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La Russia finirà i soldi? Non abbastanza in fretta per salvare l’Ucraina

Quando la Russia esaurirà il denaro contante per finanziare la sua guerra in Ucraina? Questa è la domanda da 300 miliardi di dollari che molte persone si pongono dopo che Stati Uniti, Unione europea e altre nazioni alleate hanno deciso dure sanzioni economiche nei confronti del Paese come risposta all’invasione.

Le sanzioni stanno già devastando economicamente il Paese. Il rublo ha subito un duro colpo, perdendo il 50% del suo valore lunedì dopo l’annuncio delle misure. La valuta ha continuato a crollare negli ultimi giorni. Prima dell’inizio della crisi, la Banca centrale ha sostenuto che le riserve erano sufficienti per coprire 20 mesi di importazioni. È probabile che la stima reale sia di 10 mesi.

Ma probabilmente la Russia può ancora sfruttare circa 300 miliardi di dollari in valuta estera e riserve auree nonostante gli Stati Uniti e altri governi gli abbiano impedito di accedere a quelle detenute sul loro territoro. Questo ‘bottino’ include circa 132 miliardi di dollari conservati nei caveau della Banca di Russia, nonché valuta estera detenuta a livello nazionale o anche all’estero in Paesi come la Cina, che non hanno accettato di imporre sanzioni.

La Russia ha speso circa 62 miliardi di dollari in totale per le sue forze armate nel 2021 e l’invasione dell’Ucraina potrebbe far salire questa cifra. Una stima del Center for economic recovery con sede in Ucraina, un think tank vicino al governo, ha stimato che i primi cinque giorni di guerra potrebbero essere costati alla Russia fino a 7 miliardi di dollari in costi militari diretti. Tuttavia, la maggior parte dell’equipaggiamento militare russo viene prodotto internamente utilizzando materie prime nazionali, quindi Putin potrebbe riuscire a cavarsela coprendo quei costi inflazionando il rublo.

La Russia potrebbe essere seriamente danneggiata dalle sanzioni, ma non finirà i contanti abbastanza velocemente per salvare l’Ucraina, dichiara a Fortune Kenneth Rogoff, professore di Economia all’Università di Harvard ed ex funzionario del Fondo monetario internazionale e della Federal reserve statunitense. “Non sembra molto realistico sperarci”, osserva. Ma aggiunge anche che ciò non significa che le sanzioni non avranno un effetto politico. “E’ molto probabile che portino a uno stato di sofferenza difficile da gestire per Putin, anche se ha il potere assoluto”.

Le mosse della Russia per fermare la caduta libera finanziaria

L’economia russa potrebbe subire gravi danni, ma Mosca ha ancora strumenti a disposizione per evitare che le sue riserve di valuta si esauriscano completamente.

All’inizio di questa settimana ha ordinato ai principali esportatori di materie prime e alle società energetiche di vendere l’80% delle proprie partecipazioni in valuta estera, nella speranza che ciò possa aiutare a sostenere il rublo senza che la Banca centrale debba utilizzare le proprie riserve. Ha anche impedito agli investitori stranieri di vendere titoli e portare denaro fuori dal Paese, il che dovrebbe anche ridurre il tasso di consumo di tali riserve.

Il Paese ha temporaneamente smesso di pagare gli interessi agli investitori stranieri sui suoi 29 miliardi di dollari di debito pubblico in rubli. Sebbene questo metta il Paese in ‘default tecnico’, ciò non significa che sia effettivamente insolvente. Al contrario: i mancati pagamenti gli consentono di utilizzare la valuta per altre cose, come per esempio la guerra, danneggiando i creditori stranieri.

E il petrolio e il gas?

La più grande incognita ora è cosa succede alle esportazioni russe, in particolare quelle di petrolio e gas naturale. Il Paese ha guadagnato circa 63 miliardi di dollari dalle vendite internazionali di petrolio e gas nel terzo trimestre del 2021, l’ultimo periodo per il quale sono disponibili i dati della Bank of Russia. E vale la pena ricordare che sono dati precedenti rispetto all’enorme aumento dei prezzi dell’energia che la stessa crisi ucraina ha causato. Quindi i guadagni della Russia attualmente potrebbero essere significativamente più alti.

Le sanzioni imposte finora alla Russia escludono esplicitamente i pagamenti per le vendite di petrolio e gas. Quindi in questo momento il Paese è ancora in grado di guadagnare importi significativi da quelle risorse. (Almeno in teoria. In pratica, vendere petrolio e gas sul mercato internazionale potrebbe essere molto più difficile, come spiegheremo a breve.)

