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Turismo, il valore del Brand Italia nel mondo

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L’Italia è un Paese di meraviglie naturali, storiche, monumentali come pochi. E non si può dire che il mondo non lo sappia. Il nostro è un Paese che ha moltissimo da offrire da nord a sud, e una proposta enogastronomica che ci rende unici al mondo.

Secondo l’Istat, le attività connesse al turismo valgono all’incirca 93 miliardi di euro (dati pre-pandemici, ndr). Il settore è uno di quelli che però ha risentito per primo e in modo più violento della pandemia. Le misure introdotte per limitare i contagi nel mondo hanno portato a una quasi completa cessazione delle attività turistiche in maniera improvvisa, diffusa e simultanea. Il turismo internazionale dell’Italia è però tornato in parziale crescita nel 2021.

Secondo l’ultima indagine condotta da Banca d’Italia, la spesa dei viaggiatori stranieri nel nostro Paese è tornata a crescere del 23%, dopo la contrazione del 61% nel 2020. Anche la spesa dei viaggiatori italiani all’estero ha riassorbito parte della flessione registrata nel primo anno pandemico. Entrambi i flussi sono pari a circa la metà rispetto a quelli osservati nel 2019. In un contesto di debole ripresa del turismo internazionale a livello mondiale, la quota di mercato dell’Italia è cresciuta dal 3,6 al 4,2%.

Tra i Paesi esterni alla UE sono tornate a crescere in modo marcato le entrate riconducibili agli Stati Uniti, che nel periodo pre-pandemico rappresentavano il secondo bacino d’utenza dei servizi turistici dall’Italia, dopo la Germania; per contro, le misure per prevenire la diffusione della variante Delta del coronavirus hanno penalizzato gli afflussi dal Regno Unito, ancora in diminuzione nel 2021. Nel primo trimestre del 2022 è continuato il progressivo recupero della spesa dei viaggiatori stranieri in Italia. Insomma, non ci possiamo lamentare!

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Il turismo, inutile a dirlo, rappresenta un settore cruciale della nostra economia. E se i risultati sono in parte soddisfacenti, è il forte potenziale ad esserlo ancora di più, in termini di crescita, occupazione e integrazione sociale e culturale. Covid a parte però, che valore ha il ‘Brand Italia’ nel mondo? Siamo sufficientemente famosi per le nostre bellezze artistiche, quanto effettivamente potremmo? Le comunichiamo abbastanza bene? Lo Stato investe sufficientemente? Lo abbiamo chiesto agli esperti del settore, da diverse prospettive.“L’Italia è una gran dama che si specchia in sé stessa e non attiva tutte le strategie disponibili per essere più sexy e attraente”.

Franco Grasso è caposcuola del Revenue Management in Italia, è considerato uno dei massimi esperti di questa disciplina economica. È Ceo e Founder del Franco Grasso Revenue Team, una delle più grandi aziende specializzate in consulenza revenue management al mondo, con oltre 300 hotel e strutture ricettive clienti.

“Voglio premettere – ci dice – che se vero che l’Italia non è molto allineata alle logiche di mercato necessarie per un ottimale sviluppo del settore turistico, a livello internazionale non è che ci siano molti maestri di riferimento o esempi virtuosi. Dovessi puntare il dito su una singola cosa direi che l’assenza o almeno latitanza di veri investimenti nel settore della promozione turistica rappresenta il primo problema seguito a ruota dalla qualità degli investimenti. Credo che quanto fatto in questa direzione fino ad adesso non sia stato molto presentabile e ritengo che sebbene si siano scomodati sicuramente professionisti egregi non credo che questi sapessero di turismo, che è una disciplina complessa che in pochi considerano”.

