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Il 2022 sarà l’anno dell’audio (grazie anche al caso Clubhouse)

Qualcuno ricorderà Clubhouse. Un anno e mezzo fa non si parlava d’altro che della nuova app per le trasmissioni audio in diretta arrivata dagli Stati Uniti. Molto rumore per appena 12 milioni di utenti nel mondo, di cui 500mila in Italia: l’incombenza della pandemia e l’isolamento dovevano averci dato un po’ alla testa. Anche perché solo pochi mesi dopo, la crescita della nuova piattaforma si arrestava e il suo utilizzo scemava improvvisamente. Oggi non è che un ricordo sepolto negli app store (sì, quando era ormai troppo tardi, oltre che su iOS Clubhouse apparve anche su Android) che giusto i russi, privati di Facebook, Instagram, WhatsApp, Twitter e TikTok, userebbero, come in effetti è accaduto.

Nel segno di Clubhouse

Eppure Clubhouse ha lasciato un segno. È stata una scintilla ma, nei frenetici mesi dei lockdown, anche una sorta di illuminazione. Ci ha ricordato che il sottovalutato audio può piacere anche in rete. Ci ha insegnato che possono esistere alternative a podcast e messaggi vocali, come le conversazioni live attivabili e partecipabili da qualunque utente. Ci ha dimostrato che, con la possibilità di interagire, parlare e ascoltare ci possono essere azioni coinvolgenti e attrattive come il guardare: meno ‘esposte’, più inclusive, diversamente immersive. Nel digitale, insomma, la voce è qualcosa: una big thing su cui mettere le mani. Ci sono volute poche settimane perché le grandi aziende hi-tech copiassero la piccola app o si dotassero di nuove funzioni, fino ad arrivare al recente annuncio di Amazon, che punta a mettere ogni utente nelle condizioni di creare la propria stazione radio personale. Tutto per seguire la tendenza del momento, come stanno facendo media, content creator e nuovi attori, attratti da numeri in graduale ma inesorabile crescita.

Il trend dell’ascolto

Nel 2021 sono stati 14,5 milioni gli ascoltatori di podcast (+4% rispetto al 2020) e 10 milioni quelli di audiolibri (+11%) in Italia, che secondo un un’indagine condotta da Nielsen per Audible (la maggiore piattaforma di audiolibri al mondo, acquisita da Amazon) sarebbe il secondo Paese europeo dopo la Spagna per diffusione dell’intrattenimento audio. Il bilancio: un bacino esiste, non è ancora abbastanza grande ma i numeri ci dicono che può crescere ancora. Come? Motivando gli utenti a sperimentare questo formato e a farlo proprio, come avvenuto con la musica in streaming e con le serie tv. Come è sempre stato, l’esca saranno i contenuti capaci di trasmettere valore a chi ne fruisce, sotto forma di informazioni o motivazione, emozioni o condivisione. Ci vorranno podcast sempre migliori, audiolibri letti da celebrità più seguite, ambienti conversazionali più ingaggianti di quelli introdotti da Clubhouse, modalità di produzione, scoperta e interazione più intuitive. In quantità sempre maggiori.

Nuovi content creator, nuove produzioni

Solo in Italia in pochi anni abbiamo visto nascere case di produzione audio come Storielibere (celebre il podcast Morgana, a cura di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri) e Chora Media, che ha portato a bordo nomi come Gianrico Carofiglio e Francesca Mannocchi arricchendo notevolmente il proprio catalogo con nuove proposte, ma anche Vois: “podcast media company”, come si definisce, specializzata nella produzione per per conto dei brand. Audible ha coinvolto podcaster di vecchia data come Maura Gancitano e Andrea Colamedici  o celebrità quali Alessandro Barbero per progetti in esclusiva, e ingaggiato lettori illustri come Alberto Angela e Francesco Pannofino (sua la lettura dell’intera saga di Harry Potter), secondo un modello comune a quasi tutti i Paesi in cui il servizio è attivo. A livello globale, un po’ come già avvenuto per le storie ideate da Snapchat e finite ovunque, si è scatenato un effetto domino tra le grandi piattaforme, a cui potremmo dare il nome di social audio.

L’avvento del social audio

Il primo tassello a cadere è stato Facebook, quando ha attivato una modalità audio delle sue “stanze”, gli ambienti di conversazione creati a suo tempo come alternativa agli aperitivi su Zoom durante i lockdown e trasformati una copia delle stanze di Clubhouse. Stessa cosa ha fatto Twitter, che, dopo aver offerto 4 miliardi di dollari per l’acquisizione della stessa Clubhouse incassando un rifiuto, ne ha riprodotto una versione identica al proprio interno, con il nome di Spaces, ed è ora al lavoro per dare maggiore visibilità ai podcast prodotti dagli influencer attraverso una sezione dedicata (la scoperta è di Alessandro Paluzzi). Più tardi, come sempre, è arrivata LinkedIn, che a febbraio ha annunciato il rilascio delle proprie Room, disponibili in fase di test solo per una ristretta fascia di utenti, e un ambiente dedicato a podcast originali realizzati da giornalisti ed esperti in collaborazione con la piattaforma. Anche YouTube sta prendendo le misure del mercato dei podcast: ha assunto un dirigente dedicato a questo, Kai Chuc, e – riporta PodNews – sta valutando l’inserimento di una sezione sulla sua home page, oltre a l’introduzione di spot radio.