Nel frattempo, la Russia ha anche esportato altri 70 miliardi di dollari di altri beni, comprese materie prime non energetiche come ferro e altri metalli nel terzo trimestre del 2021, sempre secondo i dati della Bank of Russia. Le importazioni della Russia nello stesso periodo sono state di 90 miliardi di dollari. Quindi, comprese tutte le esportazioni, il Paese registrava un forte avanzo di circa 40 miliardi di dollari per il trimestre.

La questione del debito

Il Paese ha circa 40 miliardi di dollari di debito sovrano in valuta estera e nella sua storia non ha mai mancato il pagamento degli interessi o delle cedole su quei titoli. Il primi in calendario da quando ha invaso l’Ucraina sono relativamente contenuti: uno da 107 milioni di dollari, dovrebbe essere pagato il 16 marzo e un successivo da 359 milioni è in scadenza il 31 marzo, secondo Reuters. Il primo pagamento consistente scade invece il 4 aprile ed è da 2 miliardi di dollari.

La Russia potrebbe scegliere di non effettuare questi pagamenti per risparmiare denaro. Essere inadempiente significherebbe anche danneggiare chi gestisce denaro straniero e dunque anche un modo per vendicarsi di Ue e Stati Uniti. Ma non è necessario: la Russia ha i soldi per effettuare i pagamenti, soprattutto finché può continuare a vendere petrolio e gas.

Un effettivo problema potrebbero essere le difficoltà tecniche e legali relative all’elaborazione dei pagamenti delle obbligazioni. Con molte banche russe tagliate fuori da Swift o ora nell’elenco degli ‘enti segnalati’ dagli Stati Uniti, che comporta il divieto per le società finanziarie che operano anche in America di effettuare transazioni con loro, non è ben chiaro come la Russia sarà in grado di effettuare pagamenti alle controparti internazionali.

L’Occidente non sta ancora colpendo la Russia dove fa più male

Molti esperti economici ora affermano che se gli Stati Uniti, l’Unione Europea e le altre nazioni alleate vogliono davvero punire Putin, devono agire per limitare le sue esportazioni di petrolio e gas.

I senatori statunitensi Joe Manchin, democratico della West Virginia, e Lisa Murkowski, repubblicana dell’Alaska, hanno annunciato che stanno lavorando a un disegno di legge per vietare le importazioni statunitensi di petrolio e gas naturale liquefatto dalla Russia. Circa l’8% delle importazioni statunitensi di petrolio e prodotti raffinati, ovvero circa 672.000 barili al giorno, proveniva dalla Russia lo scorso anno.

In Europa, dove la Russia è il principale partner commerciale dell’Ue per il petrolio, quel dato è ancora più alto. Attualmente, l’Europa importa circa il 40% del gas naturale dalla Russia, anche se tale percentuale varia da Paese a Paese. La Germania, che la scorsa settimana ha formalmente sospeso l’approvazione del gasdotto Nord Stream 2 di proprietà russa, fa affidamento su Mosca per circa la metà del proprio gas naturale. In Austria, Ungheria, Slovenia e Slovacchia, ci si avvicina al 60%. In Polonia all’80%.

In breve, tagliare l’energia russa danneggerebbe gli stessi Paesi che cercano di contenere Putin e che stanno accogliendo la maggior parte dei profughi ucraini in fuga dal conflitto. Ma questa riluttanza potrebbe cambiare nelle prossime settimane e mesi. Jacob Kirkegaard, ricercatore presso il Peterson institute for international economics di Washington sostiene che è probabile che la pressione interna e internazionale, incentrata sulla “narrativa secondo cui l’Ue sta ancora finanziando la guerra di Putin”, aumenterà rapidamente, costringendo i Paesi che ne fanno parte a ridurre gli acquisti energetici russi.

“Il terrore che si sta scatenando in Ucraina costringerà almeno alcuni leader europei a fare di più”, spiega. Se l’Ue interromperà gli acquisti di petrolio russo e, cosa più importante, di gas naturale, ciò rappresenterà una seria minaccia per la solvibilità di Mosca. “Quando ciò accadrà, la Russia comincerà molto rapidamente a rimanere senza soldi per sostenere questa guerra”, aggiunge.

