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L’economia tedesca rallenta. Quali sono le conseguenze per l’Europa? Intervista a Daniel Gros

Da Stato più produttivo d’Europa a Paese in difficoltà, la Germania rallenta e la locomotiva che trainava il Vecchio Continente sembra aver perso il suo slancio. “L’economia tedesca sta attraversando un periodo di debolezza, ma credo che sarà una situazione temporanea”, precisa Daniel Gros, direttore dell’Institute for european policy making dell’Università Bocconi. “Questa, infatti, è conseguenza di una serie molteplice di fattori, primo fra tutti il rallentamento dell’industria delle costruzioni causato dall’aumento dei tassi di interesse. Esiste poi un’ampia riluttanza da parte dei consumatori interni, a causa dell’inflazione, ad acquistare, il che si coniuga con una fragilità dell’industria tedesca su base globale causata da uno dei settori chiave della Germania, cioè quello automobilistico, che ha perso il suo punto di forza tecnologico con il passaggio alle nuove macchine a trazione elettrica.

In che modo il governo tedesco sta cercando di far fronte a queste difficoltà?

Ho l’impressione che il governo non sappia bene cosa fare in questo momento. Ultimamente è stato costretto dalla costituzione tedesca a fare un aggiustamento del bilancio che nel breve periodo avrà un impatto negativo sulla crescita perché deprime ancora di più i consumi. Ma questo sarà un effetto transitorio. Una volta fatto tale aggiustamento si ritornerà alla situazione di prima, almeno per quanto riguarda i consumatori tedeschi. Sul lato della competitività dell’industria automobilistica invece il governo può farci poco in maniera diretta e paga il fatto che i cinesi sono stati più bravi, soprattutto nel settore delle macchine elettriche. Il governo potrebbe intervenire e aiutare l’industria a diventare più competitiva se fosse possibile dare sussidi specifici ma questo è vietato nell’ambito dell’Unione europea e inoltre non ha senso mantenere un settore che sta perdendo crescita. Per cui, al momento, credo che l’unica via di uscita sarebbe effettuare più spesa per la ricerca e l’innovazione generale ma per questo servono, e ad oggi mancano, più soldi

La Germania, come tanti Paesi, sta affrontando le due grandi sfide della transizione ambientale e di quella digitale. Quali sono i percorsi che sta intraprendendo per accelerare entrambi i passaggi? 

Sulla transizione digitale la Germania attualmente si trova in difficoltà perché la sua gestione viene quasi tutta amministrata direttamente dai Lander, che sono più o meno paragonabili al ruolo che hanno le regioni in Italia, e di conseguenza il governo federale di Berlino può fare poco sulla sua conduzione. I Lander inoltre hanno delle strutture amministrative molto antiquate e, soprattutto, sono fortemente riluttanti a cambiarle. Per questo motivo la Germania sta rimanendo indietro rispetto agli altri Paesi. Invece per quel che riguarda la transizione verde l’esecutivo di Berlino, soprattutto per la produzione di rinnovabili, eroga più sussidi di qualunque altro Stato europeo ma si trova a dover affrontare qualche problema conseguenza della scelta di rifiutare l’utilizzo dell’energia nucleare che al momento è l’unica alternativa al gas o al carbone.

E quindi come può fare la Germania a riuscire comunque ad arrivare alla transizione ambientale senza l’utilizzo del nucleare?

Si può rinunciare al nucleare per arrivare a questo obiettivo ma costa molto. Magari il doppio o addirittura il triplo di quello che costerebbe se questo fosse permesso in Germania perché bisogna sostituire tutte le centrali a carbone con gli impianti eolici e quelli solari, tenendo anche conto che quest’ultima fonte di energia naturalmente in Germania non è quella ideale visto le condizioni climatiche.

Lei prima ha sottolineato che la crisi economica sarà un fenomeno temporaneo, perché lo pensa?

L’industria tedesca nel passato si è sempre rivelata abbastanza flessibile, ha saputo reagire anche a condizioni di mercato molto difficili, compreso l’emergere di nuove potenze industriali. La sfida per il Paese adesso sarà quella di lasciar perdere una parte del suo settore automobilistico, quello a minore valore aggiunto, e specializzarsi magari su automobili ad alta qualità tecnologica o altri macchinari. Questo è un processo che il governo però non può influenzare direttamente, si deve lasciar fare all’industria. E poi penso esistano dei fattori fondamentali, come il fatto di poter contare sulla presenza di ingegneri bravi e operai specializzati, che dovrebbero permettere all’industria tedesca di trovare nuove aree di mercato e poter competere a livello globale.

