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Cioccolato etico, il caso Ferrero Farming Values Program

Manca una settimana esatta al Natale. Per qualcuno le caselle del calendario dell’Avvento cominciano a farsi sempre più vuote. La strada che compie il cioccolato prima di finire in quei rettangolini di carta colorata però, parte da molto lontano. E ha a che fare con un clima torrido che c’entra ben poco con il freddo e la neve natalizia. Deforestazione, lavoro minorile. Il giro del cacao non è poi così dolce. Anche per questo l’Unione europea sta finalizzando i regolamenti che cercano di garantire che il cioccolato che entra nel mercato sia libero da sfruttamento e disboscamento. Con non pochi problemi.

I Paesi in cui il consumo di cioccolato pro capite è più alto sono tutti in Europa. Così come sono in Europa gli impianti di produzione di sei delle sette aziende multinazionali che si dividono il mercato finale: l’italiana Ferrero Group, il cui fatturato ha raggiunto quota 12,7 mld di euro nel bilancio 2021 (in aumento del 3,4% rispetto all’anno precedente), è al terzo posto tra i colossi del ‘superfood’ più amato da grandi e piccini. Dopo Mars e Mondelēz International.

Le fave di cacao impiegate per la produzione dei prodotti dolciari, provengono invece da una serie di Paesi in via di sviluppo in Africa occidentale e in America Latina: in questi territori le scarse risorse economiche degli agricoltori, spingono sia a disboscare le foreste per ottenere più terra da coltivare, sia a impiegare bambini come braccianti, che vengono pagati meno degli adulti. Secondo uno studio del 2020 finanziato dal dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, in Costa d’Avorio ci sono circa 790mila bambini (tra i 5 e i 17 anni) che lavorano per raccogliere il cacao, e circa 770mila in Ghana. E per quanto riguarda la deforestazione, tra il 2000 e il 2019 gli agricoltori impiegati nella produzione di fave di cacao hanno distrutto almeno 24mila chilometri quadrati di foresta.

È per questa ragione che sia l’Ue che la Costa d’Avorio e il Ghana, vorrebbero rendere il settore del cioccolato più sostenibile ed equo. In una parola: più etico. Si stima che il mercato globale del cacao ammonta infatti a 125 mld di dollari. Eppure non è difficile intuire che solo una minima parte dei profitti totali di produzione e vendita di cioccolato, e cioè il 5-6%, va ai produttori della materia prima. Ma mentre i Paesi dei coltivatori di cacao chiedono che la materia prima sia pagata di più, per poterla coltivare in condizioni migliori, le multinazionali non sembrano disposte ad aumentarne la spesa.

La posta in gioco è alta: per l’Ue, il cacao è un banco di prova per come le aziende e i produttori reagiscono quando il blocco cerca di imporre standard più elevati. Per i produttori, la spinta a istituire un cartello potrebbe far salire i prezzi a breve termine. Ma il rischio, è quello di stimolare l’eccesso di offerta e alla fine causare un crollo dei prezzi. Che aggraverebbe la povertà già sofferta dalla maggior parte dei coltivatori.

Per cercare di coprire in modo adeguato i costi di produzione, nel 2019 Costa d’Avorio e Ghana – ispirandosi all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC) – avevano istituito un cartello che stabiliva che per ogni tonnellata di cacao venduta a partire dalla stagione 2020/2021, le aziende compratrici avrebbero dovuto pagare 400 euro in più come “differenziale di reddito di sussistenza”. Ma il cartello non basta. Soprattutto quando a dover essere tutelati sono i diritti della persona e dell’ambiente. La strada per una tavoletta di cioccolato etico, allora, forse è stata tracciata, ma è ancora lunga.

Il caso studio Ferrero

In Italia, quando pensiamo al cioccolato, ci viene in mente il marchio italiano per eccellenza: Ferrero. Per questo motivo Fortune Italia ha pensato di chiedere al Gruppo Ferrero, se è vero che la strada verso il cioccolato etico è stata tracciata. E a che punto siamo. Per provare a individuare un caso studio. Quanto è giusto oggi parlare di sostenibilità nell’industria del cioccolato? E quanto saremmo disposti noi italiani – che ad esempio ci lamentiamo se una tazzina di caffè al bar costa un euro e cinquanta, senza considerare i non ritorni ai coltivatori nelle piantagioni di caffè – a pagare di più per un prodotto a base di cacao a garanzia di uomo e pianeta?

Lontani dalla propaganda di facciata, Ferrero afferma che la sostenibilità sia parte integrante dello stesso modo di fare impresa. “Ciò include anche la nostra strategia di approvvigionamento di materie prime: il cacao è naturalmente un ingrediente fondamentale nei nostri prodotti e ci riforniamo principalmente da Costa d’Avorio e Ghana (oltre l’80% del cacao che acquistiamo proviene da questi Paesi). Qui, 147.000 agricoltori sono registrati nel nostro Ferrero Farming Values Program. Tutti ricevono un premio in denaro e sono supportati in linea con il nostro programma sul cacao”, ha spiegato un portavoce del Gruppo di Alba.

