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Bce alza i tassi dello 0,25%: inflazione ancora troppo elevata

I ‘falchi’ cominciano ad indietreggiare a Washington, ma ancora dominano Francoforte: mentre la Federal Reserve americana inizia a parlare di una possibile pausa nella stretta sull’economia (anche se intanto rialza i tassi di 25 punti base), in Europa “le prospettive di inflazione continuano a essere troppo elevate da troppo tempo”. Iniziano così le comunicazioni della Bce sul nuovo innalzamento da 25 punti base dei tre tassi di interesse di riferimento della Banca centrale, decisi nella seduta di oggi del Consiglio direttivo.

Si confermano quindi le previsioni di quegli analisti che avevano visto nelle stime sull’economia dell’Eurozona (e della Germania) un possibile indizio sulla mossa dei ‘falchi’ di Francoforte: ovvero, continuare a stringere sui tassi per tenere a bada l’inflazione, ma senza esagerare. Si stimava anche un possibile rialzo di 50 punti base, cioè uguale ai tre precedenti.

Pil Eurozona: il Sud cresce, la Germania no. La Bce ne terrà conto?

I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 3,75%, al 4,00% e al 3,25%, con effetto dal 10 maggio 2023.

Come sempre, tra i punti più importanti delle comunicazioni della Bce ci sono quelli riguardanti le decisioni future del Consiglio direttivo. Mentre in America la Fed parla di una pausa, in Europa le prossime mosse “assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati a livelli abbastanza restrittivi da conseguire un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine e siano mantenuti su questi livelli finché necessario”.

Come comunicato anche in occasione del rialzo precedente, “il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati per determinare livello e durata adeguati della restrizione. In particolare, le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di riferimento continueranno a essere basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione alla luce dei dati economici e finanziari più recenti, sulla dinamica dell’inflazione di fondo e sull’intensità della trasmissione della politica monetaria”.

Alla base delle decisioni europee c’è, da mesi, sempre lo stesso elemento.

Bce, priorità numero uno: l’inflazione

L’inflazione complessiva ha registrato una riduzione negli ultimi mesi, dicono da Francoforte, sebbene le pressioni di fondo sui prezzi restino intense. “Al tempo stesso, i passati incrementi dei tassi di interesse si stanno trasmettendo con vigore alle condizioni monetarie e di finanziamento nell’area dell’euro, mentre il ritardo e l’intensità della trasmissione all’economia reale rimangono incerti”.

Ma non ci sono i tassi di interesse, anche se sono lo strumento principale usato dalla Bce per la lotta all’inflazione. In parallelo, il Consiglio direttivo continuerà a ridurre il portafoglio del Programma di acquisto di attività: comunica che il portafoglio del PAA si sta riducendo a un ritmo misurato e prevedibile, “dato che l’Eurosistema reinveste solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza. Il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine di giugno 2023. Il Consiglio direttivo prevede di porre fine ai reinvestimenti nell’ambito del PAA a partire da luglio 2023”. Per quanto riguarda il PEPP (pandemic emergency purchase programme), il Consiglio direttivo intende reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma almeno sino alla fine del 2024.

Non mancano le rassicurazioni sulla tenuta del sistema finanziario e sulle dinamiche dei mercati, ancora scossi dai crolli nel mondo delle banche. La Bce “dispone di tutti gli strumenti necessari per fornire liquidità a sostegno del sistema finanziario dell’area dell’euro, qualora ve ne sia l’esigenza. Inoltre, lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria può essere utilizzato per contrastare ingiustificate, disordinate dinamiche di mercato che mettano seriamente a repentaglio la trasmissione della politica monetaria in tutti i paesi dell’area dell’euro, consentendo così al Consiglio direttivo di assolvere con più efficacia il proprio mandato di stabilità dei prezzi”.

Secondo Ben Laidler, global market strategist di eToro, il rallentamento della Bce “non va inteso come una pausa perché la banca ha ancora altri rialzi da fare. La BCE ha infatti a che fare con un cocktail composto da tre elementi: un’inflazione ancora ostinatamente alta, pari al 7%, un’economia che sta evitando la recessione e le conseguenze del suo ritardo nell’aumentare i tassi. Questo approccio da falco sosterrà per ora il rally dell’euro, ma alla fine potrebbe essere interrotto dal più rapido rallentamento della crescita globale che si sta affacciando dietro l’angolo. A causa dell’impatto ritardato dell’aumento dei tassi d’interesse globali, dell’attuale crisi del sistema bancario e dell’imminente rallentamento del tetto del debito statunitense infatti, l’Europa rimane la più vulnerabile a qualsiasi rallentamento della crescita globale”.

Secondo Altaf Kassam,  EMEA Head of Investment Strategy & Research di State Street Global Advisors, “la decisione odierna è stata forse la più “equilibrata” dall’inizio dell’attuale ciclo di rialzi. Abbiamo assistito a una certa persistenza dell’inflazione – con l’inflazione headline che è tornata a salire nell’ultima lettura e l’inflazione relativa ai servizi che è rimasta vischiosa – e a dati recenti che hanno mostrato che il mercato del lavoro, anziché allentarsi come previsto, sembra essersi nuovamente irrigidito, rendendo molto incerto qualsiasi aumento della disoccupazione nel breve periodo. Alla fine, le persistenti preoccupazioni sugli effetti variabili e ritardati delle precedenti azioni, così come i continui problemi legati al settore bancario (anche se ancora incentrati sugli Stati Uniti), hanno portato all’aumento, più “dovish”, di 25 punti base”.

Per Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, il settimo rialzo consecutivo della Bce “arriva sulla scia di un’inflazione ancora alta nell’Eurozona”. La Bce “tiene conto del fatto che le banche dell’Eurozona hanno ridotto in modo significativo l’accesso al credito e prevede un possibile impatto sull’economia. Poiché il FMI stima che l’inflazione non raggiungerà il target del 2% fino al 2025, la Banca Centrale dovrà intraprendere una delicata azione di bilanciamento, alla luce di un’inflazione persistente e della pressione sull’economia”.

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