La Germania per decenni ha beneficiato dell’appoggio americano, di un solido accesso al mercato cinese e della produzione del gas russo. Come si muovono questi tasselli al momento?

Non è tanto questo il problema. Il gas russo era disponibile per tutta l’Europa allo stesso prezzo, per cui questo non ha dato un accesso particolarmente speciale a Berlino in termini di energia. L’Italia, la Francia e tutte le altre nazioni avevano le stesse condizioni. Il fatto invece che ci sia questa guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina paradossalmente può essere anche vista come un’occasione, un vantaggio, sia per i prodotti tedeschi sia per quelli europei in generale. Infatti, il mercato cinese, per il momento, rimane aperto ai beni UE mentre il mercato americano, ora in piena espansione, è protetto dalla concorrenza cinese.

Se in questo momento la Germania non è più la locomotiva d’Europa qual è il Paese che potrebbe sostituirla?

Purtroppo, se uno guarda le cifre degli ultimi anni, la Germania non è più veramente la locomotiva dell’Europa da diverso tempo, il suo tasso di crescita non era molto più alto della media, lo era sicuramente più di quello italiano ma non di quello francese e di altri Stati. Nel passato Berlino è stata una parte forte dell’economia europea ma adesso questa non solo è diventata più debole e ha smesso di traghettare gli altri Paesi, addirittura ha iniziato a frenarli.  Ma, come dicevo però questo dovrebbe essere un momento passeggero.

Quali sono le ripercussioni per il resto d’Europa e per l’Italia?

È chiaro che se il cuore industriale dell’Europa rallenta, le industrie e tutto il resto dell’UE rallentano con essa. Ma la debolezza dell’economia tedesca cela in sé anche un altro effetto, ovvero quello di poter creare meno pressione sui prezzi per cui la Banca Centrale Europea può diminuire l’aumento dei tassi e la politica monetaria diventare meno restrittiva. E questo naturalmente è un fattore molto importante per alcuni Paesi come l’Italia dove il governo è così altamente indebitato. In definitiva, l’impatto della debolezza tedesca sul resto d’Europa può definirsi neutro per questi due fattori che si compensano: da un lato la domanda per le industrie che cala e dall’altro i tassi di interessi più bassi che possono essere, almeno per i Paesi ad alto debito, particolarmente importanti.

Quindi in realtà è un effetto domino che potrebbe avere dei risvolti positivi? 

Avrebbe, avrà e sta avendo già effetti sia positivi che negativi. L’impatto globale sarà maggiormente negativo per i Paesi più vicini alla Germania come L’Austria e l’Olanda, e forse più positivo per gli Stati ad alto debito tipo Italia, Grecia e magari anche Spagna.

Qual è un ipotetico scenario futuro della Germania a livello politico?

Per i prossimi anni si prospetta un’economia più debole e anche una influenza geopolitica ridotta. Man mano che l’industria tedesca si riprenderà poi queste dovrebbero ritornare. Non direi nella stessa posizione di prima, perché la Cina sarà sempre molto più forte di Berlino e anche l’America, nel frattempo, anche solo per ragioni puramente demografiche, crescerà di più. Non bisogna dimenticare però che nello scacchiere europeo Berlino continuerà sempre ad avere un posto molto importante, anche perché ha mantenuto e sta mantenendo la sua potenza fiscale, facendo sacrifici interni. Per esempio, adesso la Germania è di gran lunga il Paese che sostiene di più l’Ucraina sia in termini di forniture militari che finanziarie. Per cui tutto questo, secondo me fa sì che, almeno a livello europeo, l’influenza tedesca possa mantenersi.

L’inflazione tedesca a dicembre ha avuto un indice armonizzato che si è assestato al 3,8% su base annua. Cosa vuol dire questo?

Non bisogna guardare a queste cifre perché ci sono degli elementi stagionali molto speciali dietro a questo valore. Se invece si guarda a quello che i cronisti chiamano l’inflazione core, cioè quella depurata dagli effetti dei prezzi energetici e alimentari, si vede che questa misura sta, seppur di poco, continuando a scendere, per cui io direi che questo valore di questo mese non dovrebbe preoccuparci.

E come mai sta scendendo, visto che in realtà molti degli aspetti sono ancora negativi? 

Sta scendendo perché l’economia tedesca e anche quella europea stanno tornando al quadro che avevamo prima della guerra e prima di Covid, cioè ad un’economia in cui non c’è pressione inflattiva e in cui le richieste salariali non sono eccessive. Ed è per questo che per il momento se si prende solamente i prezzi dei servizi che sono piuttosto dettati dai salari, si vede che questa inflazione continua a scendere lentamente ma continua a scendere.

 

 

 

 

 

 

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