La prossima mossa di Putin

Mentre Kirkegaard dichiara che Putin potrebbe stampare rubli per coprire i costi della guerra, senza un flusso costante di valuta estera a sostegno di quei rubli, il rischio è quello dell’iperinflazione. Dato che la principale fonte di legittimità politica interna di Putin, a suo giudizio, sta nel fatto che molti russi gli attribuiscono il merito di aver ripristinato la stabilità finanziaria del Paese dopo il caos economico vissuto negli anni ’90, l’iperinflazione lo danneggerebbe gravemente dal punto di vista politico.

Rogoff è meno ottimista sulla possibilità che le sanzioni riescano a causare una sofferenza economica tale da portare alla cacciata di Putin. Ricorda che la Russia è stata colpita da sanzioni anche dopo l’annessione della Crimea nel 2014, con il rublo che ha perso due terzi del suo valore e il consumatore medio che ha visto il suo potere d’acquisto compresso, in particolare per i beni importati. Eppure Putin è rimasto saldamente al potere. “Non c’è stata alcuna rivolta contro Putin, nessun cambio di regime in quell’occasione”, osserva. “Comunque è un mondo diverso. Questa volta potrebbe essere peggio”.

Anche se l’Europa tagliasse gli acquisti energetici russi, è probabile che la Russia possa ancora trovare acquirenti disponibili. La vicina Bielorussia, che è diventata essenzialmente uno stato fantoccio di Putin, compra tutta la sua energia da Mosca. Poi c’è la Cina. La Russia è già il terzo fornitore di energia del gigante asiatico e a febbraio, in un incontro tra Putin e il presidente cinese Xi Jinping, i due Paesi hanno annunciato una serie di accordi sulle forniture di petrolio e gas per un valore di 117,5 miliardi di dollari per decenni. La Russia potrebbe ancora trovare acquirenti nel Sud-Est asiatico. Proprio questa settimana, il Pakistan ha annunciato un accordo per importare gas naturale russo e grano.

Tuttavia, portare a termine queste esportazioni potrebbe essere difficile. Alcuni report riferiscono che le società di commercio internazionale di materie prime stanno facendo già fatica a trovare acquirenti disposti a prendere il greggio russo, anche se fortemente scontato. In un caso, il petrolio è stato offerto con uno sconto senza precedenti di 18 dollari al barile rispetto al prezzo di riferimento, e ciononostante non c’erano acquirenti. Un grosso problema è che le compagnie di navigazione che controllano le petroliere mondiali si rifiutano di caricare greggio russo. Queste società temono di incappare in sanzioni finanziarie, in particolare quelle che si occupano di transazioni commerciali con alcune banche russe, ma anche il potenziale danno di reputazione nel caso emergessero proteste pubbliche per il fatto che aiutano la Russia a consegnare il suo petrolio. Quindi, sebbene non ci siano ancora sanzioni ufficiali sulle esportazioni di energia russa, in pratica per Mosca è già diventato più difficile spostare il suo petrolio e il suo gas.

È possibile che la Russia debba scontare ulteriormente queste esportazioni di energia, vendendo molto al di sotto dei tassi di mercato per trovare acquirenti, sostiene Kirkegaard. (Ci sono limiti alla quantità di petrolio e gas che la Russia può immagazzinare e questo significa che se non riesce a trovare il modo di esportare ciò che sta producendo, potrebbe dover iniziare a chiudere la produzione. E ciò complicherebbe anche i conti, dice.) Ma con il prezzo di riferimento salito alle stelle  fino a 120 dollari al barile dopo l’invasione, il più alto dal 2014, la Russia potrebbe ancora guadagnare più di prima, anche dopo aver subito un sostanziale ‘haircut’.

Quindi è probabile che Mosca sarà in grado di portare avanti la guerra senza effettivamente bruciare tutta la sua valuta forte. Ma ciò non significa che le difficoltà economiche, in particolare per la popolazione media russa, non saranno gravi.

Rogoff ha affermato di temere che il pericolo più grande sia che la sofferenza economica spinga Putin ad azioni devastanti nei confronti degli Stati Uniti e l’Europa. “Quando le persone pensano alle diverse misure che possiamo prendere contro la Russia, non si rendono conto che non è come attaccare l’Iraq. Questa è una potenza nucleare con capacità informatiche e la capacità di fare una guerra biologica”, sottolinea.

Per questo motivo, spiega, è convinto che gli Stati Uniti, l’Ue e i loro alleati si possano probabilmente fermare prima di intraprendere azioni che costringano la Russia all’insolvenza o a un’estrema iperinflazione.

L’articolo originale è su Fortune.com

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