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Lo studio legale del futuro

(di Francesco Chierchia) – “Non voglio un avvocato che mi dica quello che non posso fare. Lo assumo perché mi suggerisca come fare quello che voglio”. Stupisce come questa affermazione di J.P. Morgan – parliamo di oltre un secolo fa – possa essere considerata quanto mai attuale ancora oggi. Nell’ultimo decennio, complice la nascita di nuovi business e la trasformazione digitale, gli studi legali sono stati costretti a rispondere al cambiamento dei bisogni dei propri clienti (e dei clienti stessi) modificando strutture e modalità operative. Il ruolo classico, talvolta statico, recitato finora dall’avvocato nell’offrire consulenza al cliente ha lasciato così spazio ad un’evoluzione dell’attività, che richiede sempre più una preparazione non solo giuridica, ma anche culturale, commerciale e digitale. In questo senso, una delle prime realtà ad intercettare il nuovo paradigma professionale è stata Ontier, quinto studio legale in Spagna per fatturato annuo globale, oramai leader nell’offrire un nuovo modo di concepire l’assistenza legale specializzata. Da Bogotá a Lima, da Città del Messico a Miami, da Madrid a Londra, Ontier si pone come uno studio legale moderno: abbiamo intervistato Luca Pardo e Valerio Vicenzi, avvocati e soci fondatori di Ontier Pardo Vicenzi, con sede nella Capitale.

Come è nata l’idea alla base di Ontier?
Ontier nasce nel 2008 in Spagna dalla fusione di due grandi studi legali, con la vocazione a muoversi in giro per il mondo seguendo i propri clienti ovunque questi vadano a lavorare. Si tratta di un modello di studio legale globale, la cui idea si è sviluppata negli anni più duri della crisi economica spagnola, quando gran parte delle multinazionali aveva avviato un processo di internazionalizzazione verso l’America Latina. Nel partire queste aziende necessitavano di un’assistenza legale particolarmente qualificata, motivo per cui ai soci di Ontier venne in mente di avviare questo grande progetto, che ad oggi conta 21 sedi in 14 Paesi e 350 avvocati.

Da un punto di vista strutturale come si articola Ontier e come vengono gestiti i rapporti tra i vari uffici nel mondo?
Ci terrei a chiarire subito un punto: il nostro non è un modello basato su partnership o su best-preferred partnership, così come non rappresentiamo nemmeno un classico network. Strutturalmente esiste da un lato una casa madre con sede a Londra, dall’altro ci sono poi dei soci locali in ciascun Paese dove Ontier decide di aprire. Sono però questi ultimi a decidere la strategia di lavoro e di sviluppo del singolo studio legale, a differenza di quanto avviene nella maggior parte degli studi anglo-americani, dove c’è spesso un unico centro di proprietà e poi degli studi satelliti ad esso collegati. Peraltro, oltre a garantire un’eccellenza del servizio legale, ogni studio locale Ontier assicura un collegamento immediato con i singoli studi presenti nel resto del mondo, il tutto grazie alla presenza di un country manager e del c.d. lead partner, l’avvocato locale di fiducia del cliente, che coordina il lavoro con lo studio Ontier all’estero, così da evitare al cliente stesso difficoltà legate alla lingua o alla comprensione della normativa locale. L’obiettivo è quello di garantire al cliente la miglior assistenza legale possibile seguendolo assieme ai propri professionisti di fiducia ed a professionisti che conoscono fino in fondo il quadro normativo del Paese di destinazione.

Il vostro modo di operare contiene elementi innovativi, lei come lo definirebbe?
E’ l’assetto di uno studio legale che si apre al mondo in maniera moderna. Uno studio aperto ad esempio non solo a ciò che in Italia arriva, ma anche a ciò che dall’Italia va via. Fino a qualche anno fa la maggior parte delle realtà legali lavorava con i clienti esteri solo nella prima ipotesi, noi di Ontier Pardo Vicenzi siamo orientati verso l’opposto, vogliamo accompagnare le imprese italiane nella loro internazionalizzazione. Per fare questo ci premuriamo che i nostri avvocati non siano solo eccellenti giuridicamente, ma anche preparati culturalmente, perché per accompagnare il cliente nel mondo è basilare conoscere tradizioni, usi e costumi dei singoli Paesi, e per questo nei mesi scorsi abbiamo organizzato per i nostri avvocati dei corsi di geopolitica tenuti da un docente accademico.

I professionisti Ontier sono esclusivamente avvocati o esperti del settore legale?
No, e questa è un’altra nostra peculiarità. In alcuni settori specifici il nostro team opera in maniera interdisciplinare. Per le questioni legate al settore energetico i progetti su cui lavoriamo vengono visionati prima da nostri ingegneri, in maniera tale che questi possano capirne le criticità tecniche e possano esporle ai nostri legali, che a loro volta potranno poi lavorare sul materiale giuridico. Lo stesso discorso vale per la nostra sezione Mergers and Acquisitions, dove ci affidiamo ad economisti interni che sappiano valutare tutti gli aspetti di un’azienda (dal business-plan ai bilanci) e stilare un piano di acquisizione, operando come una vera e propria società di revisione integrata. Allo stesso tempo, ci siamo dotati di un ufficio di comunicazione e relazioni pubbliche che mette in contatto lo studio con le università, le istituzioni e particolari tipi di clienti. Siamo sempre alla ricerca di nuove iniziative, l’ultima delle quali molto ambiziosa ma del tutto nuovo in Italia: una Ontier Academy.

