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Istat: governo non convince. Dubbi UpB e C.Conti su cifre

“Il rallentamento congiunturale già sottolineato” con la Nadef “si è ulteriormente accentuato. Ne risulta confermata la previsione, indicata in sede di validazione dello scenario tendenziale di una crescita dell’1,1 per cento del Pil 2018, mentre emergono ulteriori rischi al ribasso” sul 2019. Così l’Ufficio parlamentare di bilancio in audizione sulla manovra. “Secondo le stime di breve termine la crescita del 2019 già acquisita risulterebbe pari allo 0,1 per cento, rendendo l’obiettivo” dell’1,5% del Pil per il 2019 “ancora più ambizioso di quanto già rilevato in precedenza”.

Anche sul deficit, annota l’Upb permangono dubbi. “Nelle nostre valutazioni più recenti che incorporano la manovra al suo valore facciale – – dice il presidente Pisauro – ” il deficit “si posizionerebbe nel 2019 al 2,6% del Pil”.

Non è una bella fotografia dell’Italia quella scattata stamattina dall’Istat. Cala la produzione, c’è un forte rischio che il quarto trimestre l’economia rallenti, oltre quattro milioni di italiani rinunciano a curarsi. “La rinuncia a visite o accertamenti specialistici per problemi di liste di attesa complessivamente riguarda circa 2 milioni di persone (3,3% dell’intera popolazione” mentre “sono oltre 4 milioni le persone che rinunciano per motivi economici”, scrive l’Istat. A rinunciare di più sono “i più anziani, tra i 45 e 64” e “rilevante” ha detto il presidente Franzini, “è l’intreccio tra rinuncia e condizioni economiche”.

Quattro famiglie su 10 sotto la soglia di povertà (il 40,7%) vivono in case di proprietà, sulle quali una su 5 paga un mutuo medio di 525 euro, mentre il 15,6% in abitazioni in uso o usufrutto gratuito. E’ uno dei dati forniti dall’Istat nell’audizione sulla manovra in vista dell’introduzione del reddito di cittadinanza. Il 43,7% vive invece in affitto, quota che è “particolarmente elevata nei centri metropolitani (64,1%) e nel Nord del Paese (50,6%). La spesa media effettiva per l’affitto è di 310 euro”.

Nel terzo trimestre la produzione dell’industria diminuisce dello 0,2% rispetto ai mesi precedente, nel terzo calo consecutivo. Lo comunica l’Istat. “Prosegue la fase di debolezza della produzione industriale, che chiude con un lieve calo congiunturale anche il terzo trimestre dell’anno”, osserva l’istituto di statistica. Nel terzo trimestre, la flessione congiunturale è dovuta ai beni di consumo e ai beni intermedi, mentre risultano in crescita i comparti dell’energia e dei beni strumentali.

A settembre 2018 l’Istat stima un calo dell’indice destagionalizzato della produzione industriale dello 0,2% rispetto ad agosto. Su base annua, invece, l’indice torna a crescere dopo due mesi, e aumenta in termini tendenziali dell’1,3% nei dati corretti per gli effetti di calendario. Rispetto ad agosto ci sono aumenti per i beni intermedi (+1,1%) e i beni di consumo (+0,3%) e variazioni negative per i beni strumentali (-1,6%) e l’energia (-0,1%). Mentre su base annua la crescita maggiore riguarda l’energia (+4,2%).

“In termini meccanici sarebbe necessaria una variazione congiunturale del Pil pari a +0,4% nel quarto trimestre dell’anno in corso per raggiungere gli obiettivi di crescita presenti nella Nota di aggiornamento al Def per il 2018”. Lo ha detto il presidente facente funzione dell’Istat Maurizio Franzini nell’audizione sulla manovra alla Camera. Franzini ha ricordato la crescita “nulla” del terzo trimestre e che l’indicatore anticipatore “registra una ulteriore flessione” preludendo alla “persistenza di una fase di debolezza del ciclo economico”.

Quanto alla manovra, l’Istituto di Statistica rileva che “per il 2017 è confermato un indebitamento pari al 2,4% del Pil e un debito pari al 131,2%. Per l’anno in corso e i successivi si conferma quanto espresso nell’audizione sul Def pur sottolineando che un mutato scenario economico potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica in modo marginale per il 2018 ma in misura più tangibile per gli anni successivi”. Così l’Istat nel corso dell’audizione sulla manovra davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Anche la Corte dei Conti nutre dubbi sui “nuovi strumenti” pensati dal Governo. E scrive: “Il ricorso a nuove strutture organizzative da avviare e la necessità di ridisegnare il funzionamento dei nuovi strumenti può incidere non solo sul costo, ma anche sui tempi di avvio, e, in definitiva, sulla efficacia degli interventi” in una fase “in cui il successo delle scelte assunte con la manovra è strettamente legato alla capacità di stimolare l’economia”.

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