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Banche solide ma ora serve prudenza

Archiviati i dieci anni in cui erano sotto il tiro dei mercati e dell’Europa, le banche italiane sono “in condizioni sufficientemente buone” ma ora, con il rallentamento economico in atto, la stretta della Bce che inizia a farsi sentire sull’erogazione di prestiti e tassi in crescita sulla raccolta pagata ai clienti, serve “prudenza” anche se non si è verificata quella fuga dai depositi che è stata il detonatore delle crisi Svb e Crediti Suisse.

Nelle sue ultime considerazioni finali il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco non accenna alle ipotesi di tassazione sugli extra profitti ma invita a non sottovalutare appunto i rischi di indebolire un settore fondamentale per l’economia italiana. Il quadro che delinea degli istituti di credito è così piuttosto positivo del comparto con solo alcuni nei e un caveat. I nei sono le banche di media e piccola dimensione, vigilate direttamente da Via Nazionale, i cui indicatori sono inferiori a quelle maggiori che registrano forti utili e fra le quali oramai vi sono due campioni di stazza europea, Intesa Sanpaolo e Unicredit. Le banche minori, malgrado l’aumento dei tassi abbia spinto in maniera meccanica il margine di interesse grazie alla forbice (ora in riduzione) fra tassi attivi e passivi, scontano un’arretratezza sul digitale e dal governo societario “a volte inadeguato”.

Il caveat di Visco invece è sulla possibilità che si verifichino casi di dissesto: la vigilanza può limitarli ma “non azzerarli” anche se, come emerso nel caso degli Stati Uniti, le autorità americane hanno di recente ammesso delle loro mancanze. Va detto comunque che le banche del nostro Paese possono contare su una base clienti retail parcellizzata e che il calo dei depositi (-6%) “è fisiologico” e dovuto ai clienti che cercano, spesso presso le stesse banche, rendimenti più alti spostando la liquidità su prodotti più remunerativi. A fine mandato comunque il governatore, che proprio sulla mancata o inefficace vigilanza bancaria è stato in questi dodici anni attaccato pesantemente da diverse forze politiche, qualche merito alla sua struttura e allo sforzo degli istituti lo attribuisce.

Sono stati, dieci anni di risanamenti, “un risultato che molti osservatori, anche autorevoli, dubitavano potesse essere raggiunto”. Se gli indicatori principali (margini, crediti deteriorati, capitale) sono buoni tuttavia c’è “molta incertezza” e anche la raccolta diverrà più costosa. L’invito alla prudenza è così raccolto da molti dei banchieri presenti in sala: “il rischio per l’italia è che si materializzino “deterioramenti dei crediti a seguito degli aumenti dei tassi che ci sono stati e si rischia che ce ne siano altri, e altri fenomeni come l’alluvione.

Poi c’è l’imprevedibile che bisogna mettere sempre in conto”, spiega il presidente Abi Antonio Patuelli, mentre il dg di Iccrea Mauro Pastore ha detto di “condividere l’appello alla prudenza per le banche del governatore, prudenza che sempre ci contraddistingue” e che “occorra continuare con la barra dritta per evitare di essere colti impreparati”. Il presidente di Intesa Sanpaolo Gianmaria Gros-Pietro ha sottolineato invece un punto toccato dalla relazione del governatore: “le banche Europee non hanno certo le debolezze che hanno mostrato le banche americane, che avevano problemi di mala gestio e anche una regolamentazione diversa meno penetrante di quella europea”.

Quindi, ha osservato, “anche in questo caso Visco ha sottolineato le virtù della situazione europea che non ha ancora, non dico un mercato dei capitali unificato completo ma neppure una unione bancaria, perché manca il pilastro della garanzia della tutela dei depositi. Da un lato Visco ha detto che le nostre banche sono molto più solide di quelle americane ma che c’è bisogno di un mercato dei capitali capitali e di una vera unione bancaria”.

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