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Riforma istituzionale, è il Cnel del professor Brunetta a stimolare il dibattito tra i costituzionalisti

Riforma istituzionale: un tema importante e sentito che torna protagonista del dibattito politico. L’obiettivo dichiarato – e condiviso da tutti – è quello di produrre una riforma che garantisca ai Governi maggiore stabilità. Dopo l’incontro tra il Governo e le opposizioni, la palla passa ora ai costituzionalisti. Ne hanno discusso i più importanti esperti in materia al dibattito dal titolo “riforme costituzionali e forme di governo” ospitato presso la Sala Plenaria Marco Biagi del Cnel di Roma.

“Quella delle riforme istituzionali è una questione antica”, chiarisce il presidente del Cnel Renato Brunetta. “Questa iniziativa libera, informale, è molto importante. Oggi matura la volontà di aggiornare il nostro impianto istituzionale: speriamo sia la volta buona. È un processo che avrà bisogno di idee, dibattito e determinazione politica. Le formazioni economiche e sociali sono chiamate ad essere protagoniste. Abbiamo da scrivere un’importante pagina della nostra storia e siamo pronti a fare la nostra parte, raccogliendo i diversi orientamenti provenienti dall’economia e dal mondo accademico”.

“È indispensabile essere credibili in Europa, con gli interlocutori istituzionali, in politica estera, nelle riforme. Senza un governo stabile, essere credibili sulle riforme è complicato, basti pensare al Pnrr. Per questo motivo – prosegue Brunetta – si impongono le riforme costituzionali. Qui al Cnel badiamo all’economia, alle imprese, al lavoro, al volontariato: sono tutti temi della rappresentanza e, non a caso, l’odierno dibattito tra costituzionalisti avviene in questa casa, che è casa della rappresentanza e della concretezza. La stabilità dei governi produce concretezza e credibilità”.

“Sono tre le domande da porci: perché fare la riforma, quale riforma fare, e come farla”, spiega il costituzionalista Enzo Cheli. “A differenza del passato, c’è un sostanziale accordo sulle risposte alla prima e alla terza domanda; perché: per ridurre l’instabilità e aumentare l’efficienza del Governo. Come? Seguendo la procedura ex art. 138 della Costituzione”. 

Restano però profonde divisioni su quale riforma mettere in campo. Su questo terreno si fronteggiano ipotesi diverse ispirate a due opposte linee di fondo: forma presidenziale oppure mantenimento dell’attuale forma di governo parlamentare. “Dalla maggioranza – chiarisce Cheli – sono avanzate ipotesi che riconducono alla forma presidenziale, o secondo il modello nordamericano, o secondo il modello semipresidenziale alla francese, oppure secondo il cosiddetto modello del ‘sindaco d’Italia’, con l’elezione popolare diretta del primo ministro”. Il premierato così inteso ha in realtà un solo caso, quello israeliano, dove è stato in vigore dal 1992 al 2002. 

Dall’opposizione arrivano invece due ipotesi che fanno riferimento alla forma parlamentare, o “da integrare e rinforzare rispetto al modello classico attraverso l’adozione di dispositivi costituzionali diretti a rafforzare stabilità ed efficienza dell’esecutivo. Oppure adottando il modello del cancellierato, ispirato dall’esperienza tedesca, fondato sull’elezione parlamentare del primo ministro”, conclude Cheli.

“Il programma elettorale che ha portato all’attuale Governo – esordisce il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano – contiene anche l’impegno a promuovere una riforma costituzionale, ma non c’è un’ipotesi preconfezionata. Il dibattito è partito all’interno della maggioranza, poi ha avuto un’interlocuzione con l’opposizione; infine si avrà il confronto con le Regioni, gli enti territoriali e le organizzazioni sindacali. Quando si interviene sulla Costituzione, il coinvolgimento deve essere il più ampio e partecipato possibile”, spiega Mantovano. 

“La costante instabilità dei nostri Governi significa non solo scarso rispetto della volontà popolare, ma un indebolimento complessivo della nazione sul piano europeo e internazionale. Sono imbarazzanti i casi di impegni assunti da un Governo e poi disattesi dai governi successivi. Ma l’instabilità ha riflessi anche sul Pil – prosegue Mantovano – I dati pre pandemia hanno visto un incremento del Pil italiano inferiore rispetto ad altri Stati europei: gli investitori ti prendono sul serio se hai prospettive solide, altrimenti si rivolgono altrove. 

“L’obiettivo è dare un quadro di stabilità ad un Governo che abbia la stessa durata della legislatura. E serve coerenza fra il voto espresso, la maggioranza parlamentare e il Governo che viene fuori da questa maggioranza. Se condividiamo queste premesse – conclude Mantovano – si aprono poi scenari operativi. Il Governo si pone in ascolto: il dibattito è aperto e senza pregiudizi, sui mezzi con cui raggiungere questi risultati”. 

“Stiamo facendo incontri per arrivare ad una condivisione il più ampia possibile”, commenta a margine il ministro per le riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati. “Stabilità significa credibilità, rafforzare il circuito democratico. E serve per fare le riforme importanti per il Paese. È un punto di partenza molto importante”. Sulla forma da scegliere Casellati dichiara che “la preferenza è per il premierato. C’è poi la questione dell’elezione diretta; entrambi gli aspetti possono assumere sfumature diverse. Per noi – conclude – è importante ridare centralità al voto del cittadino: le disfunzioni dell’attuale modello hanno portato a una crescente disaffezione e astensionismo, che non fanno bene alla democrazia”. 

(Nella foto in evidenza il presidente del Cnel Renato Brunetta assieme alla ministra Maria Elisabetta Alberti Casellati e al sottosegretario Alfredo Mantovano) 

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