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L’economista Steve Hanke: è stata la Fed a causare la recessione

Hanke

Nel mondo dell’economia poche figure possono eguagliare Steve Hanke, professore di economia applicata alla Johns Hopkins University. Ha vissuto i momenti più straordinari come “dottore del denaro” in giro per il mondo, fermando le iper-inflazioni di Paesi in via di sviluppo. Quando, alla fine degli anni ’90, convinse il Montenegro a liberarsi del dinaro jugoslavo per il marco tedesco, il dittatore jugoslavo Slobodan Milosevic mise in giro la voce che l’economista fosse una spia francese e inviò una squadra di sicari per assassinarlo. Hanke si è guadagnato il cavalierato dell’Albania post-comunista come consigliere di un ministro dell’Economia strampalato e armaiolo, ha fermato l’iperinflazione in Bulgaria e ha supervisionato il successo della dollarizzazione dell’Ecuador.

Come trader, ha incassato cifre altissime scommettendo contro il petrolio nel 1986, presiedendo un fondo argentino che è stato il più performante al mondo nel 1995 e anticipando lo spettacolare crollo del rublo russo nel 1998.

Nonostante il suo curriculum, Hanke è un tradizionalista quando analizza le cause e prescrive le soluzioni all’inflazione. È un sostenitore, e probabilmente il più importante al mondo, della scuola monetarista, secondo la quale l’inflazione è determinata esclusivamente dalle variazioni della disponibilità di moneta.

Questa teoria spiega come abbia contribuito a diffondere le politiche pragmatiche che evitano l’inflazione nei Paesi stranieri. All’inizio dell’anno scorso, però, si è concentrato sugli Stati Uniti e ha avvertito pubblicamente che la Fed, aumentando l’offerta di moneta, stava perseguendo proprio le politiche che il monetarismo prevedeva avrebbero fatto impennare i prezzi, uno scenario che aveva visto realizzarsi in paesi grandi e piccoli.

Ora, dice che la banca centrale Usa è così al buio da aver fatto marcia indietro, bloccando completamente la crescita della massa monetaria negli ultimi sei mesi. Secondo Hanke, se questa pratica austera continuerà, si preannuncia una grave recessione nel corso del prossimo anno. Con l’inflazione già radicata negli ingranaggi dell’economia, Hanke prevede che ci troveremo di fronte a un periodo dominato dalla tante temuta stagflazione.

Le previsioni di Hanke gli conferiscono una forte credibilità e l’economista sta la sfrutta per criticare le posizioni della Fed sotto il presidente Jerome Powell. In una serie di interviste rilasciate a Fortune, Hanke non ha trascurato nessun elemento delle politiche della banca centrale. “La Fed è completamente incompetente”, afferma.

“Non guardano nemmeno all’offerta di moneta. Hanno causato un’enorme impennata della disponibilità di moneta che ha creato inflazione. Ora, non vogliono ammettere che questo abbia qualcosa a che fare con l’inflazione, quindi non menzionano mai la parola ‘denaro’. È la grande cancellazione. Non vogliono avere il cappio dell’inflazione intorno al collo”.

Dove la Fed ha sbagliato sull’inflazione, secondo Hanke

Il monetarismo sostiene che un enorme aumento dell’offerta di moneta finirà per innescare un’impennata dell’inflazione. Hanke cita spesso il mantra di Milton Friedman, il leggendario monetarista che aveva impresso la formula della teoria [MV=PQ] sulla targa della sua Cadillac rossa in California. “L’inflazione è sempre e ovunque un fenomeno monetario, nel senso che può essere prodotta solo da un aumento più rapido della quantità di moneta rispetto alla produzione”.

Oggi la teoria del monetarismo è fuori moda, per usare un eufemismo. Hanke è uno dei suoi pochi esponenti nel mondo accademico. In questo periodo di inflazione di nuovo in crescita, sia la Casa Bianca che la Federal Reserve sostengono che la crescita della massa monetaria non abbia avuto alcun ruolo nella nascita del problema, e non contemplano la possibilità che una corretta gestione di M2, la metrica usata dalla Fed per misurare il denaro, sia il modo per risolverlo. Secondo Hanke, i suoi fallimenti dimostrano che “la Fed sta semplicemente cercando l’inflazione nei posti sbagliati”.

All’inizio dell’anno scorso, prima dell’inflazione, Powell ha dichiarato, davanti al Congresso, che “la crescita di M2 non ha implicazioni importanti per le prospettive economiche”. Dopo l’inizio della ‘Grande inflazione’, l’8 settembre, in occasione di una conferenza del Cato Institute, ha aggiornato la sua dichiarazione: “Gli aggregati monetari non giocano un ruolo importante nella nostra formulazione delle politiche. E non pensiamo che in generale siano un buon modo di pensare alla politica dell’inflazione”.