Prestare attenzione alla qualità e alla provenienza del prodotto di base, con certificazioni che attestino un equo compenso, un giusto trattamento dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente, dovrebbe essere un aspetto fondamentale per ogni azienda produttrice. Sebbene le multinazionali non possiedono le piantagioni (ma acquistano le fave di cacao dai produttori), l’industria del cioccolato ha una responsabilità etica.

Per il cacao, Ferrero dichiara di adottare un approccio di acquisto di lungo termine: il che significa che mira a costruire relazioni di lungo periodo anche con gli agricoltori. “Il nostro obiettivo è costruire catene del valore e lavorare per mantenerle. Acquistiamo principalmente fave di cacao grezze direttamente da gruppi di agricoltori dedicati. Questo ci consente di comprendere i problemi della nostra filiera e di soddisfare le esigenze dei nostri agricoltori in modo mirato. Operare in trasparenza è un pilastro fondamentale della nostra strategia, il 100% delle aziende agricole da cui ci riforniamo sono certificate e il 96% è tracciabile a livello di azienda agricola e coperto da sistemi di monitoraggio e sistemi volti a contrastare il lavoro minorile“, ha affermato il rappresentante.

Come evidenziato nell’ultimo Cocoa barometer (2022), Ferrero è la prima grande azienda che dichiara di avere il 100% di cacao tracciabile “to the cooperative or first buyer”. Non è un dato secondario: dopo un’inchiesta della BBC, Ferrero aveva reso noto di avere in programma la realizzazione di un piano di rintracciabilità delle materie prime entro il 2020. Non si è trattato di un lavoro facile, ma la promessa è stata mantenuta.

“Le sfide principali sono state, e sono tuttora: frammentazione e micro-dimensioni delle aziende agricole, catene di approvvigionamento multilivello nei Paesi di origine e limiti nei dati e nel consolidamento delle informazioni. Ciononostante, impariamo e miglioriamo continuamente”, hanno affermato da Ferrero.

La maggior parte delle problematiche nella filiera del cacao, come confermato dal Gruppo, sono sistemiche e richiedono Policy strutturali. “È importante che tutti gli attori facciano la loro parte. Siamo stati tra le prime aziende a sostenere pienamente il Living Income Differential (LID) dei governi dell’Africa occidentale poiché riteniamo che, per affrontare i problemi sistemici nella filiera del cacao, siano necessarie soluzioni strutturali a lungo termine. Siamo pienamente impegnati a sostenere i governi locali affinché lo utilizzino per avere un impatto tangibile sugli agricoltori al fine di migliorare i loro mezzi di sussistenza. Con questo in mente, abbiamo firmato insieme ad altre società una lettera di intenti l’8 luglio 2022 per sostenere il governo della Costa d’Avorio e del Ghana per far evolvere il Living Income Differential e creare il giusto meccanismo per sostenere il reddito di sussistenza degli agricoltori. Aiutando a garantire la sostenibilità del settore”, ha detto ancora un portavoce della Ferrero. “Per il contributo alla lotta contro il lavoro minorile, abbiamo attiva un’importante partnership con Save the Children in 85 comunità: che rappresentano una quota significativa del nostro programma di acquisto”.

Ferrero ha definito che le condizioni del Living Income Differential, così come molti altri requisiti non negoziabili, siano inclusi nelle condizioni contrattuali formali con tutti gli accordi con i fornitori. E ora, sostiene attivamente l’adozione della legislazione Ue sulle catene di approvvigionamento, deforestazione, due diligence e lavoro forzato, “per favorire il progresso e condizioni di equità“.

“Crediamo sia importante portare sostenibilità e giustizia sociale nella coltivazione del cacao. E questo può essere possibile a partire innanzitutto da una maggiore trasparenza“, ha riferito la Ferrero attraverso un portavoce. Il ‘papà’ dei prodotti a base di cioccolato che oggi amano di più in tutto il mondo, Michele Ferrero, una volta ha dichiarato che il segreto del suo successo sia sempre stato “Pensare diverso dagli altri e non tradire il cliente”. “È ancora così”, hanno rivelato alla Ferrero.

“Abbiamo iniziato con progetti pilota e li abbiamo scalati rapidamente. Lavoriamo molto sui fattori abilitanti strutturali della sostenibilità: due diligence dei nostri fornitori, mappatura delle nostre catene di fornitura, standard adottati nelle nostre catene di fornitura”, hanno concluso dal Gruppo. Sì, la strada è lunga e in salita. Ma niente è impossibile e c’è chi crede in un mondo più gustoso, ma soprattutto più giusto. Per il quale tutti dovremmo essere disposti a pagare di più.

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