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Sostenibilità sociale: la chiave per una trasformazione equa

L’intelligenza artificiale, la digitalizzazione dei servizi e l’accelerazione della transizione verde stanno portando a un ripensamento della società e delle dinamiche economiche. Accanto alle grandi opportunità che si aprono, le minacce correlate giocano un ruolo apparentemente minore. Eppure, il rischio di una divisione ancora più profonda tra coloro che beneficiano di queste innovazioni e chi ne resta escluso è un tema delicato, da affrontare preventivamente per garantire la sostenibilità dei processi di trasformazione.

Già nel 2020 la Commissione europea aveva inserito la sostenibilità competitiva come cuore dell’economia sociale di mercato dell’Unione, obiettivo che richiede oggi una profonda analisi. Come adattare le strategie di crescita per garantire che il percorso verso una società equa, inclusiva e resiliente rimanga al centro delle nostre ambizioni?

Un dato aiuta ad inquadrare la situazione odierna: un europeo su cinque era a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2022. Tra i territori a più alto rischio figura proprio l’Italia, con regioni come Calabria e la Campania tra le più colpite, con una percentuale tra il 43% e il 46% dei residenti. A ben vedere, si tratta di un complesso puzzle di temi economici, sociali, storici e geopolitici, che rischia di portare a una crescente polarizzazione tra territori (non solo tra Nord e Sud del Paese, ma anche tra aree centrali e zone periferiche). In questo scenario, una pianificazione poco attenta e strategie mal calibrate potrebbero aggravare ulteriormente le divisioni esistenti.

Gli investimenti nelle energie rinnovabili, per esempio, possono contribuire alla creazione di posti di lavoro (globalmente fino a 14 milioni entro il 2030, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia). Tuttavia, il rapido declino di mansioni relative ai combustibili fossili potrebbe tagliare fuori tutti quei lavoratori (e territori) ad esse fortemente legati. L’esempio del Canada può in tal senso stimolare una riflessione su come altri Paesi si stiano muovendo. Nonostante il primato di quarto produttore mondiale di petrolio, l’esecutivo Trudeau ha presentato un Sustainable jobs act per favorire la transizione delle competenze lavorative. Tra le principali misure previste, figura la creazione di un Consiglio di partenariato per indirizzare il Governo sulla gestione del mercato del lavoro green, la pubblicazione di un piano d’azione e l’istituzione di un Segretariato con l’obiettivo di armonizzare le politiche pubbliche tra i diversi dipartimenti federali.

Guardando al nostro Paese, il Just Transition Fund – finanziato in larga parte con lo straordinario piano di investimenti e riforme europeo NextGenerationEU – mira proprio a garantire supporto ai territori che devono far fronte a gravi questioni socioeconomiche che potrebbero derivare dalla transizione verso la neutralità climatica. In Italia si sta puntando su aree emblematiche quali la Provincia di Taranto e del Sulcis Iglesiente.

Con riferimento alla transizione digitale, i riflettori sono puntati sul sempre maggior ricorso all’intelligenza artificiale e ai relativi rischi. Il settore creativo ed editoriale è stato tra i primi a muoversi, considerato proprio il ruolo sostitutivo che l’innovazione tecnologica ricopre in tali ambiti. In generale, l’automazione di alcuni ruoli e compiti, potrebbe portare al sempre minor ricorso al capitale umano: uno studio commissionato dal Governo britannico ha recentemente riportato come nei prossimi dieci anni circa il 18% dei posti di lavoro esistenti nel Regno Unito potrebbe essere soggetto a un’elevata probabilità di automazione, che salirebbe al 30% dopo 20 anni.

Non vi è un’unica soluzione a queste sfide, va piuttosto adottato un approccio multidisciplinare. L’aspetto sociale rischia di essere tagliato fuori dalle programmazioni politiche varate in modalità emergenziale, laddove occorrerebbe agire proattivamente attraverso tavoli di lavoro coordinati tra governo, imprese, organizzazioni non governative e istituti di ricerca. In tal senso, l’esempio canadese costituisce un importante caso studio di come territori segnati da forti differenze culturali e politiche possano agire in modo sinergico. La vera sfida risiede nell’equilibrare la spinta verso l’innovazione e la crescita economica con la necessità di tutelarne la sostenibilità sociale.

*Founder e Managing Director di Futuritaly, strategic advisor con lunga esperienza nel mondo pubblico e industriale

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