Le imposte patrimoniali in Italia continuano a costituire un onere significativo per i contribuenti, nonostante l’abolizione dell’Imu sull’abitazione principale nel 2013. Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, queste tasse generano quasi 50 miliardi di euro l’anno, rappresentando il 2,6% del Pil nel 2022, con un aumento del doppio rispetto al 1990.
Le diverse voci di prelievo sui beni patrimoniali, inclusi immobili, mobili e finanziamenti, comprendono l’Imu/Tasi (22,7 miliardi), l’Imposta di bollo (7,7 miliardi), il bollo auto (7,2 miliardi), l’Imposta di registro e sostitutiva (6,2 miliardi), il canone Rai-Tv (1,9 miliardi), l’Imposta ipotecaria (1,8 miliardi), l’Imposta sulle successioni e donazioni (1 miliardo), i diritti catastali (727 milioni di euro), l’Imposta sulle transazioni finanziarie (461 milioni) e l’Imposta su imbarcazioni e aeromobili (1 milione).
Il trend di crescita del prelievo delle imposte patrimoniali è evidente: dai 9,1 miliardi incassati nel 1990, si è passati ai 49,8 miliardi nel 2022. La Cgia indica anche una “patrimoniale indotta” dall’inflazione, affermando che negli ultimi due anni questa si è abbattuta sui conti correnti degli italiani, comportando una perdita di potere d’acquisto.
La perdita media di risparmi dovuta all’aumento dei prezzi, registrato nel 2022 e 2023, è stimata a 6.257 euro per le famiglie italiane, con punte di 9.220 euro in Trentino Alto Adige, 7.432 euro in Lombardia e 7.121 euro in Veneto.
L’Ufficio studi della Cgia esprime preoccupazione riguardo all’eventuale introduzione di ulteriori imposte patrimoniali, sottolineando che i contribuenti già affrontano un carico fiscale elevato. Tuttavia, ritiene essenziale ridurre il deficit, combattere l’evasione fiscale e tagliare la spesa pubblica corrente per stabilizzare il debito pubblico.