“Dall’alto”, per Grasso, non si fa abbastanza. “Manca uno Stato che sia consapevole del percorso virtuoso da portare avanti. Le associazioni di categoria poi, molto ascoltate a livello istituzionale, sono troppo spesso auto-referenziate e gestite in maniera tradizionale. Nessuno vuole cambiare, nessuno vuole rischiare. Tutti cercano il consenso che ovviamente va a discapito del risultato”.

Nozioni di marketing del turismo

Nelle logiche di marketing la funzione fondamentale del brand è quella di creare valore distintivo, di consentire cioè non solo il riconoscimento di un prodotto o di un’azienda, ma di rendere immediata l’associazione con una serie di elementi positivi. Funge perciò da fattore fondamentale di stimolo alla percezione di tutti i soggetti/consumatori con cui viene in contatto. Nel campo turistico vale lo stesso discorso.

“È ormai assodato che il destination branding costituisce uno degli elementi di base della strategia di marketing turistico, dal quale non dovrebbe prescindere alcuna destinazione per essere tale”, afferma a Fortune Italia Umberto Martini, professore ordinario di economia e gestione delle imprese presso l’Università di Trento, titolare dei corsi di Marketing del turismo e di Marketing progredito, membro della International Association of Scientific Experts in Tourism (AIEST), Università del San Gallo (CH).

“Il brand Italia esiste di sicuro, a livello di percezione da parte dei turisti internazionali, certo è che la mancanza di un organismo centrale che possa realmente incidere sulle scelte e sulle strategie tende purtroppo a depotenziarlo, limitandolo ad essere un logo di cui i singoli territori e le singole destinazioni possono decidere, o meno, di fare uso. Sempre secondo i principi di marketing, infatti, il brand deve andare di pari passo con la politica di prodotto, per avere un ruolo cruciale nel posizionamento strategico della marca”.

E allora quali sono i punti di miglioramento? “Probabilmente il marketing turistico dell’Italia dovrebbe entrare di più nella logica del ‘prodotto’ e della ‘commercializzazione’, mentre fino ad ora rimane centrato sulla comunicazione. Del resto, il fatto che la promozione del turismo sia di competenza delle singole regioni non aiuta alla definizione di una vera e propria ‘strategia nazionale’ del turismo, come prevede invece l’applicazione delle buona pratiche di destination management”. Insomma, senza una vera politica di offerta, indirizzata a mercati definiti, e basata su un attento posizionamento valoriale del brand Italia, è difficile pensare di competere in un contesto divenuto globale.

“L’Italia, nel mondo, è città d’arte, cultura, moda, artigianato, cucina e vini di grande pregio. Non è ‘solo’ mare e montagna, anche se ha l’intera catena delle Alpi e gli Appennini, ed è circondata dal mare con svariate isole di inestimabile bellezza. Anche questo dovrebbe far riflettere!”.

Ivana Jelinic, Ad Enit
Ivana Jelinic, Ad Enit

Anche la neo Ad di Enit (l’Agenzia Nazionale del Turismo) Ivana Jelinic, proprio in un’intervista rilasciata al nostro magazine, aveva detto che bisogna “massimizzare l’operatività e liberare il potenziale della penisola e la sua identità cambiando anche i linguaggi comunicativi e promozionali per portarla ad un livello di accoglienza sempre più performante e personalizzabile nelle esperienze. L’arte, la cultura, la sostenibilità, l’innovazione digitale, il food, la moda sono tra i primi canali di network per fare sistema e amplificare l’identità italiana. La leva del turismo italiano cresce sempre di più e ha incidenza sull’economia”.

Ivana Jelinic, giovane Ad di Enit: cultura, moda, cibo sono alcuni dei punti di forza del turismo italiano

Cosa fare per promuovere il nostro Paese all’estero?

Ruben Santopietro, Imprenditore, esperto in marketing del territorio, è dal 2016  Fondatore e CEO di ‘Visit Italy’. Con il suo team si occupa di ispirare viaggi che creino valore per le comunità locali, rispettino gli ecosistemi e promuovano eccellenze e diversità di ogni territorio italiano. Ha insegnato Publishing Marketing alla Luiss e collaborato con multinazionali del calibro di Coca-Cola, GoDaddy o Turkish Airlines.

