La spesa pubblica italiana continua (e continerà) a stabilire un record dopo l’altro. Alla fine del 2022, il totale delle uscite dal bilancio dello Stato, comprese quelle di regioni e province, si attesterà a oltre 1.008 miliardi di euro. Un aumento di quasi 40 miliardi rispetto allo scorso anno. È una tendenza che riguarderà anche gli anni successivi, sulla quale, secondo i numeri di un report del Centro studi di Unimpresa, peserà un fattore: la crescita delle pensioni sul conto totale.
Nei prossimi anni dalle casse pubbliche continueranno a uscire oltre 1.000 miliardi annui, più di 1.032 miliardi nel 2023, più di 1.028 miliardi nel 2024 e più di 1.045 miliardi nel 2025. Durante questa crescita, rispetto al prodotto interno lordo, aumenterà anche l’incidenza degli assegni Inps sul totale della spesa. Passerà dal 15,7% del 2022 a più del 16% per il triennio 2023-2025, mentre si spenderà meno per gli stipendi dei dipendenti pubblici: dal 10,0% di quest’anno all’8,8% del 2025.
Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Inps sulle pensioni, al primo gennaio 2022, le pensioni vigenti sono 17.749.278, di cui 13.766.604 (il 77,6%) di natura previdenziale e 3.982.674 (il 22,4%) di natura assistenziale.
La corsa della spesa pubblica è cominciata nel 2020, con la pandemia, quando è cresciuta di 75 miliardi rispetto al 2019, in salita di quasi il 9% a quota 946 miliardi (facendo superare per la prima volta quota 900 miliardi), per poi aumentare ancora nel 2021 di altri 39 miliardi (più 4%) a 985 miliardi; alla fine del 2022, la crescita rispetto all’anno precedente sarà pari a quasi 23 miliardi (più 2%).
“Bisogna puntare sulla crescita economica, non su quella del debito pubblico. La drammatica situazione creatasi con il Covid-19, che è stato prima un’emergenza sanitaria e poi una profonda crisi economica, ha inevitabilmente costretto il governo a manovre sui conti pubblici in deficit, facendo esplodere la spesa dello Stato e impennare il debito. Si è trattato di decisioni inevitabili e condivisibili, perché grazie alle scelte degli scorsi anni, il nostro Paese ha retto agli scossoni della tempesta economica e ha superato le fasi acute della pandemia. Tuttavia, adesso occorre ristabilire un percorso di risanamento: la storia ci insegna che le gestioni emergenziali, diventando permanenti, possono cagionare danni irreparabili. Occorre programmare e avviare un sentiero di rientro alla normalità”, commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato i dati dell’ultimo Documento di economia e finanza, alla fine del 2022 il totale della spesa pubblica arriverà a quota 1.008,8 miliardi in aumento di 22,8 miliardi (più 2,3%) rispetto all’anno precedente, quando le uscite si erano attestate a quota 985,9 miliardi, in crescita di 39,7 miliardi rispetto ai 12 mesi precedenti (più 4,2%).
Negli anni precedenti il ritmo di crescita era stato assai più contenuto: gli 870,7 miliardi toccati nel 2019 avevano fatto registrare un aumento di 17,1 miliardi (più 2,0%) sull’anno precedente, quando le uscite complessive si erano attestate a 853,6 miliardi, in salita di 14,1 miliardi (più 1,7%) sul 2017 che fece segnare una crescita di 10,2 miliardi della spesa statale (più 1,2%) fino a 839,5 miliardi. Nel 2016, invece, si era registrata una lieve contrazione: un calo di 7,7 miliardi sul 2015, che fece scendere il totale a 829,3 miliardi (meno 3,2%). Ma, nella serie storica recente, si è trattato di un evento raro: il bilancio dello Stato nel 2015, infatti, si è chiuso col totale delle uscite a quota 857,1 miliardi, con una crescita di 18,9 miliardi (più 2,3%).