La virata di Spotify

Spotify, per anni incontrastata regina dell’audio in streaming, non poteva certo farsi sfuggire l’occasione, così nell’arco del 2021 ha investito fortemente sulla promozione dei podcast, oltre che delle tracce musicali. Sembra che la celebre app stia testando un feed parallelo, interamente dedicato a questo format, per favorire la scoperta di contenuti interessanti da parte degli utenti, su cui il mercato dei podcast – a differenza dei video e della musica – è rimasto molto indietro. Lo scorso giugno, poi, anche Spotify ha lanciato un’applicazione parallela per le trasmissioni in diretta, Greenroom, che secondo Bloomberg a breve sarà rinominata Spotify Live per darle maggiore visibilità. L’annuncio più innovativo, nonché il più recente, è però quello di Amazon.

Amazon lancia la radio per tutti

Negli Stati Uniti è da poco disponibile la versione beta ad accesso limitato di una nuova app: Amp. “Immaginate se foste voi a inventare oggi per la prima volta la radio. Unireste ciò che la gente ama della radio – discorsi spontanei, scoperta di nuova musica, personalità diverse e un’ampia programmazione –con tutto ciò che rende possibile la tecnologia odierna”, ha affermato il vicepresidente di Amp, John Ciancutti. “Fareste in modo che chiunque abbia un telefono, una voce e un po’ di amore per la musica possa fare il proprio spettacolo. Ed è esattamente quello che stiamo facendo. Stiamo creando una nuova versione della radio che avrà un numero infinito di programmi”. Amazon non si sta limitando a copiare di sana pianta o a rifare meglio Clubhouse. Ci sta mettendo qualcosa di completamente nuovo, per quanto banale possa sembrare: la musica. Su Amp gli iscritti non potranno soltanto fare monologhi o conversare, ma anche trasmettere le canzoni che amano di più, grazie a un catalogo di  decine di milioni di brani concessi in licenza dalle major Universal, Sony e Warner Music Group, oltre che da una lunga lista di etichette musicali indipendenti. Tutto questo gratuitamente e senza problemi di violazione del copyright, antico cruccio di ogni content creator. Di loro sta provando a prendersi sempre più cura anche TikTok.

TikTok e i musicisti emergenti

L’app cinese sta lanciando una proprio servizio di distribuzione musicale. Si chiama SoundOn e permette a chi produce tracce di pubblicarle in contemporanea su tutte le principali piattaforme per lo straming, come Resso (che fa parte a sua volta del gruppo ByteDance), Apple Music, Pandora, Deezer e lo stesso Spotify. Il vero vantaggio offerto da SoundOn l’integrazione della propria musica nel catalogo di TikTok, dando agli utenti la possibilità di inserirla nei loro video: un’occasione di visibilità senza pari per la diffusione che l’applicazione ha raggiunto e l’accelerazione virale che è in grado di fornire. Per i creator non ci saranno costi e, anzi, TikTok promette di pagargli il 100% dei diritti d’autore per sempre. “I nuovi artisti sono una comunità vivace all’interno di TikTok e SoundOn è progettato per supportarli mentre fanno i primi passi nella loro carriera”, ha detto a TechCrunch il global head of Music di TikTok, Ole Obermann. “Il nostro team attiverà diversi tiktoker perché utilizzino le nuove tracce nei loro video. Questo aiuterà ad ampliare il pubblico”.

A determinare in buona parte il sucesso di tutti gli esperimenti che abbiamo citato nel campo dell’audio sarà proprio l’utilizzo che ne faranno i content creator e i grandi influencer, capaci di crare prodotti di valore e di portarsi dietro i loro fan. Non è un caso che Facebook, secondo The Information, stia pagando diverse celebrità per l’utilizzo delle sue Stanze audio e che YouTube stia facendo lo stesso per spingere podcaster di successo a mostrarsi anche in video. Nel 2022 l’audio continuerà a far parlare di sé e, forse, ci abituerà maggiormente all’ascolto (da tutti i punti di vista, si spera). I più bravi a cimentarsi con la voce e i suoni, insomma, hanno di fronte a se un’ottima annata. Che almeno non perdano la memoria e dicano: grazie, Clubhouse.  

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