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Cinema, Orfei (Vision): La sala si rilancia con la qualità

vision orfeo

Da poco più di un anno, con il passaggio di Nicola Maccanico ai vertici di CineCittà, Massimiliano Orfei è stato nominato CEO di Vision Distribution, la società di distribuzione cinematografica del gruppo Sky formata da cinque tra le produzioni più importanti del settore: Cattleya, Indiana, Lucisano Media Group, Palomar e Wildside. Presa nel periodo più difficile, in piena pandemia e con il mercato theatrical crollato di circa il 70% rispetto al triennio 2017-2019, Vision Distribution è la compagnia che più di ogni altra può fare da ago della bilancia e da “garante” in favore della ripresa del mercato cinematografico, trovando sintesi ed equilibri in un momento in cui la filiera non appare così unita.

Vision Distribution ha come mission la valorizzazione del prodotto (il film) in sala, e per tanto pur essendo figlia di Sky e partner di Universal guarda al grande schermo come principale e massimo sfruttamento. Non è un caso che i film italiani più visti da marzo 2020 ad oggi (fenomeno Me contro Te esclusi), sono il sequel del ‘Gatto in Tangenziale’, ‘Belli Ciao’ con Pio e Amedeo e ‘Corro da te’ con Favino, tutti e tre con incassi rispettivi sopra i tre milioni di euro, totalizzati con tutte le restrizioni del caso (mascherine, capienza limitata, continue chiusure e riaperture delle sale, divieto di somministrazione cibo e bevande, ecc…). Le parole di Massimiliano Orfei, rilasciate in esclusiva a Fortune Italia, sono così particolarmente utili per capire il presente e il futuro del cinema in sala.

In questi giorni a Riccione alle Giornate Professionali, l’industria del cinema incontra gli addetti ai lavori e in particolare le sale, il settore che insieme a voi distributori ha sofferto di più negli ultimi due anni e mezzo. Quali sono i temi del confronto?

Stiamo attraversando un tempo di grandi e convulse trasformazioni della nostra industria, che gli eventi pandemici hanno solo accelerato. I tradizionali modelli operativi e di business sembrano messi in discussione dalle dinamiche evolutive del mercato e gli scenari futuri, anche nel breve periodo, sono caratterizzati da un livello di incertezza con cui non ci siamo mai cimentati negli ultimi anni. La comune preoccupazione, ovviamente, è la capacità prospettica di tenuta economica dell’esercizio e della distribuzione cinematografica, di fronte a quello che sembrerebbe essere un vero e proprio tornante della storia. Siamo nel pieno di un’età di transizione: pur essendo ancora legati ai paradigmi del passato, muoviamo i primi passi nel paesaggio del futuro. Il confronto, innanzitutto, dovrebbe prendere avvio dall’analisi e dalla condivisione delle cause e della natura dei processi trasformativi in corso, sgombrando il campo dalle percezioni. Mi piacerebbe, per esempio, mettere un po’ in secondo piano il tema delle “windows”, che, sia chiaro, è certamente un tema rilevante, ma sul quale ho l’impressione che abbiamo tutti costruito, da una parte e dall’altra, una narrazione eccessivamente carica di significati puramente simbolici, correndo così il rischio di puntare su una strategia inefficace rispetto alla crisi che stiamo attraversando.

Su quali temi invece bisogna concentrarsi?

L’obiettivo comune, ed il primo tema da affrontare, dovrebbe essere quello di portare sul mercato prodotti che siano in grado di incontrare il loro pubblico, piccolo o grande che sia, rimettendo così i contenuti al centro del villaggio. E qui siamo noi produttori e distributori ad essere chiamati in causa. In termini produttivi, dobbiamo essere in grado di rilanciare, alzando ulteriormente l’asticella sia per quanto riguarda gli investimenti, sia per quanto riguarda la qualità e la forza delle storie che vogliamo raccontare al pubblico. In termini distributivi, anche qui, dobbiamo tenere alto il livello degli investimenti in comunicazione e lancio, lavorando al contempo sull’efficacia delle campagne e della creatività, oltre che su modelli commerciali più flessibili e adattabili. L’esercizio, che ha il rapporto finale e diretto con il pubblico, deve fare la sua parte, offrendo un’esperienza in sala, a tutti i livelli, in grado di fare veramente la differenza. Insomma, la sfida la vinciamo soltanto tutti insieme, cercando di portare sul piano dell’eccellenza tutto quello che facciamo. Altro tema, strettamente collegato al precedente, e a mio avviso ugualmente prioritario, è quello della presenza sul mercato di eccessivi volumi di prodotto privo di una sufficiente chiamata rispetto al pubblico della sala. Qui la questione è assai delicata, perché tocca complessi equilibri di sistema. Certamente, non possiamo immaginare di ridurre la base distributiva ai soli grandi film, dal momento che la struttura industriale dell’esercizio ha bisogno anche di prodotto di media e piccola caratura. Non si può tuttavia negare che una parte significativa del prodotto portato sul mercato, e non mi riferisco solo a quello italiano, non ha più le caratteristiche per raccogliere, nemmeno in proporzione al suo potenziale teorico, la sfida che oggi rappresenta l’uscita in sala, finendo per congestionare gli spazi distributivi e, peggio ancora, per produrre una percezione presso il pubblico di disvalore dell’offerta in sala. Da questo punto di vista, appare opportuna una riflessione sulle modalità dell’intervento di sostegno pubblico al cinema nazionale, sostegno che ovviamente resta fondamentale, con l’obiettivo di porre in essere meccanismi in grado di assicurare, a parità di risorse e di architettura generale delle misure di intervento, una maggiore selettività nell’accesso ai fondi cinema e, al tempo stesso, maggiore sostegno unitario ai film: meno film sostenuti, più risorse destinate alla produzione e alla distribuzione dei singoli film.

