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A Piazza Affari effetto guerra, più delisting e meno Ipo 

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La guerra in Ucraina, l’inflazione con il conseguente aumento dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali, hanno rappresentato la tempesta perfetta per i mercati dei capitali che, l’anno scorso, hanno registrato una delle peggiori performance in “termini di distruzione di valore a livello mondiale”. Solo negli Stati Uniti, secondo l’osservatorio sul mercato dei capitali realizzato da Equita nell’ambito della partnership con l’Università Bocconi, la perdita di valore dei titoli azionari e obbligazionari è stata due volte superiore a quella registrata durante la crisi del 2008.

Una situazione che a partire dai primi mesi del 2023 sta registrando una inversione di tendenza con un ritorno di fiducia da parte degli investitori, grazie ai segnali di rallentamento dell’inflazione, l’apparente superamento della crisi energetica, la convinzione che i tassi di interesse siano giunti quasi ai massimi e la speranza che la riapertura cinese post pandemia possa dare un impulso positivo all’economia. Il 2022 è stato un “anno difficile per i mercati dei capitali”, spiega Adrea Vismara, amministratore delegato di Equita.

“I dati – aggiunge – del nostro settimo osservatorio, però, confermano che tali difficoltà perdurano da anni e sono dovute soprattutto a condizioni di sistema”. Analizzando l’andamento del mercato azionario nel 2022, e più in particolare guardando alle offerte pubbliche iniziali (Ipo) emerge una importante contrazione dei volumi, con un significativo calo di nuove quotazioni rispetto all’anno precedente (-80%). C’è stata un’assenza pressoché totale di operazioni di dimensione significative nel secondo semestre del 2022, ad eccezione dell’Ipo di Porsche.

A Piazza Affari, inoltre, ci sono stati delisting per 40 miliardi circa ma nuove Ipo per soli 1,5 miliardi (0,6 miliardi su Euronext Milan e 0,9 miliardi su Euronext Growth Milan). Anche sul fronte dell’equity capital markets i volumi sono stati pari a 5,7 miliardi, con una contrazione del 22%. Anche il numero di operazioni è risultato in diminuzione, da 29 nel 2021 a 13 nel 2022 (-55%). Importante, inoltre, è stato il peso degli aumenti di capitale (3,6 miliardi), tra cui quelli di Saipem e Monte dei Paschi di Siena, pari al 63% dei volumi complessivi.

Per quanto riguarda il debito europeo e limitatamente al mondo corporate, nel 2022 il primato per volumi di emissioni è detenuto dalla Germania, seguita dal Regno Unito e dalla Francia. L’Italia si posiziona come quinto paese dopo l’Olanda.

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