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Il futuro dell’AI e la sfida italiana

“L’intelligenza artificiale, in Italia deve diventare strategica per i settori produttivi, per la socialità e la sostenibilità. Che sia anche un’occasione per ripensare e ridisegnare l’organizzazione dello Stato, e degli Stati, per affrontare congiuntamente questa sfida GovTech. L’Italia deve diventare leader dell’AI”. Queste parole di Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica, pronunciate alla Camera in occasione dell’incontro ‘Il Futuro dell’IA, sottolineano – se ce ne fosse bisogno – la centralità del tema e di come sia importante cercare la via italiana all’intelligenza artificiale.

Per questo Fortune Italia, insieme all’Intergruppo parlamentare Intelligenza artificiale ha dato avvio a una serie di eventi che siano occasione di confronto, dibattito, analisi. La giornata di lavori è stata coordinata da Alessandro Fusacchia, coordinatore dell’Intergruppo e da Emanuele Bevilacqua, direttore di Fortune Italia. Nell’Aula dei gruppi della Camera dei deputati, si sono riuniti rappresentanti del mondo istituzionale e imprenditoriale, per un confronto aperto che è partito dall’analisi del Programma strategico intelligenza artificiale 2022 – 2024, varato dal governo italiano lo scorso novembre, atto a definire i pilastri delle strategie di sviluppo dell’AI: Costruzione di competenze e sostegno pubblico alla ricerca.

 

Il Parlamento europeo sta lavorando a un regolamento che dovrebbe essere approvato entro la fine del 2022. Non si tratterà di direttive, ma di strategie immediatamente applicabili, al fine di tracciare un modello di sviluppo europeo del digitale, competitivo a livello mondiale. L’identità giuridica, umana, culturale, sono i principi che guideranno la sovranità digitale europea, sulla base di un modello di AI antropocentrico, che si distingua da quelli ‘machine centric’ sviluppati in altre parti del mondo. Sarà importante definire i requisiti che dovrà avere un prodotto AI per entrare nel mercato europeo, e come consentire alle norme trasversali, a cui si sta lavorando, di evidenziare maggiormente le “trame vietate”, come sorveglianza biometrica nei luoghi pubblici e social scoring. Non è poi una questione solo legata alle norme, ma anche ai fondi, e il Pnrr deve essere utilizzato al massimo per spingere in questa direzione.

A oggi esistono dei regolamenti “locali” delle singole nazioni, si cui si andrà a innestare la norma europea. Per fare un esempio pratico di interazione fra le norme: In Italia è previsto che le imprese che sviluppano tecnologia AI abbiano l’obbligo legale dell’autocertificazione. La volontà europea è quella di sostituire l’autocertificazione con una pre-verifica, che inciderebbe sui tempi di attuazione, ma faciliterebbe le Pmi utilizzatrici, definendo una precisa “catena delle responsabilità”, creando dei distinguo fra la grande impresa che realizza la tecnologia e la piccola impresa che la utilizza. Sarà necessario disegnare un sistema chiaro, che consenta alle imprese di sviluppare l’AI in un clima di fiducia e co-responsabilità.

L’Eurostat attesta la crescita del mercato AI in Italia, più 27% del 2022 sul 2021, ma il dato si fa meno positivo se analizziamo la penetrazione dell’AI nelle medie e piccole imprese. Emerge quindi l’esigenza di una riqualificazione della forza lavoro, perché la trasformazione digitale non passa attraverso l’acquisto di beni e servizi, ma dall’analisi del fabbisogno tecnologico reale e che spesso le Pmi non sono in grado di effettuare.

Gli investimenti in ricerca e sviluppo fanno da sempre la differenza nel campo dell’innovazione e al momento i paesi protagonisti della ricerca nel settore dell’AI sono Usa e Cina. Il problema è però che questi non hanno fra le priorità la valutazione dell’impatto sociale dell’AI sui diritti degli individui e delle comunità. Per dirla in altri termini, se la Cina sarà la prima a varare una regolamentazione su algoritmi e AI, all’Europa va il primato di essere la prima potenza mondiale ad aver dato una lettura etica del fenomeno, e di aver puntato l’attenzione sui diritti tecnologici dei singoli cittadini.

Per l’Europa, investire sulle competenze deve diventare un elemento distintivo. Il 60% dei bambini di oggi farà un lavoro che non esiste, e questo aggiunge complessità al settore. L’imprevedibilità degli sviluppi connessi dall’imporsi dell’AI è anche da leggersi nella storia di questa tecnologia, che molti pensano sia “argomento di cronaca”, ma che di fatto nacque nel 1956. In un convegno in America furono presentati programmi già capaci di effettuare ragionamenti logici e soluzioni di problemi matematici. Si parlò allora di Sistema Intelligente. Seguirono anni di grande fermento intellettuale e sperimentale, l’IBM fu fra le aziende che puntarono maggiormente sui nuovi software in grado di pensare e agire come esseri umani, pur se solo in determinati settori. Nella seconda metà degli anni ‘60 si capì che l’esigenza diffusa era quella di realizzare macchine e programmi che andassero oltre la semplice soluzione di teoremi matematici complessi, e che cominciassero a ricercare soluzioni a problematiche più vicine alla realtà dell’uomo. È qui che iniziò a farsi strada lo studio di percorsi semantici per le macchine, di linguaggi che permettessero di programmare le diverse possibilità previste da un ragionamento. Le macchine dell’epoca non erano in grado di dare risposte a questi temi, ne derivò una drastica riduzione di risultati, e di finanziamenti. La rinascita dell’Intelligenza Artificiale si attestò poi con l’avvento dei “sistemi esperti”, che erano in grado di trovare soluzioni specifiche per determinati scenari. Negli anni ‘80 l’AI cominciò a essere utilizzata per scopi commerciali, e la ricerca cominciò ad interessare anche Giappone ed Europa. Si impose un algoritmo che permetteva l’apprendimento per reti neuronali, con sperimentazioni su capi informatici e psicologici. Il così detto “machine learning” portò alla prima vittoria della macchina sull’uomo. Nel confronto fra Deep Blue, computer realizzato da IBM, e Gary Kasparov, campione mondiale di scacchi in carica, dopo diverse partite in cui la macchina, pur perdendo, continuava il suo processo di apprendimento, si giunse alla vittoria di Deep Blue che, come confermò lo stesso Kasparov, fu determinata dal fatto che la macchina avesse raggiunto un livello di creatività che superava le conoscenze del campione.

L’evoluzione del settore consente oggi di poter contare su macchine progettate per l’AI che nella soluzione dei problemi applicano l’utilizzo di reti neurali e algoritmi in grado di riprodurre ragionamenti. L’Intelligenza Artificiale sarà la chiave di accesso al mondo virtuale che, attraverso il concetto di Metaverso, sta prendendo piede per favorire una visione immersiva del web.

Il prossimo appuntamento per continuare il dibattito e il confronto sulla via italiana all’Intelligenza Artificiale è in programma il 18 marzo a Venezia, dal titolo “AI e Formazione”.

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