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Massimiliano Orfei, AD Vision Distribution. Foto di Riccardo Ghilardi

Con quale stato d’animo, quali consapevolezze e obiettivi Vision Distribution affronterà il secondo semestre 2022?

Vision nasce come una sfida quasi impossibile, la nostra cultura e il nostro atteggiamento mentale sono costruiti per affrontare il mercato a viso aperto, con consapevolezza e totale fiducia nella nostra forza e nei nostri mezzi. Questo spirito non solo non è stato abbattuto dalla crisi pandemica, ma nelle difficoltà si è rafforzato. I nostri obiettivi sono e restano ambiziosi, nella consapevolezza che chi sarà in grado di resistere a questa crisi, continuando ad investire nella produzione e distribuzione di film destinati alla sala, potrà intercettare enormi opportunità già nel prossimo futuro. Il secondo semestre del 2022 continuerà con ogni probabilità ad essere impattato dalla crisi, ma noi manteniamo la barra dritta e procediamo a tutta velocità verso il futuro.

Rai Cinema e Medusa hanno firmato l’appello dei 180 giorni rivolto al governo. Altri non sono d’accordo, soprattutto le major. La vostra posizione qual é?

Oggi il pubblico guarda sempre di più alla sala come a un luogo dove andare a vedere “quel film”, piccolo, medio o grande che sia, non più al luogo dove andare genericamente a vedere “un film”. Questo cambiamento di attitudine dello spettatore, a mio avviso, è strutturale, era già in corso prima della pandemia, si accelererà nel prossimo futuro e non può essere efficacemente contrastato ricorrendo alle “vie legali” delle finestre. Insomma, chi non trova in sala il film che cerca, in sala purtroppo non andrà, e, se non vuole vederli, a poco o a nulla serve il fatto che i film siano “solo al cinema”. Anche perché, e qui tocchiamo un aspetto di cui forse troppo poco si parla, da almeno 10 anni a questa parte, con l’entrata in scena della serialità contemporanea, è andato in frantumi l’argine naturale di protezione della sala cinematografica: la netta distinzione tra i fruitori di cinema e i fruitori della vecchia fiction televisiva è venuta meno e oggi il pubblico della nuova serialità è esattamente lo stesso pubblico del cinema in sala. Se questo è vero, il futuro della sala è legato alla capacità del sistema cinema di costruire un’offerta theatrical, ovviamente esclusiva, ma soprattutto competitiva rispetto a quella audiovisiva (seriale o di tipo cinematografico) su piattaforma. D’altro canto, le piattaforme, hanno un interesse vitale a che il mercato delle sale cinematografiche torni ad essere florido, dal momento che non possono rinunciare all’offerta di prodotto uscito in sala, che nella sala ha costruito il suo valore e il suo successo, di pubblico o anche solo di comunicazione. In linea di massima (andrebbero fatti molti distinguo ma fondamentalmente è così), i film che incassano di più in sala sono quelli che performano meglio su piattaforma, sovente anche meglio dei prodotti che non hanno avuto alcuna uscita in sala. L’offerta su piattaforma di prodotti audiovisivi “original”, non può che accompagnarsi ad un’offerta di prodotti theatrical altrettanto potente. Nessuna piattaforma può permettersi di costruire un’offerta solo con prodotti originali: i costi nel lungo periodo sarebbero insostenibili e le performance complessive non sarebbero ottimizzate. L’offerta theatrical in sala, d’altro canto, ha necessità altrettanto vitale che le piattaforme investano in modo consistente anche nell’acquisizione (e quindi nel finanziamento) di film cinematografici destinati al prioritario sfruttamento nelle sale stesse. In estrema sintesi, le sale e le piattaforme sono destinate a convivere in un comune ecosistema, condividono il medesimo destino e sono chiamate a relazionarsi tra loro in un quadro che possiamo definire di cooperazione competitiva.

