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Eugenio Scalfari, l’addio a uno dei padri del giornalismo italiano

Eugenio Scalfari si è spento all’età di 98 anni, e con lui finisce la generazione dei giornalisti che hanno fondato le maggiori testate giornalistiche italiane. “Io non volevo cambiare l’Italia, ma il giornalismo sì”. E quest’impresa gli è sicuramente riuscita. Nacque nel 1924 a Civitavecchia e, dopo alcuni anni a Roma, si trasferì con la famiglia a Sanremo, dove fu compagno di banco di Italo Calvino, a cui rimase poi legato nonostante li dividesse il credo politico. Il fondatore de L’Espresso (1955) e di Repubblica (1976), cominciò giovanissimo la sua carriera giornalistica scrivendo per testate di Regime. Del resto suo padre, nato a Vibo Valentia, aveva sposato la causa di D’Annunzio a Fiume.

Scalfari è sempre stato capace di rivedere le sue idee, che sono spesso cambiate sull’onda dell’esperienza. Nel dopoguerra l’incontro con l’ambiente liberal italiano lo porterà a scrivere per il Mondo, mentre su L’Europeo darà vita a una rubrica economica. Di fatto inventando il giornalismo economico italiano, scritto e concepito per raccontare e divulgare regole e interessi, personaggi e mercati, in maniera chiara e non più per soli addetti.

Con la nascita di Repubblica, di cui sarà direttore per vent’anni, fino al 1996, realizza l’idea di creare un quotidiano pensato per la nuova classe dirigente italiana, che si stava formando in quegli anni. “Facciamo un Le Monde italiano”. Il progetto però, non trovando grandi riscontri, è poi rapidamente evoluto in una proposta giornalistica  più aperta. Hanno fatto scuola gli editoriali firmati da Scalfari in occasione del rapimento Moro, nel 1978. La Repubblica diventa, allora, il giornale che punta a raccontare l’Italia dei fatti, ispirato ai valori di democrazia, innovazione, legalità, diritti.

“Io non scrivo, creo” diceva Scalfari dettando a braccio gli articoli, lui che ha scritto fino alla fine, da editorialista e autore di numerosi libri. Fu insignito di grandi onorificenze, fra cui quella di cavaliere di Gran Croce della Repubblica e Chevalier de la Legion d’Honneur dalla Repubblica francese.  Divenuto amico del Papa gesuita, lui che aveva votato monarchia perché pensava avrebbe contrastato il Vaticano, ha dimostrato fino alla fine che ‘vivere è divenire’.

“Eugenio Scalfari è stato un esempio di giornalismo civile e un profondo intellettuale – si legge nella nota del Ministro della Cultura, Dario Franceschini – che ha segnato con la sua opera la storia dell’Italia repubblicana. La sua scomparsa oggi lascia un vuoto incolmabile: è una voce e un pensiero che mancherà a tutti noi. Mi stringo al dolore dei familiari, degli amici, della redazione di Repubblica e dei tanti colleghi che hanno visto in lui un maestro”.

 

 

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