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Il sito visitItaly.eu

“Nonostante il sopraggiungere della crisi pandemica abbia segnato una battuta d’arresto nella crescita degli ultimi anni – dice a Fortune Italia -, le misure del governo e le risorse europee stanno avendo un impatto importante nella ripartenza e daranno un boost alle attività del settore, soprattutto nei prossimi anni. L’aumento degli investimenti in infrastrutture segna un cambio di passo evidente rispetto al passato e permetterà al Paese di sanare alcune criticità e ritardi infrastrutturali, oltre che innescare un circolo virtuoso a beneficio della competitività delle nostre imprese e dell’economia italiana nel suo complesso”. Con una community online di oltre 3,1 milioni di viaggiatori, www.visitItaly.eu è il primo canale di promozione indipendente dell’Italia nel mondo. Nasce con l’obiettivo di raccontare l’Italia attraverso gli occhi di chi la abita, realizzando campagne di promozione volte alla crescita dell’occupazione locale e al mantenimento dell’identità culturale delle destinazioni.

Per Santopietro si deve accelerare la comunicazione tra pubblico e privato: “Occorre costruire un messaggio capace di attrarre un turismo più consapevole, vettore di sviluppo per le comunità del posto ed importante volano per l’occupazione locale. La crescita del ‘brand Italia’ è racchiusa nella capacità di attuare questo piano nel prossimo futuro”. Alla domanda se si può dire che comunicare il turismo fa parte di una tecnica di soft power rilevante per un Paese come il nostro che da nord a sud ha tra le bellezze paesaggistiche e culturali più belle al mondo, Ruben Santopietro non ha dubbi nel rispondere: “Assolutamente sì. Sviluppare nuove visioni e prospettive di marketing territoriale può rappresentare un approccio importante per la crescita di ogni territorio. I viaggiatori sono i migliori ambasciatori possibili per una destinazione, dopo che la loro esperienza si è conclusa. Recensioni, promozione dei portali digitali e blog sono vettori potentissimi per comunicare una località. Promuovere un luogo non è esattamente come promuovere un brand o un prodotto, ma è qualcosa di molto più ampio. Vuol dire valorizzazione a largo spettro tutto ciò di cui la natura e il passato ci hanno dotati, promuovere l’eccellenza, l’identità di un luogo, creare intenzionalmente valore turistico a partire da ciò di cui si dispone”.

Esattamente come ci dice anche Giancarlo Dall’Ara, presidente dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei (APM), già docente di marketing nel turismo nel corso di laurea di economia dell’Università di Perugia. “Il marketing – ci dice con convinzione – è fondamentale per qualsiasi attività, tanto più nel turismo o nel campo della cultura. Grazie al marketing anche realtà minori hanno la possibilità di essere visualizzate, di ‘bucare lo schermo’. Io ritengo però che molto più importante del marketing è la proposta: più questa è originale e più riesce ad essere di appeal. Il nostro appeal è tanto più forte quanto più siamo coerenti con le attese della domanda. E le attese della domanda sono di una proposta ‘italiana’, diversa da quelle degli altri, che sia ‘non standard’, ma sempre più originale e legata alle nostre radici”.

caccamo borgo sicilia
Caccamo, Sicilia. Un borgo medievale siciliano.

Glocal è meglio

Insomma è il ‘glocal’ a vincere la sfida del turismo: internazionali sì, ma con una forte attenzione al locale, alle radici, alle caratteristiche proprie di un luogo. È per questo che la sfida di Giancarlo Dall’Ara è ben riuscita. È stato il primo in assoluto a dare fiducia all’idea dell’‘albergo diffuso’, un vero e proprio albergo che è in grado di offrire tutti i servizi alberghieri: dall’accoglienza all’assistenza agli ospiti, dagli spazi comuni al punto ristoro, dal servizio in camera alla pulizia quotidiana. A differenza degli hotel tradizionali, non si costruisce, ma nasce mettendo in rete case molto vicine tra di loro che diventano le camere di un albergo orizzontale, e che ha la hall in una di queste case. Un’esperienza unica pensata per turisti non convenzionali, residenti temporanei che alloggiano in case vere, in mezzo a case abitate da residenti veri.

