Nei suoi dati definitivi l’Istat ha limato al ribasso il tasso di inflazione di febbraio portandolo da 9,2 al 9,1%. Da gennaio il rallentamento è stato quindi di quasi un punto percentuale, rallentamento più marcato rispetto a paesi come Francia e Germania. A febbraio in Francia l’inflazione è addirittura aumentata dal 6 al 6,3% mentre in Germania si è mantenuta stabile all’8,7%. A fare la differenza è stato l’intervento dell’Arera, l’Autorità regolatoria pubblica di elettricità, gas e acqua, sul prezzo delle bollette del gas nel mercato tutelato che nel mese di febbraio ha deciso un calo del 13% dei prezzi, portando il gas a 86,45 centesimi a metro cubo. Il calo ha riguardato un terzo degli italiani e ha avuto anche effetto sulle bollette di chi si trova con contratti a libero mercato (i prezzi fissati da Arera nel mercato tutelato finiscono per essere una sorta di benchmark del settore).
“Il rallentamento dell’inflazione si deve, in primo luogo – spiega infatti l’Istat – all’accentuarsi della flessione su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da -12,0% a -16,4%) e alla decelerazione di quelli degli Energetici non regolamentati (da +59,3% a +40,8%). Tuttavia a febbraio l’inflazione sembra aver preso due teste: una è quella dell’indice medio dei prezzi e un altro è quello dei prezzi dei beni di maggior consumo, in particolare gli alimentari (+15,5% i lavorati) e del cosiddetto carrello della spesa. Fino ad ora i due andamenti procedevano paralleli, entrambi in lento rallentamento, con i prezzi del carrello della spesa di circa un punto sopra l’indice generale, da febbraio però mentre la curva dell’indice generale ha continuato a scendere, la curva del prezzi dei beni più necessari ha continuato a salire, toccando un +12,7%: adesso la forbice fra i due indicatori è di quasi 4 punti.
In altre parole l’inflazione si sta accanendo sulle persone con reddito più basso e su chi ha redditi fissi non modulati all’andamento dell’inflazione. Se non ci si limita al “carrello della spesa” e si prendono in considerazione i beni di largo consumo nel loro complesso, la situazione peggiora e si tocca un’inflazione “teorica” del 16% come rileva l’analisi mensile di Nielsen sui beni a largo consumo. Di fronte a questo quadro, le organizzazioni dei consumatori, a cominciare da Adoc chiedono con urgenza la convocazione di un tavolo alla Commissione Alert Prezzi con all’ordine del giorno “gli aumenti spropositati dei prezzi di largo consumo, a partire da quelli della grande distribuzione organizzata”. “I prezzi devono diminuire immediatamente. È un impegno che l’Adoc, insieme alle altre associazioni, sta portando avanti per sollevare le famiglie dall’eccessivo peso dei continui rincari non più sopportabili. Le persone sono più povere e tagliano dove possono, mangiano meno, abbassano il livello della qualità, tagliano addirittura le spese di cura” dice la presidente Anna Rea. Tornando al carrello della spesa e ai beni alimentari, Coldiretti segnala l’aumento monstre dello “zucchero”, bene primario schizzato a +55%, di cui – ci ricorda l’importante organizzazione agricola – “l’Italia è fortemente deficitaria” anche a causa di una improvvida ristrutturazione europea che all’inizio di questo millennio impose di ridurre drasticamente la produzione nazionale.