L’opinione di Powell coincide con il pensiero del suo capo. Nella primavera del 2020, il presidente Biden ha giustificato il suo progetto di spesa di stimolo per trilioni di dollari come un rifiuto del monetarismo, affermando che “non è più Milton Friedman a gestire lo spettacolo”.

Hanke ha visto il disastro in anticipo e lo ha detto in un editoriale del Wall Street Journal del luglio dello scorso anno, scritto insieme a John Greenwood, suo collaboratore di lunga data, ex capo economista di Invesco e architetto del regime monetario di Hong Kong.

Mentre la Fed definiva l’impennata dell’indice dei prezzi al consumo di allora (+5%) come uno shock “transitorio” causato da interruzioni della catena di approvvigionamento, Hanke e Greenwood hanno previsto che l’inflazione avrebbe raggiunto un valore compreso tra il 6% e forse il 9% entro la fine del 2021, e probabilmente sarebbe rimasta elevata fino al 2024.

L’indice ha chiuso l’anno scorso al 7% e quest’anno si è mantenuto all’estremità superiore dell’intervallo di Hanke, attestandosi all’8,3% in agosto. Anche l’ex Segretario del Tesoro Larry Summers ha lanciato un avvertimento sull’inflazione, ma Hanke e Greenwood sono stati praticamente i soli a mettere un numero sulle loro previsioni, e hanno centrato il bersaglio.

La Fed è sulla buona strada per arrivare a una recessione non necessaria, accusa Hanke.

Il fatto che le previsioni di Hanke si stiano rivelando così corrette, significa che è ancora più importante ascoltare gli avvertimenti che sta lanciando in questo momento. È ragionevole discutere sull’esatta influenza che l’offerta di moneta esercita sull’inflazione, ma l’esperienza recente e gli episodi passati suggeriscono che è molto importante, se non l’unico fattore trainante. In una recente intervista a Fortune, Summers ha sostenuto la convinzione che, inondando l’economia con trilioni di nuova moneta, la Fed abbia alimentato l’indice dei prezzi al consumo, utilizzando persino la metafora preferita di Hanke di una “vasca da bagno” monetaria che, se riempita troppo, trabocca nell’inflazione.

Ecco cosa dovrebbe preoccupare tutti gli americani: la banca centrale nega che l’aumento dell’offerta di moneta abbia avuto un ruolo anche minimo nel causare la crisi, quando le prove del mondo reale – per non parlare del buon senso – suggeriscono fortemente che sia stato un fattore importante. Quindi, non dovremmo temere che il piano di Powell per rimediare alla crisi, che ignora anche M2, si ritorcerà contro di noi?

Per questo motivo, chi scrive ha chiesto il parere di Hanke su come l’ignoranza di questa forza monetaria cruciale ci abbia portato in questo guaio, e se la nuova strategia della Fed stia spingendo gli Stati Uniti verso una recessione che non sarebbe affatto inevitabile se i suoi politici tenessero conto dell’influenza dell’apertura e della chiusura della valvola monetaria in questo momento.

Hanke ha esordito passando in rassegna quello che considera il record impeccabile del monetarismo nel prevedere la traiettoria dei prezzi negli episodi inflazionistici del passato, e come i suoi principi si stiano dimostrando ancora una volta lungimiranti. “Non c’è mai stata un’inflazione significativa, con un aumento dei prezzi del 4% all’anno per due o più anni, che non sia stata preceduta da una crescita significativa dell’offerta di moneta”, dichiara. Aggiunge che l’immenso accumulo monetario significa che l’eccesso deve defluire attraverso l’inflazione, e che il processo richiederà un po’ di tempo. “Siamo bloccati con un’inflazione elevata fino al 2024”, afferma. “Ci sarà ancora un enorme eccesso monetario che dovrà essere smaltito. La gente detiene ancora il 20% in più di denaro rispetto al valore dei propri redditi, a causa di tutta la creazione di massa monetaria, e questi soldi verranno spesi, portando più inflazione. La Fed non può fare nulla al riguardo“. Hanke prevede che l’inflazione su base annua si ridurrà solo leggermente, attestandosi tra il 6% e l’8% entro la fine del 2022, per poi terminare l’anno prossimo intorno al 5%, più del doppio dell’obiettivo del 2% fissato dalla Fed.