Di cosa si tratta in particolare?
L’idea è quella di istituire un’accademia gestita dallo studio che somministri corsi di formazione di assoluta eccellenza agli avvocati che intendono prepararsi a svolgere il loro mestiere, o a perfezionare il lavoro in un contesto professionale che sta vivendo un forte cambiamento. In Italia alcuni temi non vengono affrontati o vengono affrontati poco. Un esempio? La nostra professione si basa sulla parola, per questo vorremmo lanciare un corso di storytelling per avvocati, un qualcosa che tra l’altro è in grande crescita negli Stati Uniti.

Come è cambiato il cliente negli anni?
Il cambiamento è stato sostanziale, soprattutto nel tipo di richieste che il cliente ha iniziato ad avanzarci. Ieri si chiedeva all’avvocato di adottare una strategia che facesse stare il cliente al riparo da rischi e lo rendesse tranquillo. Oggi, soprattutto tra i clienti più strutturati, il trend si è completamente capovolto. La strategia conservativa lascia spazio ad un’iniziativa legale propensa al rischio. Chi si rivolge a noi vuole essere accompagnato e tutelato in operazioni con un tasso di criticità sempre più elevato. In un quadro come questo, uno studio legale innovativo deve essere in grado di sviluppare anche uno spirito commerciale, così da spingere i propri avvocati ad andare oltre il semplice star dietro la scrivania e conoscere la giurisprudenza, portandoli ad andare fuori, a confrontarsi con il cliente, conoscere in dettaglio il proprio ambito di attività e ad instaurare con lui un rapporto di fiducia e competenza.

La vostra attività di accompagnamento e sostegno del cliente all’estero potrebbe essere avvicinata, riferendosi esclusivamente alla sfera legale, a quella svolta da SIMEST o SACE nel settore investmenti?
Gli ambiti operativi completamente diversi e le differenti mission non ci rendono soggetti concorrenti. Recentemente peraltro ci risulta che la Simest abbia modificato il proprio approccio, per cui adesso un loro cliente può scegliere autonomamente il supporto legale di propria fiducia nel processo di internazionalizzazione. Su Sace il discorso è diverso perché la stessa Sace è dotata di consulenti legali interni ed esterni specializzati in export finance e di uffici in altri Paesi del mondo. Ciò non toglie che in alcuni casi possano verificarsi comunque le condizioni per una collaborazione.

Quali sono oggi gli ambiti in cui i millennials si affidano al vostro studio legale?
Sicuramente due: tecnologia e web, spesso intesi come commercio digitale. Per citare un caso concreto, non molto tempo fa abbiamo supportato un’azienda fondata da millennials a conformarsi alla normativa UE digitale sui concorsi a premi. Questa startup aveva lanciato una campagna online senza aver minimamente considerato che ci fosse una legislazione comunitaria da osservare. Per noi in quel caso la sfida è stata quella di salire su un treno già in corsa e cercare di reindirizzarlo sul binario normativo corretto. In un altro caso abbiamo assistito dei giovani imprenditori italiani nel lancio di una startup innovativa nel settore food di qualità (con chef stellati) negli Stati Uniti, indirizzandoli sia da un punto di vista legale sia attraverso una serie di indagini sul mercato di riferimento, e sulla necessità di ingenti investimenti in ambito logistico e tecnologico.

Quali sono stati i dati di crescita del progetto Ontier negli ultimi anni?
La crescita è stato un fattore costante negli anni, solo nel 2017 Ontier ha registrato, a livello globale, un +8,6% rispetto al 2016, con un risultato complessivo che è passato da 51,2 a 55,6 milioni di euro. Il nostro sviluppo è determinato da un portafoglio di clienti sempre maggiore che riconosce l’eccellenza dei nostri servizi e decide di usufruirne. Inoltre, sempre bene precisarlo, la qualità della nostra attività non viene mai tradotta in aumenti di costo per le tasche dei nostri clienti.

Quali sono i prossimi passi che ha in programma Ontier?
Nel brevissimo periodo vorremmo consolidare e completare la nostra presenza in America Latina, dove siamo già leader mondiali per numero di uffici presenti, andando ad aprire degli studi anche in Ecuador, Uruguay ed Argentina. Siamo altresì impegnati nella formazione tecnico-commerciale dei nostri avvocati, perché siano ottimi professionisti ma anche motori di crescita. Sul fronte Italia da un lato saremo molto attenti e proattivi nel guardare verso l’Africa, dall’altro lavoreremo per lanciare quanto prima l’Ontier Academy, strutturando i corsi come dei piccoli master professionali altamente specifici.

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