L’“albergo diffuso” ha origine in Carnia, nel 1982 all’interno di un gruppo di lavoro che aveva l’obiettivo di recuperare turisticamente case e borghi ristrutturati a seguito del terremoto degli anni ’70. Questo modello di ospitalità è stato poi messo a punto da Dall’Ara che ha fatto leva su una specificità tutta italiana, quella dell’ospitalità.

“Oggi l’albergo diffuso è riconosciuto a livello internazionale – ci dice -. Quest’anno c’è stata la prima apertura anche in Africa. Il successo di questa modalità di turismo tutta italiana ha avuto molto successo nel mondo, anche perché ha mantenuto il nome in italiano dappertutto nel globo ed è quindi vista come una nostra specificità”. Solo nel Belpaese esistono circa 250 alberghi diffusi. Il Pnrr prevede misure per il rilancio di 250 borghi italiani attraverso due linee di azione con 420 milioni di euro a 21 borghi individuati da Regioni e Province autonome e 580 milioni di euro ad almeno 229 borghi selezionati tramite avviso pubblico rivolto ai Comuni. Soldi che serviranno a rivitalizzare anche il turismo locale e dunque la loro economia. Per Dall’Ara si tratta di “una misura importantissima per il turismo. A dimostrazione che il marchio Italia è vincente, io ritengo che il successo internazionale di una realtà italiana come quella degli alberghi diffusi, possa essere un esempio concreto. Sono tornato da poco in Giappone a certificare nuovi alberghi diffusi, segno evidente che il fenomeno è in crescita anche in posti molto lontani da noi, ma che ne apprezzano l’idea”.

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Turismo in Italia, l’offerta di lusso è all’altezza delle aspettative?

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L’offerta turistica si può declinare in diversi modi. Una di queste è sicuramente quella di lusso. Perché cultura sì, ma comodità e vizi anche, per chi può permetterselo. Per Arianna Savona, Senior Advisor Hotel Development, “le strutture di lusso in Italia sono molto allineate alle aspettative della clientela alto spendente, abbiamo un tasso di soddisfazione tra i più elevati in Europa, con servizi e prodotti che da soli, almeno alcuni, diventano destinazioni, generando plusvalore e ricadute positive sui territori ospitanti. Molti degli hotel di lusso sono parte di brand internazionali che fanno scuola anche da noi, trasferendo know-how e standard di qualità che, in abbinamento alla nostra capacità di fare accoglienza, rappresentano un unicum imbattibile se ci confrontiamo con altri Paesi.

Nell’ospitalità di alta gamma ci adeguiamo agli standard internazionali, siamo permeabili ai canoni di accoglienza contemporanea e molti brand sono a caccia di opportunità nel nostro Paese proprio nei segmenti Upscale e Luxury, dove si generano i maggiori profitti”. Per Savona seppur “godiamo di interesse da parte del pubblico internazionale, ci mancano le sinergie, la capacità di organizzare i territori in modo integrato e supportando i valori di ecologia, rispetto del clima e la stabilità politica che potrebbe dare continuità a strategie mirate alla crescita e consolidamento.

Un elemento che riscontro carente è anche la formazione degli addetti, parlando per esempio di ospitalità; ci sono poche punte di diamante che sono naturalmente vocate al servizio con passione e curiosità, il resto poco stimolo a crescere e migliorare, competendo con mercati più maturi e preparati che possono sottrarre mercato. Da sempre sono impegnata nella formazione continua, credo molto nello strumento dell’aggiornamento e del confronto e sogno per il nostro Paese di riprendersi il podio nella qualità dell’accoglienza”.

