L’attacco a sorpresa di Hamas a Israele ha avuto un impatto significativo sui mercati energetici, con i prezzi del petrolio e del gas in aumento, mentre le borse e i titoli di stato sono rimasti relativamente stabili.
Il prezzo del petrolio è schizzato vicino ai 90 dollari al barile, con il Wti in aumento del 4,12% a 86,19 dollari e il Brent in aumento del 3,98% a 87,93 dollari. Allo stesso modo, il prezzo del gas è aumentato quasi del 15%, raggiungendo i 43,95 euro al MWh, tornando ai livelli dello scorso 26 settembre. Queste fluttuazioni dei prezzi hanno suscitato preoccupazioni tra i consumatori, con timori di aumenti nei costi dei carburanti e delle bollette.
Uno dei rischi emersi dalle tensioni è la possibilità di attacchi ai gasdotti mediterranei, come sottolineato da Simone Tagliapietra di Bruegel. Inoltre, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha parlato di una “situazione di emergenza”.
Tuttavia, gli analisti di Goldman Sachs ritengono che gli effetti a breve termine sulla dinamica tra domanda e offerta di petrolio e sulle scorte di petrolio siano improbabili. Mantengono le previsioni di un aumento dei prezzi del Brent da 85 dollari al barile di venerdì a 100 dollari entro giugno 2024.
Ci sono anche due potenziali implicazioni contrastanti sui prezzi del petrolio: una riduzione della probabilità di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele, con un conseguente aumento della produzione saudita, e il rischio di una riduzione della produzione petrolifera iraniana.
Se la guerra dovesse protrarsi e coinvolgere il Golfo Persico, il rialzo dei prezzi del petrolio potrebbe essere senza fine, con previsioni estreme di 150 dollari al barile e 2,5 euro al litro di benzina, secondo Davide Tabarelli di Nomisma Energia.
Benjamin Melman di Rothschild ha notato che finora i mercati hanno reagito in modo contenuto agli eventi in Israele. Ha sottolineato che questi eventi coinvolgono paesi non produttori di petrolio e hanno un impatto limitato sull’economia globale. Tuttavia, il principale rischio è il peggioramento della situazione nella regione, in particolare tra Israele e Iran, con possibili conseguenze significative per il mercato del petrolio.
Al momento, è difficile fare previsioni e le borse hanno mostrato una variazione limitata. Milano ha ceduto lo 0,46%, Parigi lo 0,55% e Londra lo 0,03%, mentre gli indici statunitensi sono rimasti a cavallo della parità. Tra le aziende in evidenza ci sono i petroliferi Shell (+2,83%) ed Eni (+2,27%) e il comparto aerospaziale con Leonardo (+4,79%). Tuttavia, le banche hanno registrato vendite, con Mps in calo del 6,25%.