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Il ruolo dello Stato nel mercato: come le crisi stanno cambiando l’Italia

Guardando alle crisi che hanno colpito l’Europa e il nostro Paese a partire dal XXI secolo, emerge un approccio politico fortemente eterogeneo negli anni, indice di un cambio di visione che sta tuttora ridefinendo gli equilibri politici interni e internazionali.

La Grande Recessione e la crisi dei debiti sovrani, vista anche la loro origine finanziaria, hanno dato vita a una politica di ripresa e sviluppo incentrata sulla spending review e sull’austerity. Non si è trattato solo di rafforzare il quadro fiscale: la risposta ai turbamenti socio-economici derivanti da tali crisi è stato caratterizzato da un agire frammentario, con politiche mirate a evitare il rischio contagio. Al netto del grado di efficacia di tali politiche, uno dei principali effetti per il nostro Paese è stato quello della creazione di una “cultura” della spending review che ha di fatto caratterizzato l’approccio al policy-making italiano degli ultimi anni. Un approccio che sta subendo un processo di profondo mutamento.

I 400 miliardi di euro sui quali l’Italia può oggi contare per la ripresa e la crescita testimoniano il cambio di prospettiva che la sovrapposizione di crisi profonde ha reso necessario. Esso ha comportato un rinnovato ruolo dell’apparato statale nel mercato: oltre alle risposte tradizionali come interventi anticiclici fiscali e monetari, i governi hanno fatto affidamento su straordinari programmi di assistenza finanziaria. Tra essi, i diversi regimi europei di aiuti di Stato hanno contribuito in maniera significativa a fornire la liquidità necessaria a preservare la continuità economica, sostenendo i settori chiave delle economie nazionali.

Un approccio eccezionale in risposta alle situazioni di crisi degli ultimi tre anni, come quello seguito per la creazione di un “piano Marshall” comune europeo, che comprende misure non solo emergenziali ma anche di medio termine, e giustificato, anzi, dalla necessità di poter mettere a terra in modo rapido misure di contenimento degli effetti economici negativi in corso. Così come per i PNRR, dunque, gli Stati Membri hanno una forte responsabilità nell’attuare in modo calibrato ed efficace tali misure: in tal senso, l’analisi dei cambiamenti impressi alla struttura istituzionale italiana da tale approccio può fornire alcuni spunti di riflessione per il futuro.

Esemplare è l’evoluzione di SACE, che ha attuato un percorso di mutamento da società assicurativo-finanziaria specializzata nell’export credit a catalizzatore di sviluppo imprenditoriale e sostenibile. Già il DL Liquidità del 2020 aveva individuato in essa il soggetto attraverso cui attuare il primo Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato (temporary crisis framework, TCF): in due anni di operatività attraverso Garanzia Italia sono state emesse più di 5.000 garanzie, per un volume totale garantito di quasi 36 miliardi di euro.

In seguito al lancio del TCF derivante dalla crisi del conflitto ucraino, SACE ha lanciato la nuova Garanzia Supportitalia (estesa, dato il perdurare dei rischi economici, fino al prossimo dicembre 2023). Non bisogna poi dimenticare come il DL Semplificazioni abbia identificato SACE come attuatore del Green New Deal italiano attraverso il rilascio di garanzie «green».

Il maggior ruolo di SACE anche nel mercato interno risulta evidente guardando al cambio del proprio assetto, ultimato a marzo 2022 con il trasferimento da parte di CDP al Ministero dell’Economia e delle Finanze della partecipazione in essa detenuta, pari al 100% del capitale sociale. Un riassetto che evidenzia la specializzazione produttiva della società e il ruolo di sostegno allo sviluppo sostenibile del Paese e alla crescita delle imprese italiane.

Altri Stati Membri si sono mossi in una direzione simile: ad esempio, la Francia ha individuato in Bpifrance (partecipata dal Governo e dall’analoga Cassa Depositi e Prestiti francese, con l’obiettivo di sostenere l’export, l’innovazione e la crescita del tessuto imprenditoriale nazionale) l’attore attraverso cui mettere a terra il proprio TCF e lo sviluppo di garanzie green.

Siamo dunque di fronte a un processo di rivalutazione del policy-making, a partire dalle nuove priorità di sviluppo, passando per la gestione dei fondi europei e nazionali, fino al rinnovato ruolo degli attori chiave in tali processi di transizione. Il fil rouge che lega tutti questi aspetti è rappresentato dall’interesse nazionale, per assicurare che le decisioni prese siano in linea con gli obiettivi strategici del nostro Paese.

Il mutamento risponde infatti alla necessità di agire in uno scenario nel quale la velocità di adattamento e di azione possono fare la differenza tra Paesi leader e Paesi follower. In tale contesto, è importante per il nostro Paese assicurare una gestione finanziaria non emergenziale, che miri tanto a garantire il superamento del momento di crisi, quanto alla ridefinizione del quadro di medio termine, evitando al tempo stesso di cadere in un circolo vizioso di eccessivo statalismo. Fondamentale sarà, in tal senso, agire in un’ottica di programmazione che vada oltre la prospettiva del PNRR.

*Claudia Bugno è Founder e Managing Director di Futuritaly, strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale.

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