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Venture capital, l’AI italiana trascina gli investimenti (e convince la PA)

AI venture capital intelligenza artificiale
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Nell’anno in cui girano meno soldi e l’ecosistema dell’innovazione italiana ed europea soffre il momento di tensione dei mercati, con un calo nel numero di round di investimento e nelle cifre investite rispetto agli ultimi due anni, arriva una buona notizia in prospettiva futura: ad attirare investimenti venture capital nel nostro Paese molto spesso è l’intelligenza artificiale Made in Italy. A dirlo sono sia i dati sul capitale di rischio di startup e imprese sia quelli sui progetti di AI implementati a livello nazionale nella Pa, che ci vedono in vetta alla classifica europea.

Partiamo dai dati dell’Osservatorio trimestrale sul Venture Capital in Italia, firmato dalla banca di investimento Growth Capital e da Italian Tech Alliance.

Nel terzo trimestre gli investimenti in capitale di rischio hanno superato i 300 mln con 65 round (di cui 14 Serie A e 6 Serie B) e 11 exit registrate.

Al primo posto per cifre raccolte c’è proprio una protagonista dell’AI Made in Italy: la Bending Spoons di Luca Ferrari, che ha chiuso il round con l’ammontare più alto: 100 mln, ovvero un terzo della cifra raccolta dall’intero ecosistema nel trimestre.

In Italia nel terzo trimestre si sono infatti registrati 65 round, in linea con i 69 del terzo trimestre (-6%) e con la media dei 5 anni passati (-1%). La raccolta invece è in aumento rispetto al secondo trimestre (da 265 a 302 milioni, +14%) e alla media dei cinque anni passati (+23%).

Il confronto tra i primi nove mesi di quest’anno e quelli del 2022 testimonia un calo vistoso: siamo passati da 1,6 mld di euro raccolti a 772 mln.

Venture capital, in che settori si investe?

Guardando ai singoli settori su cui punta il venture capital in Italia, si ha un altro indizio del peso della tecnologia (AI compresa).

Nel terzo trimestre il settore Software, con 118 mln di euro, è il primo settore per ammontare investito, seguito da DeepTech (66 mln di euro) e Smart City (62 mln di euro). Per quanto riguarda il numero di round, il settore Smart City conta 12 round, DeepTech 11 e Life Sciences 8.

Guardando alle exit, nel terzo trimestre se ne sono registrate 11, tutte tramite M&A e, come già nel primo e nel secondo trimestre, la maggior parte ha riguardato il settore software.

Venture capital, la top 5

In testa alla classifica degli accordi più ricchi del trimestre troviamo, come detto, Bending Spoons: ecco la top 5 completa:

  1. Bending Spoons ha chiuso un round Growth VC da 100 milioni (investitori: Baillie Gifford, Cherry Bay Capital Group, Cox Enterprises, Neuberger Berman, NUO Capital, Tamburi Investment Partners). La società guidata da Luca Ferrari implementa l’AI nelle sue app, compresa Evernote, acquistata nei mesi scorsi.
  2. Arduino: round di Serie B da 20 milioni per la società che ha raccolto in tutto una cinquantina di milioni in pochi mesi. Tra gli investitori CDP Venture Capital, Anzu Partners, ARM. Anche se parliamo ovviamente di hardware, all’AI la scoietà guidata dall’Ad Fabio Violante ha dedicato un focus particolare all’abbattimento delle ‘barriere all’ingresso’ sull’AI.
  3. Leaf Space, che fornisce servizi del segmento di terra per la raccolta dati di operatori satellitari e che facilita le comunicazioni con questi attraverso un algoritmo proprietario, ha chiuso un round di Serie B da 20 milioni. Investitori: CDP Venture Capital, NEVA SGR, Primo Ventures, RedSeed Ventures, SIMEST, Whysol Investments.
  4. Homepal, che ha integrato l’intelligenza artificiale conversazionale nella sua agenzia immobiliare digitale, ha raccolto 15 milioni in un round Serie B (investitori: Intesa Sanpaolo, BPER),
  5. Al quinto posto a parimerito ci sono la fintech Cleafy (round di Serie A da 10 milioni; investitore: United Ventures) e lo specialista delle ricariche rapide dei veicoli E-Gap (round di Serie A da 10 milioni; investitore: ITAS Mutua).

Anche dopo i nove mesi presi in considerazione dall’osservatorio i round di investimento sul settore continuano: proprio il 18 ottobre la startup Aindo ha annunciato un round da 6 mld guidato da United Ventures. L’azienda guidata da Daniele Panfilo si occupa di ‘dati sintetici’ e attraverso questi si concentra sullo sviluppo di una “AI responsabile”.

