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Rome Future Week, beni culturali o beni digitali?

Gilead

Rome Future Week si prepara a tirare le somme di una prima edizione che, ancor prima di consocere i numeri ufficiali, ha già fatto parlare tanto di sè. L’idea di fondo è quella di dimostrare che la città ‘Caput mundi’ può essere anche un fervente hub di innovazione e strategie per il futuro.

La quarta giornata, che conta circa 70 eventi sparsi in diverse aree della città – sono cinque i municipi coinvolti – dedica spazio al tema della fruizione della cultura.

Si intitola “Beni digitali per la cultura” l’evento curato dalla Treccani Accademia, ha affrontato la trasformazione che sta interessando il settore dei beni culturali, sempre più digitali.

Una trasformazione che ha avuto ufficialmente inizio nel 2022, a Praga, quando, nell’ambito dell’Assemblea Generale Straordinaria di Icom (International Council of Museums) è stata approvata una nuova definizione di museo, che ha visto d’accordo 126 comitati di tutto il mondo.

Il nuovo posizionamento parla dei musei come di luoghi atti anche a promuovere la diversità e la sostenibilità, che operano e comunicano in modo etico e professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze. E, come ricorda Michel Rouger, Direttore del museo francese Parc Alèsia: “Il museo ha questo compito: rispondere, attraverso il progredire delle scienze, alle questioni della storia”.

Per raccontare l’evoluzione in atto, bisogna riconoscere che il digitale agisce sulla fruizione della cultura da parte del pubblico ma si pone anche al servizio degli artisti, fornendo nuove forme di interpretazione delle loro opere.

“La dimensione ludico-didattica è quella che consente di rendere un museo accessibile a un pubblico ampio, tipo famiglie con bambini”,  racconta a Fortune Italia Davide Boselli, coordinatore didattico Treccani Accademia, che aggiunge “il digitale è ciò che consente di reinterpretare il patrimonio artistico culturale, ed ecco che attraverso la rivoluzione del digitale si possono reinterpretare i beni artistici,  riattualizzando le opere”.

La tecnologia e il digitale stanno quindi permettendo di ampliare i fruitori del bello e il pubblico in generale. Il contesto culturale e museale italiano si sta muovendo di conseguenza, come anche l’intero comparto creativo italiano, per provare a definire una stima che consenta di programmare l’offerta artistica in base a quello che sarà il pubblico del futuro.

Beni digitali per la cultura” è stato un confronto aperto fra due grandi protagonisti della digital transformation culturale – nella splendida cornice della Sala Igea dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani:  l’artista multimediale australiano Andrew Quinn e il game designer italiano Fabio Viola, che ci ha raccontato: “La mia è una testimonianza di quelli che sono i nuovi linguaggi interattivi dell’arte. C’è anche un importante cambio che interessa il lessico: ormai non si parla più di cultura ma di culture del 21mo secolo”.

Per Viola, infatti, l’evoluzione in atto registra una doppia direzione: “Da una parte i videogiochi sono riconosciuti come linguaggio innovativo e medium, ma rappresentano ormai anche una forma d’arte, come ha dimostrato la mostra Play, che la Reggia di Venaria di Torino ha dedicato proprio al gaming, e che ha richiamato 9omila spettatori da tutta Italia”.

L’altra direttrice, secondo Viola, “è quella del cambiamento in atto che sta interessando i musei e le istituzioni culturali, che grazie alle nuove tecnologie stanno cambiando il modo di mostrarsi e raggiungere il grande pubblico”.

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