Ora, Hanke avverte che la Fed ha adottato il regime sbagliato, ignorando ancora una volta l’impatto fondamentale di M2. Le due fonti che alimentano M2 sono il denaro creato dalle banche attraverso nuovi prestiti e i dollari immessi dalla Fed attraverso il quantitative easing (Qe) o l’acquisto di titoli da privati e da istituzioni non bancarie, che danno ai venditori contanti da spendere. Dall’inizio del 2020 fino a circa marzo di quest’anno, le banche hanno concesso prestiti a ritmo sostenuto su tutto, dai mutui alle carte di credito, e la Fed ha aggiunto oltre 4.000 mld di dollari al suo bilancio acquistando obbligazioni, riempiendo i portafogli dei consumatori. Così la massa monetaria è cresciuta di 6,3 trilioni di dollari, ovvero di oltre il 40%, a un tasso annuo di circa il 16%.

È stata l’esplosione di M2 che ha comportato per gli Stati Uniti un’inflazione superiore all’8%. Secondo le stime di Hanke, tre trilioni di dollari in eccesso sono ancora in circolazione nella vasca da bagno monetaria: l’eccesso che si riverserà e manterrà alto il livello dei prezzi fino al 2024.

Negli ultimi sei mesi la crescita della massa monetaria è crollata da due cifre a zero. I prestiti bancari sono rallentati con l’oscurarsi del quadro economico – lo vediamo da mesi nel mercato dei mutui – e la Fed ha invertito il Qe per vendere titoli garantiti da ipoteca e ha lasciato che le sue disponibilità di Treasuries si disperdessero senza sostituirle. In questo processo di Quantitative Tightening (Qt), i cittadini scambiano contanti spendibili con obbligazioni, riducendo il loro potere d’acquisto e facendo diminuire la massa monetaria. L’effetto netto del lancio del Qt e del rallentamento dei prestiti ha fatto sì che M2 passasse da un’espansione esplosiva a una battuta d’arresto, con una brusca e stridente flessione.

Per Hanke, una politica che porta la crescita di M2 a zero significa un disastro. Uno degli errori della Fed, insiste, è quello di affidarsi troppo ai tassi di interesse per contenere l’inflazione. “I tassi di interesse sono importanti solo per il modo in cui influenzano l’offerta di moneta”, osserva. “Sono uno strumento estremamente impreciso e l’impatto di un aumento dei tassi su M2 è altamente imprevedibile”. Hanke sostiene che quando le aziende e i consumatori sono ottimisti sul futuro continueranno a prendere in prestito e a spendere pesantemente anche quando i tassi aumentano rapidamente.

Al contrario, quando le imprese e le famiglie temono il peggio e si rintanano, un aumento dei costi di finanziamento può colpire la spesa e mandare l’economia in tilt.

Questo sembra essere ciò che sta accadendo ora, ed è una minaccia particolarmente grave, secondo Hanke, quando la banca centrale è anche impegnata a ridurre il proprio bilancio con il Qt.

Secondo Hanke, la Fed non si rende conto della gravità delle sue politiche che colpiranno l’economia nei mesi e negli anni a venire. “Powell riconosce di non avere idea se le politiche della Fed in materia di tassi d’interesse e di Qt porteranno l’economia in recessione”, afferma Hanke. “Ma ciò che sta facendo non lascia alcuna possibilità di quell’atterraggio morbido che Powell dice essere ancora possibile. La Fed ha esagerato all’inizio spingendo una crescita monetaria eccessiva, e ora sta raddoppiando l’eccesso di crescita con una stretta eccessiva. Questo sta portando l’economia verso un’enorme recessione“.

Secondo Hanke, per garantire che l’economia continui a crescere è necessario un aumento costante e moderato dell’offerta di moneta, che secondo lui si aggira intorno al 5-6% all’anno. Aumentare M2 quando si ha già molto denaro in eccesso significa che l’inflazione si scaricherà più lentamente”, osserva Hanke, “ma non troppo più lentamente, perché l’economia eviterà una flessione e produrrà più beni e servizi. L’aumento di M2 è fondamentale per mantenere una crescita regolare dell’economia”.

Hanke, un veterano dell’aviazione amatoriale, paragona il compito della Fed di mantenere l’economia a un livello accettabile alla sfida del pilota nel mantenere la giusta elevazione dell’aereo. Il quadrante che indica l’altezza dell’aereo è l’altimetro. L’altimetro dell’economia, dice Hanke, è l’offerta di moneta. È solo questa a determinare il livello di inflazione. “Ma la Fed non ha nemmeno l’offerta di moneta sul suo altimetro”, afferma. “Ecco perché sta volando alla cieca”.

