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Jackson Hole: l’inflazione al centro del summit

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Ambientazione western, una Via Ferrata da attraversare con caschi e imbracature. Attorno: le montagne del Gran Teton National Park, nello Stato del Wyoming, negli Stati Uniti d’America. È Jackson Hole, ed è la 45esima edizione del simposio organizzato dalla Federal Reserve Bank di Kansas City. Dove ogni anno in 72 ore i banchieri centrali decidono le sorti del dollaro. E quindi dell’economia globale. Quest’anno, al centro del summit ci sarà il dibattito sull’inflazione.

Dopo le forzature imposte dalla pandemia, l’incontro di Jackson Hole ritorna dal vivo. Da oggi fino a sabato 27 agosto un gruppo di circa 120 persone, composto oltre che da banchieri da investitori, economisti, esponenti dell’amministrazione Biden e giornalisti, discuterà su come “riconsiderare i vincoli all’economia e alla politica”. E cioè quei vincoli legati più direttamente alla crisi da Covid-19, alle conseguenze dello scoppio del conflitto Russia-Ucraina e alle interferenze – inevitabili – tra le maggiori potenze economiche.

Il titolo del simposio 2022 è infatti “Reassessing Constraints on the Economy and Policy”. E sul tavolo, naturalmente, larga priorità alle possibilità di contenimento dell’inflazione. Ben oltre il target del 2% sia negli Stati Uniti (+8,5% a luglio) che nella zona euro (+8,9% in media).

L’obiettivo principale vorrebbe essere quello di frenare la corsa dei prezzi, raffreddando i mercati evitando di rallentare eccessivamente la crescita.

E l’appuntamento più atteso – e in parte temuto – sarà quello col discorso del presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che si terrà venerdì 26 agosto alle 16 ora italiana.

L’anno scorso, proprio durante il meeting, Powell aveva definito l’inflazione “transitoria”. La previsione non soltanto non si è rivelata veritiera, ma è stata assolutamente infondata: il fenomeno inflazionistico ha toccato nei primi mesi del 2022 punte altissime.

Adesso ci si domanda se la Fed a settembre deciderà di alzare i tassi dello 0,50% o dello 0,75%. Con le relative conseguenze, nell’uno o nell’altro caso, di ciò che avverrà nei mesi successivi. La tensione è palpabile.

“Powell potrebbe scatenare l’angoscia di Wall Street”, ha dichiarato alla Cnn David Norris, partner e capo del credito statunitense di TwentyFour Asset Management.

Come riportato da Bloomberg, al summit di Jackson Hole non sarà presente Christine Lagarde. Per la Banca centrale europea parteciperà la tedesca Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo, che interverrà sabato.

Il compito della Bce sarà abbastanza complesso. Molti esperti affermano che la sorpresa potrebbe arrivare proprio dai funzionari della Banca. La Bundesbank prevede che in Germania l’inflazione salirà a due cifre, ai massimi dagli anni ’70. E chiede per questo di continuare a far crescere i tassi.

Così però, fa notare David Wessel – direttore dell’Hutchins Center sulla politica fiscale e monetaria presso il gruppo di ricerca americano Brookings – l’Europa rischierebbe di finire in recessione prima del previsto di fronte a una stretta monetaria troppo brusca.

“Ad un certo punto, dovranno decidere: abbiamo fatto abbastanza? Dovranno valutare quale rischio sia più grave: il rischio di fare troppo e di causare una recessione o il rischio di fare troppo poco e far sì che l’inflazione si radichi nell’economia”.

Se vogliamo generare una crescita elevata, inclusiva e sostenibile nel medio termine, sostiene deciso Mohamed El-Erian – presidente del Queens’ College di Cambridge e capo consigliere economico di Allianz – “è fondamentale rimettere il genio dell’inflazione nella bottiglia. A questo scopo, è importante che l’azione decisa della Banca centrale sia accompagnata da una maggiore enfasi sul miglioramento della produttività e dell’offerta, da misure più mirate per proteggere i segmenti più vulnerabili della nostra società e da un migliore coordinamento globale”.

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