L’Italia ha circa 33.000 strutture ricettive, delle quali la metà sono alberghi 3 stelle che compongono l’ossatura della nostra ospitalità. “Ci sono regioni – dice Savona – dove i nostri hotel tre stelle sono notevoli e addirittura con servizi al di sopra del minimo richiesto, altre regioni dove, invece, non riusciamo a garantire servizi adeguati a rispondere alle giuste aspettative. Ecco che ritorna l’elemento formazione, oltre alla capacità di programmare una manutenzione adeguata con investimenti di rinnovamento e adeguamento nello stile e nella conformità alla sicurezza, criteri ESG, funzionalità e attrattiva. Per le infrastrutture, conosciamo bene, per esempio, il tema dei collegamenti: molta strada dobbiamo ancora percorrere per avere una copertura coerente tra Nord, Centro e Sud, la cosiddetta intermodalità di connessioni aria-terra-mare dei diversi mezzi di trasporto esistenti, con conseguente crescita di valore delle diverse destinazioni. Vero è anche che alcuni territori sono stati preservati dalla difficoltà di raggiungibilità, ma oggi la necessità di crescita economica, occupazione, sviluppo sostenibile e produttività sono elementi imprescindibili per tornare ad essere competitivi e permanere tra i migliori. Rete e collaborazione tra le istituzioni e i privati sono elementi essenziali per generare qualità e ricchezza, confermando la nostra attrattività a livello internazionale”.

La digitalizzazione, volàno di crescita determinante per il settore turistico

robot umanoide turismo

C’è una certezza che sicuramente esiste tra gli esperti che abbiamo intervistato, ed è che ancora molto deve essere fatto per digitalizzare il settore. Il mondo del travel e dell’hospitality avverte sempre più l’influenza dell’intelligenza artificiale, una tecnologia in grado di trasportare viaggiatori e mete in una nuova dimensione grazie a innovazioni di ultima generazione. Lo sa bene Ernesto Di Iorio, Ceo di QuestIT, azienda informatica toscana che nasce come spin off dell’Università di Siena: “L’intelligenza artificiale – dice a Fortune Italia – eleva il settore turistico in diversi modi, in primis fornendo un’assistenza sempre accessibile e disponibile in multicanalità (dal sito, con whatsApp con un messaggio vocale) attraverso cui poter trovare la meta più adatta, il viaggio o l’hotel più consono alle proprie necessità, ma anche supportare nelle attività di prenotazione, check-in e check-out in hotel e aeroporti attraverso un totem interattivo. Inoltre, grazie ad ambientazioni 3D, è possibile invogliare i turisti a far visita nelle proprie città con un assistente virtuale che, immerso nell’ambientazione della città, può far vivere un’esperienza immersiva portando alla scoperta delle attrazioni culturali della città, tra le bellezze e le unicità. Con la possibilità di parlare nella lingua che desiderano”.

Il tutto attraverso quello che viene definito AI Travel Agent, “un vero e proprio agente di viaggio capace di organizzare e pianificare viaggi a supporto dei clienti. L’AI agent acquisisce informazioni sulle preferenze degli utenti attraverso delle domande e procede con la selezione dei pacchetti viaggio o delle mete, ma anche strutture e hotel più in linea con i desideri degli utenti. Inoltre supporta i viaggiatori sia nell’organizzazione pre-viaggio, sia durante il viaggio, dando loro informazioni utili come il numero di un taxi o i numeri di emergenza del luogo”. Le applicabilità di soluzioni di intelligenza artificiale nel turismo sono numerose e le opportunità sempre crescenti. Forse il segreto è proprio qui, come sempre, nella dialettica. Fra antico e moderno. Fra tradizionale e digitale. Fra passato e futuro.

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