il livello massimo da agosto.

Le rilevazioni si proiettano però in un quadro generale estremamente frastagliato e ancora incerto. In Europa le stime sul Pil consegnano una situazione che ha risentito delle incertezze degli ultimi mesi, legate alla pandemia ma anche alle strozzature delle catene di approvvigionamento come al caro energia.

Preoccupa, ad esempio, il rallentamento dell’economia tedesca. Il prodotto interno lordo della Germania è calato nell’ultimo trimestre dello 0,7%. Più di qualcuno parla di pericolo di recessione in quella che è una delle principali economie del mondo, con conseguenze che potrebbero riverberarsi nel resto d’Europa. Anche su quei sistemi nazionali che adesso sono più in buona salute (almeno sulla carta) di altri.

La disoccupazione cala anche in Italia, ma il Pil è a rischio

L’Italia, come ha confermato l’Istat, è cresciuta del 6,5% nel 2021. Un dato così “non si registrava dal 1976, circa 45 anni fa”, hanno confermato dall’Istituto. Si parla di stime da boom economico. Il Paese cresce e lo fa oltre le attese.

Eurostat afferma che la disoccupazione anche da noi è scesa a dicembre. Ma ci attestiamo ad un 9%, confermandoci il Paese con il tasso più alto in Unione Europea dopo Grecia e Spagna. Questo significa che persistono delle falle nella nostra economia e i rischi per il futuro potrebbero essere diversi. L’Italia, come altri d’altronde, sta beneficiando della grande iniezione di liquidità che arriva dalla Banca Centrale Europea. E che rappresenta un gancio fondamentale per non fermare gli investimenti pubblici e gli aiuti e i sostegni alle categorie più in difficoltà, continuando a fare debito. Inoltre, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrà presto entrare nel vivo. Questo vuol dire ulteriore denaro da investire e spendere in progetti legati allo sviluppo, a partire da transizione verde e digitale.

Ma bilancio nazionale e Pnrr seguono strade diverse. Sul primo incide la sospensione del Patto di Stabilità che impone un determinato rapporto tra Pil e debito e tra Pil e deficit. Il blocco delle regole, seppure temporaneo, ha rappresentato una grande boccata di ossigeno per i conti pubblici italiani. Non è un caso che uno dei grandi temi al centro della discussione partita in Ue sulla necessità di riformare la politica di bilancio riguardi proprio la possibilità di continuare a fare investimenti pubblici. Persino la Germania, da sempre rigorista su questo punto, è consapevole che si tratta di un tassello essenziale. Berlino ne ha bisogno almeno quanto Roma, se non di più, e frenarli adesso o per i prossimi anni significherebbe fermare la ripresa. Con tutto ciò che ne consegue specie per i Paesi ad alto debito.

La spesa pubblica resta il tallone di Achille dell’economia italiana. Per questo il premier, Mario Draghi, e il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non sembrano propensi al varo immediato di uno scostamento di bilancio. Si lavora ancora sul filo del rasoio nonostante le stime molto al rialzo del Pil. Bruxelles ci osserva e non solo su come spenderemo i fondi, in parte prestiti e in parte finanziamenti a fondo perduto, che ci destina il Recovery Plan.

L’Italia dovrà rendere strutturale la crescita per considerarsi almeno fuori pericolo. Senza dimenticare che l’inflazione – che da noi registra comunque livelli più bassi (3,9%) rispetto al 5% della media europea – non va sottovalutata. L’aumento generalizzato dei prezzi è quello che più immediatamente si ripercuote su famiglie e imprese. In più, la scarsità di materie prime e l’aumento record del costo di quelle che sul mercato ci arrivano impongono di essere cauti rispetto a facili entusiasmi. Anche gli industriali parlano di risalita a forte rischio per il Pil italiano. Secondo Confindustria a inizio 2022 si sarebbero fatte più fitte le nubi, addensatesi già a fine 2021. “Con gli attuali prezzi abnormi dell’energia, i margini erosi, la scarsità di commodity e l’aumento dei contagi, il rischio è che il Pil subisca uno stop nel 1° trimestre. Almeno -0,8% l’impatto del caro-energia nel 2022”.

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