Il percorso corretto consiste nel raggiungere un equilibrio tra la creazione di denaro da parte delle banche e della Fed, in modo che M2 aumenti a un ritmo lento ma costante. Ignorando l’altimetro dell’offerta di moneta, sostiene Hanke, sembra che la Fed stia spedendo l’economia verso un atterraggio di fortuna.

Ad Hanke dà particolarmente fastidio il fatto che Powell invochi Paul Volcker, il famoso presidente della Fed e amico di Hanke che all’inizio degli anni ’80 riuscì a sconfiggere un’inflazione alle stelle, per giustificare la sua linea d’azione. “Sta dicendo: ‘Sono Paul Volcker, ucciderò questa cosa’”, dice Hanke. “Volcker era un monetarista che aveva l’offerta di moneta sul suo altimetro e diceva che c’era un forte legame tra M2 e inflazione. Ora, Powell usa Volcker come stampella”.

Il capo della Federal Reserve Jerome Powell. A settembre la Fed ha alzato i tassi di interesse di 0.75 punti per la terza volta consecutiva.  EPA/JIM LO SCALZO

Quanto sarà profonda e lunga la recessione

Cosa ci aspetta? Ancora una volta, Hanke ritiene che il calendario dell’inflazione sia già bloccato e che, sebbene la traiettoria tenderà gradualmente al ribasso, i prezzi raggiungeranno comunque un formidabile +5% entro la fine del prossimo anno. La grande domanda, quella così incerta per gravità e tempistica, è cosa succederà all’economia. Per Hanke è fondamentale comprendere il ritardo tra le variazioni sostenute dell’offerta di moneta e il loro impatto sull’economia reale. Questo lasso di tempo è in genere compreso tra i sei e i 18 mesi. Quindi, ciò che accade oggi con M2 influenzerà la crescita del Pil in un certo periodo di tempo. La variazione di M2 è composta da due parti, la cui interazione determinerà il futuro andamento di M2 e dell’economia.

La prima componente è quella che la Fed controlla, ossia il contributo della Fed a M2. La seconda componente è il contributo delle banche commerciali attraverso i loro prestiti e crediti. Negli ultimi sei mesi, la Fed ha ridotto la massa monetaria, ma i prestiti bancari sono stati positivi. “In effetti, grazie ai prestiti bancari, il contributo negativo della Fed è stato compensato. Ma ciò che mi preoccupa è che negli ultimi 6 mesi M2 non è cresciuta“, afferma Hanke.

Sappiamo cosa la Fed ha intenzione di fare con il Qt e il tasso dei Fed Funds, sulla base delle sue dichiarazioni e della grande crisi di aprile. L’incertezza riguarda ciò che accade nella parte del settore privato, nel settore bancario. “Se il credito rimane positivo e basta a smorzare il contributo negativo della Fed a M2, l’offerta di moneta si stabilizzerà e avremo una recessione”, avverte Hanke.

“E ciò avverrà in un periodo compreso tra i sei e i 18 mesi. Tenete presente che la crescita di M2 si è azzerata in aprile, quindi l’orizzonte temporale per una recessione è ora tra ottobre 2022 e ottobre 2023“. Ma i prestiti bancari, che rappresentano una forza positiva e di contrasto, sono diminuiti negli ultimi mesi. Se la situazione continuerà ad essere la stessa, “la crescita della massa monetaria diventerebbe negativa. Invece di una recessione più lieve che accompagnerebbe la crescita zero di M2, si avrebbe una recessione molto prima e molto più grave”, osserva Hanke. “Le politiche della Fed sono già pessime in partenza, ma ciò che le rende peggiori è l’incognita della reazione del sistema bancario a un aumento del tasso sui fed funds e se questo si tradurrà in una contrazione dei prestiti bancari che potrebbe aggravare e prolungare una recessione”.

Poiché sappiamo dal canone monetarista che l’inflazione alta regnerà fino al 2023, potremmo essere bloccati da una profonda recessione per tutto il 2023, se le banche si ritirano. Questo è lo scenario di stagflazione tanto temuto da tutti, compresi i funzionari della Fed. Ma, come sottolinea Hanke, la stessa Fed ci sta guidando verso quell’atterraggio di fortuna. Per Hanke, si tratta di una missione suicida. Gli piacerebbe che la Fed rimettesse l’altimetro monetario sul cruscotto, lo osservasse da vicino come stella guida e agisse delicatamente sui comandi per riportare le ali dell’economia a livello. È quello che farebbe un buon pilota. Ma per Steve Hanke, semplicemente non ne abbiamo uno.

L’articolo originale è su Fortune.com

 

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