NF24
Cerca
Close this search box.

Locarno, tutti i colori del cinema per immaginare un mondo diverso

Passato il giro di boa dei settantacinque anni di vita, la rassegna leopardata chiama a raccolta l’industria del cinema per riunirsi
ancora una volta sulla cuspide del Lago Maggiore, e cercare di dare un senso al momento storico che stiamo vivendo attraverso le immagini del grande schermo.

La guida è ancora quella di Giona A. Nazzaro, il quale al terzo anno di direzione artistica è ormai di casa in Ticino. La sua cinefilia radicale, ma non priva di un lato pop e giocherellone, fa da garanzia a un programma per il 2023 che vuole essere “ambizioso, popolare, ma non populista”.

Ambiziosa e popolare sono da sempre le due anime di Locarno, che si divide tra un concorso internazionale storicamente fatto di cinema d’autore e l’iconica Piazza Grande, che con il suo grande schermo nel centro della cittadina deve accogliere il pubblico più disparato – coniugando intrattenimento, spettacolo e attualità con il valore dei titoli proiettati.

Giona A. Nazzaro, direttore artistico del Festiva, sul red carpet in Piazza Grande al 75/mo festival (2022)

Ecco quindi che nelle serate all’aperto ci sarà rappresentanza dell’attualità stagionale (Justine Triet con il suo Anatomy of a fall che ha trionfato a Cannes, Ken Loach che sempre sulla Croisette ha presentato The old oak), ma anche un tradizionale gusto asiatico con il blockbuster Smugglers di Ryoo Seung-wan, oltre a prime mondiali da ogni angolo del pianeta e l’occasione di riscoprire il passato con il felliniano La città delle donne e La Paloma di Daniel Schmid.

E poi, ovviamente, i grandi ospiti, da Riz Ahmed a Cate Blanchett, quest’ultima in veste di promotrice di un film iraniano-australiano (Shayda di Noora Niasari, protagonista Zar Amir Ebrahimi) già di successo al Sundance e che sarà l’occasione di parlare di Iran e delle sue donne, di emigrazione e di accoglienza.

Sul fronte dei film italiani, la Piazza vedrà due rappresentanti nostrani: Edoardo Leo, sempre impegnatissimo, porterà la sua ultima regia Non sono quello che sono, in una rilettura “primi anni duemila” dell’Otello. Laura Luchetti andrà ancora più indietro, agli anni del pre-guerra, adattando Cesare Pavese ne La bella estate.

Presenze in Piazza Grande che sono in perfetta parità con i due titoli italiani che si contenderanno il Pardo d’oro nel concorso principale: il primo è Rossosperanza di Annarita Zambrano, regista italiana in Francia che ha scritto e diretto vari cortometraggi oltre ad aver portato a Cannes, al Biografilm Festival e poi in sala il suo Dopo la guerra nel 2017. Oggi torna con una graffiante black comedy ambientata alla fine degli anni ottanta. A farle compagnia ci sarà Patagonia, l’esordio di Simone Bozzelli, classe ‘94, anche lui proveniente dal mondo dei corti e con al suo attivo dei video musicali per i Maneskin.

Proprio il concorso dirà molto della riuscita di questa edizione 2023. Il direttore artistico parla di una selezione che comprende “tutti i colori del cinema”, ma tiene un occhio aperto anche al mondo in tutta la sua complessità – e attuale difficoltà. Il cinema non come rifugio ma come contraltare a un’era particolarmente sofferente, in cui sebbene la settima arte non possa cambiare il mondo, le persone che al suo interno lavorano possono immaginare un mondo diverso.

Nel gruppo dei 17 contendenti al Pardo d’oro ci sono tanti generi e qualche nome illustre, come quello di Lav Diaz, simbolo del cinema d’autore filippino, e del prolifico ribelle rumeno Radu Jude, reduce da un Orso d’oro a Berlino nel 2021 con Sesso sfortunato o follie porno. Il suo Do not expect too much of the end of the world ci fa ripiombare in una Bucarest infernale che mescola commedia e assurdo e guarda allo sfruttamento del lavoro e alla gig economy. Non da meno in quanto a surrealismo è il francese Quentin Dupieux, già cult con i suoi Doppia pelle e Mandibules, che in Yannick dirigerà Pio Marmaï e Blanche Gardin.

Non mancheranno però le sorprese e le consacrazioni dal resto dell’eclettico gruppo di film: potrebbe essere Sweet dreams di Ena Sendijarević, che si era fatta notare a Rotterdam con Take me somewhere nice nel 2019, o l’esuberante portoghese Basil Da Cunha (con il nuovo Manga d’terra) che nello stesso anno aveva lasciato un buon ricordo proprio a Locarno con O fim do mundo.
C’è poi Critical zone dell’iraniano Ali Ahmadzadeh ambientato nel sottobosco criminale di Teheran, e l’interessante esordio ucraino Stepne di Maryna Vroda, già Palma d’oro per il cortometraggio Cross Country. Qualcuno tra loro, o tra le altre prime mondiali tutte da scoprire, ricalcherà il successo di alcuni dei titoli dell’anno scorso, come l’apprezzato Tengo sueños eléctricos di Valentina Maurel.

Ulteriori motivi di interesse per i cinefili saranno la retrospettiva sul cinema popolare messicano della metà del novecento, il sempre stimolante concorso Cineasti del presente e i cortometraggi dei Pardi di domani.

Anche i premi onorari quest’anno avranno un particolare spessore, con un trittico di cineasti come Harmony Korine, Tsai Ming-liang e il montatore Pietro Scalia che ricorderanno ai partecipanti la storica tradizione di avanguardia e autorialità che ogni estate anima la placida Locarno.

*Nella foto in evidenza Maja Hoffmann (a sinistra), subentrata come Presidente del Locarno Film Festival a Marco Solari (a destra)

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.