I progetti AI in Italia per la PA

Già lo scorso anno, secondo i dati di un altro osservatorio, quello del Polimi sull’intelligenza artificiale, in Italia sono stati investiti 500 milioni di euro sulla tecnologia, il 32% in più rispetto al 2021. Ma c’è un altro dato che testimonia la vivacità dell’AI italiana, e che riguarda la Pa. Secondo un report di The European House – Ambrosetti e Salesforce che analizza lo stato attuale di utilizzo dell’AI nella pubblica amministrazione, l’Italia è al primo posto fra i principali paesi Ue per numero di progetti di AI già realizzati (38) e al secondo per numero di progetti complessivamente avviati (63).

Dal 2018 al 2022 il Paese avrebbe investito 1 miliardo di euro in queste soluzioni per migliorare i servizi pubblici digitali: in questo caso il numero italiano è inferiore rispetto a quello di altri Paesi come Francia (2,5 miliardi), Spagna e Germania (2 miliardi ciascuno) e lontanissimo dagli Stati Uniti, dove anche per il venture capital l’AI rappresenta un settore che non conosce crisi.

Secondo il report però per cogliere appieno le opportunità dell’intelligenza artificiale bisogna investire in competenze digitali avanzate (bisogna formare oltre 15 milioni di cittadini per raggiungere il target UE) e puntare sull’interoperabilità dei dati “per consentire ai 23mila enti che compongono la PA italiana di comunicare tra loro e scambiarsi dati e informazioni”.

Gli altri dati del venture capital: i tipi di round…

“Nonostante il contesto economico globale, il terzo trimestre del 2023 ha visto la raccolta più elevata dell’anno per il Venture Capital italiano. Come previsto, il 2023 si sta rivelando un anno di consolidamento, superando già oggi il numero di exit registrate durante tutto il 2022. In particolare, cresce il numero di round Pre-seed e resta costante il numero di Seed e di Serie A, creando così una pipeline per Late Stage futuri”, dice Fabio Mondini de Focatiis, Founding Partner di Growth Capital.

Secondo i dati dell’osservatorio sul venture capital, nel terzo trimestre i round Pre-seed e Seed si sono confermati la tipologia più frequente (65% del totale) e i Serie B+ risultano la tipologia più rilevante per cifre investite (64% del totale).

Guardando ai primi nove mesi del 2023, la distribuzione del numero di round per tipologia è comparabile a quanto registrato mediamente negli ultimi 5 anni, “con una discontinuità nei Pre-seed, in aumento”, dice il report. La distribuzione per ammontare investito presenta invece differenze più marcate rispetto alla media storica, con un aumento dei Serie A e una riduzione dei Late Stage.

…e il peso degli investitori esteri

Ma chi è che investe in Italia? Secondo il report, in media dal 2018 a oggi un terzo degli investitori attivi sul mercato italiano è internazionale, mentre nei primi nove mesi del 2023 la loro partecipazione è rimasta stabilmente al di sopra del 35%.

La presenza di investitori esteri diventa sempre più importante quando gli aumenti di capitale delle aziende diventano più consistenti. Negli ultimi quattro anni, il 26% dei round con ammontare superiore al milione di euro ha visto la presenza di almeno un investitore internazionale.

La percentuale sale al 55% nei round superiori ai 10 milioni e all’85% in quelli d’importo superiore ai 30 milioni.

Venture capital a un passo dal consolidamento

Secondo Francesco Cerruti, Direttore Generale di Italian Tech Alliance, il venture capital in Italia è in via di consolidamento. Dal report, il trend di crescita italiano è più marcato rispetto all’Europa. Nel continente nel terzo trimestre è stata registrata una raccolta di 15,8 miliardi di euro (+6% sul trimestre precedente) e un numero di round stimato superiore a 2.200 (-21%).  Ma l’ecosistema italiano ha ancora bisogno di sostegno, “e questo può essere possibile solo con un cambio di paradigma, incrementando il coinvolgimento e la partecipazione di quei soggetti come gli investitori istituzionali e corporate, che in questi anni hanno dato segnali positivi ma che possono accrescere la propria presenza nel settore e rappresentare la vera chiave di volta per la crescita dell’ecosistema”, spiega. “C’è ancora molto da fare per allineare il mercato italiano a quello dei principali Paesi europei, ma siamo convinti che non sia troppo tardi per recuperare il divario, che ci auguriamo possa essere colmato anche grazie al lavoro dei nuovi vertici di CDP Venture Capital, il principale veicolo pubblico a sostegno dell’ecosistema dell’innovazione”.

 

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