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Diritti umani e tecnologie: luci e ombre

Il ruolo che il tech svolge in materia ambientale è piuttosto evidente. Basti pensare alle soluzioni di economia circolare. Meno intuitivo è il legame tra innovazione, diritti umani e diversity 

Innovazione e sostenibilità sono due componenti fondamentali del percorso di crescita e di resilienza di qualsiasi azienda, a prescindere da comparto, fatturato e modello di business. Il ruolo che le nuove tecnologie svolgono in materia ambientale è piuttosto evidente. Basti pensare alle soluzioni di economia circolare. Meno intuitivo è il legame tra innovazione, diritti umani e diversity e l’impatto che una nuova tecnologia può apportare in ambito sociale. Questo il tema centrale della Commission on the Status of Women tenutasi a marzo presso il Quartier generale delle Nazioni Unite a New York alla presenza dei principali esperti ed esperte di settore, con l’obiettivo di concordare un approccio condiviso al tema e disegnare lo stato dell’arte delle possibili soluzioni per il superamento del cosiddetto divario di genere digitale.

La creazione di posti di lavoro per la lotta al divario di genere

Il Women20 a presidenza tedesca nel 2017 già segnalava che, nei 10 anni a seguire, tra il 60% e il 70% delle professioni nei Paesi G20 sarebbe stato ‘digitalizzato’ con la conseguente creazione di tantissimi posti di lavoro in ambito STEAM (scienza, tecnologia, ingegneria, arti e matematica). Se il superamento del divario di genere passa anche dall’aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ciò significa che le nuove professioni sono una chiave di volta per il supporto all’occupazione femminile. Numerosi studi di settore, tuttavia, sottolineano come ancora oggi la percentuale delle donne occupate in professioni digitali e STEAM sia ancora piuttosto ridotta in quanto persiste radicato lo stereotipo di non predisposizione naturale di donne e ragazze rispetto alle materie scientifiche. Se si considera poi che sono circa 120mila i posti di lavoro che si verranno a creare con la transizione energetica, questo fenomeno si propaga anche verso i cosiddetti green e blue jobs, i quali richiedono una ampia varietà di professionalità umanistiche ma anche dettagliate competenze tech e digitali. Solo tramite percorsi educativi, e di formazione, e campagne di divulgazione si potranno scardinare questi paradigmi limitanti e investire affinché il pieno potenziale delle donne sia espresso anche nel mercato del lavoro STEAM e green.

La cybersecurity per il contrasto alla condivisione non consensuale

Con circa 36 milioni di italiani sui social media, è aumentata l’opportunità di accesso alle informazioni e la capacità di comunicazione e interazione tra gli utenti. Tuttavia, sono ancora numerose le sfide in atto in ambito di sicurezza online, prevenzione contro la pedo-pornografia e la diffusione di materiale intimo non consensuale. Per non parlare dei numerosi episodi di violenza online. Se da un lato le nuove tecnologie e le piattaforme hanno un infinito potenziale sociale, educativo che migliora la qualità delle vite di tutti, troppe sono ancora le problematiche aperte. Di recente l’organizzazione britannica Revenge porn helpline (Rph), da tempo impegnata nel contrasto al revenge porn, ha lanciato la Campagna internazionale StopNCCI.org, un progetto, supportato finanziariamente anche da Meta, che permette di combattere la diffusione non consensuale di materiale intimo, attribuendo ad ogni foto e video una impronta digitale chiamata hash. Si tratta di un codice univoco indelebile che permette di marchiare i propri contenuti e di bloccarli immediatamente in caso di diffusione non consensuale su piattaforme social e sistemi di messaggistica online. Il progetto, presentato anche durante uno dei side event delle Nazioni Unite, ha visto al momento l’adesione di numerose piattaforme, da Facebook ad OnlyFans, e altre si uniranno a breve. L’innovazione tecnologia va poi unita a programmi educativi, affinché progressivamente prenda piede un vero e proprio cambiamento culturale basato su rispetto, consenso, tutela relativa a dati, immagini e video altrui.

L’impatto delle tecnologie sui diritti umani

Le tecnologie hanno un ruolo contraddittorio sia nella tutela che nella violazione dei diritti umani.

Basti pensare che la maggior parte dei device che ci circondano è fatta di cobalto, uno dei più famosi minerali da conflitto, che proviene per l’80% dalla Repubblica Democratica del Congo. Secondo Unicef sono 40mila i bambini che estraggono a mani nude il cobalto. Questo fenomeno, si unisce poi, denuncia Amnesty, allo sfruttamento di migliaia di lavoratori irregolari, che senza contratto, orario e con una paga da fame, mettono a rischio la propria salute nelle miniere. Al contempo in paesi in cui le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno, i dispositivi sono cruciali alleati per mantenere la comunicazione tra cittadini e supportare società civile e attivisti nell’organizzare attività di formazione, anche quando, come nel complicato caso dell’Afghanistan, l’istruzione viene progressivamente negata a donne e ragazze. In questi contesti, giocano un ruolo fondamentale anche le Big Tech, sulle quali cade anche l’onere di non scendere a compromessi con governi non democratici e continuare a garantire, laddove infrastrutturalmente possibile, la connettività; e al contempo tutelare dati e contenuti dei difensori dei diritti umani senza comprometterne la vita.

Una relazione complicata, quella tra tecnologie e diritti umani, che merita attenzione e che porta a riflettere sull’immenso potenziale per la tutela a 360° delle persone.

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