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Lavoro femminile, Brunetta: servono riforme e cambiamento culturale

“Non ci sarà mai pari opportunità tra donne e uomini se non aumenta la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Il Codice rosso contro la violenza è importante, ma se una donna non lavora e non può lasciare il compagno manesco perché non ha entrate proprie su cui contare, difficilmente riuscirà a liberarsi e ad essere autonoma”. E’ la posizione del presidente del Cnel Renato Brunetta, che ha aperto i lavori del convegno ‘Il lavoro buono. Pari opportunità, condivisione, contrattazione’, organizzato dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro a Villa Lubin.

Un evento che, non a caso, ha luogo proprio a ridosso dell’8 marzo, la data della Giornata internazionale della donna. Il lavoro femminile è infatti una delle grandi questioni irrisolte del nostro Paese, caratterizzata dalla disparità nelle retribuzioni e da un’ancora enormemente diffusa penalizzazione legata alla maternità.

“Il 50% delle donne rimangono di fatto tagliate fuori dal mercato del lavoro e continuano a svolgere il 70% del lavoro domestico gratuito. Secondo l’Ocse, le italiane dedicano ogni giorno 175 minuti in più al lavoro domestico rispetto ai loro compagni, contro i 108 minuti del Regno Unito, i 92 minuti della Germania e i 90 minuti della Francia. Le donne, inoltre, sono meno pagate, più precarie, meno promosse in carriera. E questo lo paghiamo tutti, non solo le donne. Lo paga il Paese perché le discriminazioni portano inefficienza”, ha aggiunto Brunetta.

Un momento del convegno di Villa Lubin

 

“Dobbiamo ripartire dal valore sociale della maternità, vista come un qualcosa di assolutamente privato, mentre il tempo e le energie spese dalla donna per la maternità andrebbero valorizzate a livello collettivo. Mi piacerebbe che i lavori di cura, da sempre appannaggio delle donne, diventassero attrattivi per tutti, come è diventato attrattivo per tutti il cucinare. Le competenze materne devono essere valorizzate e trasferite nel mondo del lavoro. In questo c’è bisogno di uno sforzo condiviso, che coinvolga sindacati, aziende e non profit”, ha detto Eugenia Maria Roccella, ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. “Natalità, pari opportunità e famiglia – ha proseguito – sono i tre elementi chiave che garantiscono la possibilità per le donne di accedere all’occupazione e all’indipendenza economica”.

“In tema di parità di genere abbiamo buone norme ma c’è una grande distanza tra teoria e pratica. Se non c’è un cambiamento culturale, le regole rimarranno inapplicate. Servono sanzioni certe per chi non rispetta le norme e vantaggi economici e premi per le pratiche virtuose”, ha sottolineato Rossana Dettori, Presidente del comitato per le pari opportunità del Cnel. “Il Cnel, casa dei corpi intermedi, può dare un contributo rilevante. Come Comitato per le pari opportunità abbiamo messo al centro dell’attenzione il ruolo della contrattazione, per la parità salariale ma anche per la non discriminazione sessuale, per combattere il fenomeno delle molestie, per migliorare l’organizzazione del lavoro in un’ottica di equità. Ancora oggi troppi contratti non tengono conto della parità e il nostro obiettivo è ridurre questo numero”.

“Dobbiamo agire su due fronti: riforme dall’alto e cambio di mentalità dal basso – è la proposta di Brunetta – Penso ad esempio a nuove modalità di leadership, basate non solo sul tempo dedicato ma soprattutto su competenze, merito e maggiore trasparenza, come nei paesi anglosassoni. Dobbiamo incentivare le ragazze ad intraprendere lauree STEM, focalizzate sull’innovazione, la digitalizzazione, l’internazionalizzazione, sulle nuove esigenze di un mercato del lavoro che cambia. La competenza abilita la meritocrazia. Ecco come si può vincere la partita delle pari opportunità”.

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