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La disinformazione e la minaccia all’interesse nazionale

Ventinove milioni di italiani si informano oggi attraverso i social media e circa ventisette da quotidiani online e da internet: dati che riflettono la necessità di garantire un ambiente online affidabile e sicuro, essenziale per il buon funzionamento di una società democratica sana. L’invasione russa dell’Ucraina e la connessa reazione mediatica è solo un esempio tra i tanti che ricorda come il racconto degli eventi ricopra un ruolo importante quanto gli eventi stessi per plasmare il pensiero dell’opinione pubblica. Un tema che esiste forse da sempre, di sicuro esploso di recente con la diffusione di fake news durante l’epidemia da Covid-19 e che continuiamo a vivere con la tragedia in corso in Israele.
Si può costruire e plasmare la percezione della realtà che ci circonda attraverso la manipolazione delle notizie diffuse quotidianamente, anche maniera più o meno consapevole. Tenendo a mente questo fattore e aggiungendo la pervasività delle comunicazioni del nostro tempo, è evidente quanto la tutela dello spazio informativo costituisca oggetto di “Interesse Nazionale”. È un dato interessante, ad esempio, che l’83 per cento dei cittadini europei percepisca la diffusione di fake news come una minaccia per la democrazia. Il contrasto a tale fenomeno deve coinvolgere verticalmente tutti gli ambiti di vita di un Paese, poiché gli effetti si riflettono concretamente in implicazioni reputazionali, economiche e finanziarie.

Come si può assicurare un ambiente digitale consono a formare le classi dirigenti e a rendere i giovanissimi pronti a diventare cittadini di domani? Risposte semplici non esistono, ma l’approccio più adeguato si poggia su un doppio livello. Da un lato bisogna riflettere sulla qualità, affidabilità e autorevolezza dei contenuti disponibili e dall’altro è opportuno preparare le persone fornendo loro strumenti e competenze, nella consapevolezza che la cultura in senso lato sia la migliore bussola per orientarsi nella complessità del mondo.

In quest’ottica, l’Unione Europea e gli Stati membri hanno già iniziato ad intensificare gli impegni per migliorare l’attendibilità delle notizie. Ad esempio, il Codice di Condotta Rafforzato sulla Disinformazione del 2022, è l’ultima versione di un accordo europeo che riunisce le principali tech companies, fact-checkers, operatori pubblicitari ed esponenti della società civile, coordinati negli aspetti operativi da una Task Force Permanente.
Guardando all’Italia, il nostro Paese soffre purtroppo di un alto grado di disinformazione sui social network, basti pensare che Meta ha rimosso nei primi sei mesi del 2023 più di 45mila contenuti da Facebook e 1.900 da Instagram ritenuti fake news politiche o medico-sanitarie. Malgrado questi numeri sconfortanti, sono diverse le iniziative avviate già a partire dal periodo di crisi pandemica, quali ad esempio l’Italian Digital Media Observatory (IDMO) – un network di hub nazionali sull’analisi dei media digitali -, il Data Lab LUISS – che conduce attività di ricerca, analisi e monitoraggio – e l’Osservatorio sulla disinformazione online dell’AGCOM. Quest’ultimo si rivela utile anche per il singolo cittadino fornendo una checklist di controllo per poter verificare le notizie in autonomia.
Curare l’affidabilità delle fonti e garantire la diversificazione delle informazioni nell’ottica del pluralismo democratico: elementi, questi, che costituiscono una ricchezza trasversale per una nazione. Investire sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica e sull’educazione, rappresentano dunque passi essenziali per contenere i fenomeni di disinformazione e promuovere ambienti informativi sani e affidabili. Per poter massimizzare l’efficacia di tali sforzi sarà fondamentale agire sul piano europeo – includendo, ad esempio, il contrasto alla disinformazione nel mandato della Commissione Europea – e globale, rendendo il tema parte integrante dell’agenda di presidenza del prossimo G7.

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