Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, spiega come sta affrontando la questione del rafforzamento degli organici per rispondere alle sfide criminali che arrivano dalle mafie, dal terrorismo estero e dai criminali del web.
Nel cuore della Roma istituzionale, entriamo nel Palazzo del Viminale, concepito e fatto realizzare da Giovanni Giolitti. Accedendo agli ampi cortili articolati in percorsi incrociati, saliamo lo Scalone d’onore che porta allo Studio del ministro, dove spiccano i numerosi dossier che quotidianamente deve affrontare. Matteo Piantedosi, napoletano con origini irpine, quando ci fa accomodare per l’intervista è appena uscito da una serie di riunioni. L’impressione è quella di avere a che fare con un uomo concreto e determinato. È un tecnico prestato alla politica, fino a pochi mesi fa era un Prefetto della Repubblica. Insomma, comunque la pensiate, una cosa è certa: Piantedosi è uno che di lotta alla criminalità organizzata, confisca di patrimoni mafiosi, contrasto alla criminalità cibernetica, immigrazione e altri temi relativi alla sicurezza interna e alla difesa dei cittadini se ne occupa con cognizione di causa.
Ministro, sulla sicurezza e la percezione della sicurezza nelle nostre città, le statistiche dei reati dicono che l’Italia è tra i Paesi occidentali uno dei più sicuri. Resta il tema, però, del rafforzamento degli organici per rispondere alle sfide non solo della criminalità organizzata e comune ma anche del terrorismo internazionale e dei criminali del web.