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Calo demografico, rischio chiusura per gli atenei del sud e più immatricolati al Nord

Il calo demografico mette a rischio la sopravvivenza di molti atenei italiani: a certificarlo è Talents Venture, società di consulenza specializzata in istruzione universitaria, secondo la quale il declino demografico può mettere in crisi molti corsi sia per motivi numerici che finanziari: nell’anno accademico 21/22, il 18% dei corsi di laurea aveva 20 iscritti o meno al primo anno, con una concentrazione dei corsi a numerosità ridotta nel Mezzogiorno.

Inoltre se il gettito relativo ai corsi di laurea registrasse una contrazione pari a quella della popolazione di 18-21 anni, le minori entrate nel 2040 rispetto al 2020 potrebbero ammontare a oltre 600 milioni, un valore prossimo a quello che oggi realizzano i 7 atenei statali con il gettito maggiore dai corsi di laurea. “Parlare di declino demografico significa discutere dell’esistenza stessa di molte sedi didattiche oggi attive.

Le preoccupazioni riguardano soprattutto i territori più fragili, come quelli del Mezzogiorno, in cui gli atenei dovrebbero essere fondamentali leve di sviluppo. Si pensi che le 15 sedi didattiche presenti nei territori che registreranno il declino demografico più severo entro il 2030 sono tutte situate nel Mezzogiorno, e 6 di queste avevano già meno di 100 studenti iscritti al primo anno nell’anno accademico 2021/22”, commenta Pier Giorgio Bianchi, Ceo e Co-Founder di Talents Venture.

Gli atenei che potrebbero vedere ridursi maggiormente in termini percentuali gli immatricolati “in sede” (cioè senza considerare i “fuori sede”, che arrivano nelle sedi didattiche da altre province) sono Enna Kore, Basilicata, Foggia, Sannio e Federico II. Questi atenei – secondo il report – potrebbero assistere a una riduzione degli immatricolati “in sede” nelle proprie sedi didattiche tra il 15% e il 24% entro il 2030 rispetto all’anno accademico 2021/22. La riduzione demografica del Mezzogiorno riguarderà direttamente anche i grandi atenei del Centro-Nord, che dalle regioni del Sud e dalle Isole attraggono molti fuori sede. L’università La Sapienza, per esempio, potrebbe registrare riduzioni degli immatricolati fuori sede provenienti da altre regioni al 2030 del 6% rispetto ai valori dell’anno accademico scorso, a causa della diminuzione della popolazione di 18-21enni che in questi anni riguarderà Sicilia, Puglia, Campania, Calabria e Basilicata.

Nel 2040, tutti i 10 grandi atenei che oggi attraggono il maggior numero di immatricolati da altre regioni – Bologna, La Sapienza, Ferrara, Politecnico di Milano, Milano Cattolica, Perugia, Padova, Parma, Torino Politecnico e Trento – secondo Talents Venture potrebbero registrare contrazioni nelle immatricolazioni di fuori sede da altre regioni superiori al 20%.

Nelle conclusioni, gli economisti di Talents Venture sottolineano da una parte la necessità di un coordinamento a livello nazionale, che accompagni gli atenei nelle sfide legate ai trend demografici, evitando l’ingenerarsi di squilibri non governati interni al sistema universitario ed assicurando risorse finanziarie destinate ad investimenti, a partire da quelle del Pnrr destinate alle residenze universitarie. Dall’altra la necessità di iniziative specifiche a livello di singoli atenei e territori, volte all’analisi dei trend demografici in atto presso i propri “bacini” di riferimento e al rafforzamento della sostenibilità della propria offerta formativa.

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