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L’ultima di Elon Musk: Opa da 43 mld di dollari su Twitter

L’offerta è di quelle che impone di sedersi al tavolo e rifletterci sopra. La conferma è arrivata da Bloomberg, Elon Musk con Twitter fa davvero sul serio: sul piatto un’offerta d’acquisto da 43 miliardi di dollari. Ovvero, 54,20 dollari per azione, tra l’altro, pagamento cash. Una super quotazione, senza dubbio, l’affare sarebbe realizzato da Musk in collaborazione con Goldman Sachs. Twitter ha confermato l’esistenza di questa offerta, non vincolante, da parte di Musk. Le valutazioni sono tuttora in corso.

Si è forse all’alba dell’ennesimo scossone nel microcosmo tech. La cessione di Twitter rappresenterebbe un cambiamento radicale per il microblogging più famoso al mondo in pochi mesi, dall’uscita del Ceo e fondatore Jack Dorsey all’arrivo del nuovo Ceo, Parag Agrawal, che ha avuto il compito di incrementare il numero di utenti attivi mensili, in particolar modo quelli che spendono sulla piattaforma.

Si è già al secondo round della vicenda. Nel primo, Elon Musk, dopo aver acquistato una fetta di azioni di Twitter, il 9,2%, diventando anche l’azionista con il peso specifico più rilevante tra gli investitori su Twitter, si era già accomodato su una delle poltrone del board di Twitter, per poi decidere di non entrare nel consiglio di amministrazione. Una retromarcia improvvisa, ma decisamente in linea con la personalità di Musk, determinata con ogni probabilità dal tipo di accordo sottoscritto con la piattaforma: Musk infatti con l’ingresso nel board di Twitter non avrebbe potuto rastrellare azioni oltre il 14,9% complessivo. Solo una fetta della torta, quindi, con la possibilità per Musk di investire in Twitter un altro paio di miliardi. Quindi la scelta: tenere mani e conto in banca al sicuro, senza rinunciare al suo potere di influenzare l’aria che tira intorno al sociale

E questo è un altro punto essenziale nella ricostruzione della vicenda tra Musk e Twitter. Poco dopo l’acquisizione delle azioni, Musk, nel documento inviato al regolatore di Borsa, aveva spiegato che la sua partecipazione azionaria non avrebbe comportato un’influenza nelle decisioni strategiche di Twitter. Credergli sarebbe stato complicato, considerando anche gli oltre 80 milioni di seguaci sul suo profilo. Dopo poco dall’account di Musk è partito un sondaggio tra i follower in cui chiedeva se volessero un pulsante per modificare e correggere un tweet – uno dei nervi scoperti di Twitter negli anni, i post possono essere solo cancellati, non rivisti – con adesione al 73% che ha praticamente obbligato la dirigenza di Twitter a informare gli utenti che erano in corso i test sulla funzionalità di questa attesa opzione. In più, Musk avrebbe fatto trapelare alcune idee non viste benissimo dal board di Twitter, tipo la rinuncia alla pubblicità sulla piattaforma, che porta il 90% dei ricavi solo nel 2021 e addirittura la trasformazione della sede di San Francisco, la casa di Twitter, in un rifugio per i senzatetto. Troppo, forse, per tutto l’universo dei cinguettii. E’ stato poi il Washington Post a rivelare del malcontento in Twitter dello sbarco rivoluzionario del patron di Tesla e Space X.

Dopo la rinuncia all’accesso al board, da Musk poi sono arrivate una serie di trollate: il 9 aprile, poco dopo il forfait, comunicato ufficialmente agli azionisti dal Ceo di Twitter, Musk ha scritto un paio di post del tipo: molti degli account top twittano raramente e postano pochi contenuti” e poi “Twitter sta morendo?”. Mosse da consumato giocatore di poker che spesso utilizza metodi poco ortodossi per ottenere effetti sui titoli e far scendere le azioni. E’ avvenuto anche con il suo gioiello, Tesla, che è stato anche sanzionato dalla Sec. Ma poco conta, conta il flusso dei dollari sul suo conto in banca. In quello è un maestro.

Musk revolution

L’obiettivo di Musk è stato messo in chiaro sin dall’ingresso in Twitter: trasformare uno dei social più conosciuti al mondo in una private company. “Da quando ho effettuato il mio investimento, ora mi rendo conto che la società non prospererà mai né servirà questo imperativo sociale nella sua forma attuale. Twitter deve essere trasformato in una società privata – si è letto nella lettera inviata alla compagnia con cui si è certificato il suo ingresso nel pacchetto azionario – Twitter ha un potenziale straordinario, lo sbloccherò”. Il piano di Musk ha portato la crescita del 18% in trading pre-mercato delle azioni di Twitter.

Secondo le stime di analisti americani, Musk dovrebbe impegnare il 14% del suo patrimonio personale (oltre 273 miliardi di dollari) per regalarsi Twitter, una compagnia il cui valore delle azioni in tre anni è cresciuto del 14,4%. Tesla, secondo il Wall Street Journal, è cresciuta dell’1757% nello stesso arco temporale.

E se non è ancora chiaro se sarà, nel caso, Musk ad acquisire Twitter oppure Tesla a effettuare l’operazione, una delle motivazioni all’acquisto consisterebbe nella volontà di Musk di costruirsi un social network su se stesso. E quindi, meglio Twitter che un social nuovo di zecca e in questo senso Truth Social lanciato da Donald Trump gli avrà aperto gli occhi: il social dell’ex presidente degli Stati Uniti ha perduto quasi la totalità degli oltre 800 mila iscritti in appena 30 giorni dal via.

La class action anti Musk

In ogni caso, la vicenda presenta aggiornamenti continui e sembra essere diventata una di quelle serie da Netflix: solo ieri Musk si è trovato contro una class action di azionisti di Twitter perché non avrebbe rivelato in tempo alla Us Securities and exchange commission (Sec) la sua partecipazione del 9,2% del pacchetto di azioni complessivo di Twitter. Secondo la legge statunitense, gli investitori sono chiamati a notificare alla SEC entro dieci giorni dall’affare concluso l’acquisizione di una partecipazione superiore al 5% in una società quotata in Borsa, come Twitter, appunto.

Gli approcci con Twitter

Musk ha iniziato idealmente la sua scalata a Twitter il 25 marzo, chiedendo all’esercito dei follower se Twitter aderisse rigorosamente al principio che “la libertà di parola è essenziale per una democrazia funzionale”, ovvero se, in sostanza, l’algoritmo di Twitter dovesse essere open source, ottenendo il retweet dell’ex Ceo di Twitter, Jack Dorsey, che conserva il 2,25% delle quote della sua creatura. Musk a marzo ha anche lanciato altri segnali, per esempio dicendo che entro breve tempo ci sarebbero potuti essere dei cambiamenti per Twitter. Un modo per preparare il terreno all’ingresso nel pacchetto azionario. E ora all’offerta per prendersi Twitter, rendendolo ancora di più, se possibile, l’uomo più ricco al mondo.

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