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Scuole innovative, il bando c’è ma la burocrazia frena

Il futuro non è fatto di aule, bensì di spazi dedicati all’apprendimento. Luoghi studiati per aumentare il rendimento degli studenti. Dalla temperatura al colore delle pareti, dalla luce alla forma della stanza: ogni elemento può contribuire a migliorare i risultati scolastici. L’edilizia scolastica se n’è accorta. Gli esempi di scuole “belle” e innovative in Italia non mancano; ma per la maggior parte degli istituti la situazione è diversa. Per questo, il Ministero dell’Istruzione ha lanciato alcuni bandi per migliorare l’architettura delle scuole, e abbandonare finalmente quei cimeli ottocenteschi che ancora abbondano, come le pedane per le cattedre o le lavagne di ardesia. Nel 2016 il Miur ha aperto un bando per la costruzione di 50 scuole innovative: l’iter per la costruzione, come vedremo, si è arenato alla fase progettuale, ma l’idea di fondo che ha spinto gli ultimi investimenti nell’edilizia scolastica segue la strada dell’innovazione, dei nuovi modelli di insegnamento e della concezione della scuola come spazio civico.

Uno studio dell’Università di Salford (Manchester) ha calcolato che il rendimento dei ragazzi che studiano in classi “intelligenti” aumenta del 16% (http://www.salford.ac.uk/cleverclassrooms/1503-Salford-Uni-Report-DIGITAL.pdf). Le “clever classroom” sono classi i cui spazi sono stati costruiti ponendo attenzione a particolari elementi: in primo luogo il grado di “naturalezza” dello spazio, cioè la presenza di elementi come la luce solare e l’affaccio sul verde; poi la flessibilità degli arredi e la possibilità per i bimbi di ritagliarsi angoli “privati”; infine l’equilibrio tra forme e colori delle pareti, che rappresentano gli stimoli visivi per gli studenti. Ma l’Università di Salford non è l’unica ad aver effettuato ricerche per capire come l’ambiente influenza l’apprendimento. In Italia abbiamo avuto il prolungato studio sull’edilizia scolastica avviato nel 2012 dall’Indire, l’Istituto Nazionale di Documentazione e Ricerca Educativa. L’Indire ha fatto un viaggio negli istituti scolastici italiani per capire come gli spazi educativi debbano essere riorganizzati, ed ha sintetizzato la propria ricerca nel report “Dall’aula all’ambiente di apprendimento”, dove si esplorano le caratteristiche di quelle che saranno le scuole del futuro.

Nel 2015 il Ministero dell’istruzione ha istituito l’Anagrafe degli edifici scolastici: il 60% delle scuole italiane è stato costruito negli anni Sessanta-Ottanta e comunque il 55% prima del 1976. Questo significa che gran parte dei nostri bambini e ragazzi frequentano scuole totalmente inadatte ai nuovi modelli di apprendimento. Ma qualche esempio fuori dal coro c’è, e il testo dell’Indire parte proprio da qui: le scuole delle Avanguardie Educative, ovvero il movimento degli istituti che sperimentano la didattica innovativa, le nuove tecnologie digitali, e gli ambienti flessibili e polifunzionali. Queste scuole cercano di riorganizzare il tempo scolastico per investire di più sul capitale umano, favorendo il concetto di scuola-comunità.

Prima regola delle scuole del futuro è che l’ambiente insegna. L’ambiente non è neutro, c’è una “pedagogia latente” che risiede nel modo di costruire le aule. Bisogna rompere quello che il report chiama il “loop lezione-studio-interrogazione”, per esplorare nuovi modelli: dalla flipped classroom ai metodi di studio basati sull’esplorazione della realtà che sviluppano il problem solving e il pensiero critico. L’ambiente, quindi, deve essere: connesso (cioè integrato con le nuove tecnologie), condiviso (per facilitare la collaborazione tra studenti) e modulare (ovvero riconfigurabile in base al contesto d’uso). La nuova scuola non sarà più un insieme di zone predefinite, ma accoglierà spazi flessibili come l’agorà, l’auditorium, gli atelier, gli ambienti per la musica, e tutti gli spazi saranno messi in relazione, nel tentativo di trasformare l’edificio scolastico in un centro civico, vissuto non solo dagli studenti ma dall’intera comunità.