Il tempo di permanenza in sala di un film non è quindi il problema.

C’è indubbiamente la necessità di garantire l’esclusività dei contenuti in sala, che tutti condividiamo, ma non ne farei l’unica o la principale ragione della discussione. In ogni caso, dal nostro punto di vista, una finestra di esclusiva dello sfruttamento in sala è necessaria ed ineliminabile, non solo a protezione dell’industria delle sale, ma anche e soprattutto perché, solo così, si è in grado di generare il massimo valore possibile, nell’interesse economico anche degli sfruttamenti successivi e, in ultima analisi, di tutto il sistema, piattaforme incluse. Ciò detto, non sono affatto convinto che la rigidità di un obbligo normativo sia la soluzione più efficace.

Eccetto il fenomeno degli YouTuber Me Contro Te, i tre più importanti successi del cinema italiano in epoca di pandemia sono vostri: Come un gatto in Tangenziale 2, Belli Ciao e Corro da te, ognuno con oltre 3 milioni al botteghino, cifre che nessun altro film italiano ha realizzato da marzo 2020 a oggi. Avete lavorato con mascherine, restrizioni, distanziamenti, capacità ridotte, divieti di somministrazioni di cibo e bevande e una stampa generalista che ha talvolta esagerato in una comunicazione allarmista, specie lo scorso Natale. Eppure avete ottenuto risultati eccezionali di questi tempi, secondi solo ai blockbuster americani. Che tipo di riflessione si può trarre?

Semplicemente che quando si lavora con entusiasmo e ottimismo, in un quadro di razionale consapevolezza dei problemi che si hanno davanti, con la fiducia degli azionisti, capita che i risultati, con un pizzico di fortuna, alla fine arrivano.

Al tempo stesso il “prodotto medio” ha faticato moltissimo ed è stato ignorato dal pubblico. Perché?

Discorso molto complesso. È comunque ancora presto per decretare ufficialmente la fine del “prodotto medio” in sala, anche se i segnali che sono arrivati dal mercato sono diversi e convergenti in questo senso. Dobbiamo però intenderci bene sul significato di prodotto “medio”: se ci riferiamo al prodotto nazionale di commedia non top, con target adulto e prevalentemente femminile, appare evidente una grande fatica in sala e una situazione di mercato che potrebbe indurre ad un certo pessimismo sulla possibilità che sussistano significativi margini di ripresa. Nonostante le difficoltà in sala, tuttavia, i dati in nostro possesso testimoniamo una sua grande vitalità su piattaforma, con performance di ascolto spesso straordinarie. Non appare irragionevole ipotizzare che, per questa tipologia di prodotto, le attitudini dello spettatore possano essere state impattate in profondità dagli effetti della pandemia, ma la verità è che non abbiamo ancora la misura reale del fenomeno, che potremo saggiare solo sul campo nel prossimo futuro.

Voi avete come mission la sala ma appartenete a Sky che è una piattaforma. È corretto dire che il vostro ruolo è valorizzare il più possibile un film su grande schermo per poi avere un prodotto “più atteso” su Sky/Now? Possiamo sfatare il mito o presunto tale della prima assoluta, del film “originals” che non passa sul grande schermo o in day and date?

Gli investimenti fatti da Sky su Vision testimoniano quanto il cinema, e il cinema italiano in particolare, rappresenti un fondamentale asset strategico per la nostra capogruppo, anche al di là della semplice considerazione che i film usciti in sala rappresentano un valore di ascolto per Sky come, del resto, per qualsiasi altra piattaforma.

Quali titoli targati Vision ci aspettano da qui a Natale e che tipo di performance vi aspettate?

Tra gli altri, ‘Le 8 montagne’, vincitore del premio della giuria a Cannes 2022, con protagonisti Alessandro Borghi e Luca Marinelli; il nuovo film di Paolo Virzì, un vero e proprio kolossal con un cast straordinario; ‘Bones and all’ di Luca Guadagnino con Chalamet protagonista, uno dei film più importanti della prossima stagione, non solo in Italia; ‘Io sono l’abisso’, nuovo thriller di Donato Carrisi; ‘La guerra desiderata’ di Gianni Zanasi, con Edoardo Leo e Myriam Leone; ‘Brado’ di e con Kim Rossi Stuart. Il nostro obiettivo è lavorare affinché questi film possano, come ci auguriamo anche i film dei nostri competitor, contribuire a far ripartire finalmente il mercato delle sale. Per quanto riguarda gli obiettivi, siamo soliti non mettere limiti alla provvidenza.

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