Veniamo all’architettura: la disposizione classica dei banchi è considerata una costrizione alla naturale inclinazione dei bambini a muoversi continuamente. Gli edifici scolastici dovrebbero essere costruiti in modo da comprendere spazi dedicati sia al necessario studio individuale sul banco, sia all’innato bisogno di movimento. Le aule, poi, dovranno essere insonorizzate sia per attutire il chiasso sia per permettere l’ascolto della musica. Il colore, invece, connoterà gli ambienti, e a seconda della gradazione trasmetterà accoglienza, e favorirà il coinvolgimento degli alunni.

Capitolo tecnologia: non si deve pensare che l’ambiente cambi semplicemente attraverso l’ingresso di qualche nuovo dispositivo. L’ambiente deve essere ripensato totalmente, e la riorganizzazione comprende anche l’elemento del tempo. La scuola si regge sul concetto di ora scolastica ma, secondo i ricercatori, strutturare la giornata in slot di tempo standardizzato è sbagliato. L’ora di 60 minuti può essere troppo stretta per contenere lavori di gruppo o viceversa troppo lunga per attività più brevi. Dall’osservazione delle scuole delle Avanguardie Educative provengono modelli di scansione del tempo alternativi. Uno è la compattazione del calendario, come fa l’IIS Pacioli di Crema: si insegnano alcune materie solo nel primo quadrimestre, col risultato di avere più tempo a disposizione per svolgere attività laboratoriali. Un altro sistema è quello dell’apprendimento intervallato. Si sa che dopo 20 minuti c’è un calo dell’attenzione: ma con questo metodo ogni 15-20 minuti la lezione si interrompe. Anche la classe capovolta, attuata per esempio all’IIS Savoia Benincasa di Ancona, punta a “liberare” il tempo in aula: i ragazzi seguono la lezione a casa, attraverso il computer. Possono riguardare a piacimento il video e tornare sui passaggi pochi chiari. In aula, poi, fanno attività manuali, brainstorming, esercizi di gruppo.

Alcune scuole italiane, pur nell’impossibilità di ricostruire l’edificio scolastico, si sono sforzate di cambiare la configurazione delle aule, per renderle più idonee alle nuove modalità di insegnamento. Un esempio è quello dell’Istituto Ettore Majorana di Brindisi, dove gli studenti possono lavorare in vari modi, e gli insegnanti possono adottare metodologie come lo spaced learning e la classe capovolta. Gli arredi sono flessibili e l’intera aula può cambiare funzione velocemente. Una scuola intesa come comunità è il punto di arrivo di un ripensamento degli spazi scolastici. Esempi di scuole in cui il gruppo-classe si integra con un sistema sociale più ampio si possono trovare nelle scuole Hellerup Skole di Copenhagen e nella Scuola-Città Pestalozzi di Firenze. Alla Pestalozzi di Firenze c’è una continua alternanza di luoghi “sociali” e luoghi “privati”: dallo scaffale personale ai cespugli dell’ampio giardino pensati per fungere da nascondigli. Nei laboratori i piccoli possono sperimentare la musica o lo yoga, e nel fablab possono imparare a usare una stampante 3D.

Le esperienze di questo tipo saranno sempre più numerose: nel 2016 il Ministero dell’Istruzione ha lanciato un bando, attraverso lo stanziamento di 350 milioni di euro previsti dalla legge “Buona Scuola”, per realizzare 50 scuole innovative in tutta Italia. Il bando aveva l’obiettivo di individuare nuove soluzioni per gli ambienti scolastici dal punto di vista architettonico, dell’efficienza energetica e della sicurezza.

Lo scorso novembre è stato pubblicato l’elenco dei vincitori del bando (selezionati tra 1.238 progetti pervenuti) (http://www.miur.gov.it/-/-scuoleinnovative-proclamati-i-vincitori-del-concorso-progetti-per-51-nuove-scuole) ma l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha espresso un parere contrario rispetto all’affidamento diretto della progettazione ai vincitori (http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=7172). L’ANAC ha sollevato l’obiezione che il bando non specificasse i requisiti che i vincitori avrebbero dovuto avere per andare fino in fondo col progetto, e pertanto l’Autorità ha espresso il parere che i vincitori del bando dovrebbero essere sottoposti a “un concorso di progettazione o un appalto di servizi di progettazione”. L’iter di costruzione delle scuole innovative, dunque, è ancora alle fasi iniziali, ma le fondamenta per una nuova architettura scolastica sono state gettate.

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