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Venezuela, gli aiuti economici e la guerra dei tweet

Il 23 gennaio, il Presidente dell’Assemblea Nazionale del Venezuela ha giurato di assumere ad interim le prerogative della carica di Presidente ai sensi della Costituzione vigente, di fronte a milioni di persone scese in strada nell’anniversario della cacciata del dittatore Marcos Perez Jimenez (uno che poi ha intrapreso la carriera di controfigura di Yoda a giudicare dalle foto). L’operazione di Guaidó ha avuto un grande successo. I cellulari sono pieni di foto e video di fiumane colorate. Assembramenti umani mai visti in 53 cittá. Un fiume di popolo. Il 23 è iniziata una guerra mediatica pennellata di realismo magico alla Gabriel Garcia Marquez. Trump ha riconosciuto Guaidó via Twitter in tempo reale, mentre sulla televisione di Stato si susseguivano le immagini della manifestazione parallela organizzata da Maduro.

Da lí è stato un crescendo. Il 24 Maduro, come se niente fosse, è andato a inaugurare l’anno giudiziario alla corte suprema in diretta TV, mentre Juan Guaidó passava la giornata su Twitter a ringraziare tutti i Presidenti sudamericani, Trump, Pompeo e il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, che lo hanno riconosciuto. Annunciando tra l’altro, sempre su twitter, di aver ottenuto 20 milioni di dollari di aiuti umanitari come primo risultato concreto del suo mandato.

Lo scontro continua sui cellulari. Guaidó twitta direttamente dalla Santa Messa, Maduro posta video in cui corre tra i marine venezuelani in un ballonzolare delle sue carni. Guaidó in una intervista dice che gli sembra che Maduro abbia l’aria preoccupata e questi si fa filmare a un raduno della gioventú bolivariana mentre balla la salsa. L’acqua santa e il diavolo, uno l’opposto dell’altro. Il 28 gennaio Guaidó ha 985.000 followers, Maduro 3 milioni e cinquecentomila. E’ Guaidó che detta la linea, lui comunica è il suo avversario risponde. Guaidó porta la gente in piazza a cadenza settimanale vuole tre cose: l’ingresso degli aiuti umanitari, un governo di transizione e l’indizione di nuove elezioni presidenziali. I giorni passano e i governi che riconoscono Guaidó come legittimo presidente diventano piú di cinquanta.

E´uno scontro di linguaggio. Il 12 febbraio Guaidó annuncia che gli aiuti entreranno il 23. Nel frattempo il 14 si sono riuniti a Washington un gruppo di donatori che raccolgono impegni per 100 milioni di dollari per acquisti di medicine e di derrate alimentari. La narrativa di questo cambio di governo continua nel suo percorso a tappe e colpisce moltissimo per la cura che la sua regia (che sia nella testa di Guaidó, di un gruppo di amici-politici, di una azienda di consulenza straniera o di un servizio di intelligence o di tutti quelli sopra) sta avendo nel mantenere solo ed esclusivamente un linguaggio positivo. Dalla bocca di Guaidó non é uscita finora neanche una parola di odio, né nei confronti di Maduro né nei confronti dell’esercito o dei vari enti che gestiscono la sicurezza interna. Sembra un predicatore. Maduro gira spasmodicamente per caserme twittando divise e usando parole come lotta, armi, fedeltà, tradimento e lui parla ai soldati promettendo l’amnistia e dicendo: avrete la coscienza di bloccare l’ingresso del cibo e delle medicine che servono in primo luogo a voi, alle vostre famiglie, ai vostri vicini di casa? In nome di cosa siete pronti a bloccare quello che serve alla nostra gente per sopravvivere? Per fedeltà a una sola persona che si contrappone al bene comune? L’argomentazione é solida e gli aiuti stanno arrivando davvero. Sui cellulari del Paese si susseguono i video in cui si vedono aerei da trasporto americani e camion che arrivano al confine tra Colombia e Venezuela e scaricano materiale.

Non solo. Guaidó é riuscito anche a contrabbandare già un po’ di questi aiuti. Li ha fatti arrivare in un posto e si é fatto vedere mentre organizzava le prime distribuzioni. Nel frattempo ha lanciato un appello alla gente perché si prestasse come volontario per la distribuzione e venerdì scorso ha convocato tutti gli aspiranti volontari presso la sede dell’ultimo quotidiano indipendente per prestare giuramento (qui i giuramenti piacciono moltissimo). Si sono presentati in 600.000, tipo gli abitanti di Como, Varese, Monza, Bergamo e Brescia sommati assieme. Tutti vestiti di bianco. E hanno giurato. Non é una scena straordinaria anche solo da immaginare? Nel frattempo a Cucuta, città colombiana di confine, gli aiuti si stanno ammassando e qui arriva la ciliegina sulla torta del Golpe Reality Show: per il 22 sera, la sera prima dell’annunciato ingresso degli aiuti, Richard Branson (si lui, quello della Virgin, quello che si butta col paracadute, quello che da quando ha comprato un’isola dei Caraibi é diventato molto solidale quando le isole – compresa la sua- vengono spazzate via dagli uragani e tocca ricostruirle da zero) ha organizzato un concerto di solidarietà come il Live Aid degli anni ottanta.

Se funziona sarà la più grande operazione di comunicazione politica mai organizzata: una transizione politica verso la democrazia vinta con sanzioni economiche, cibo, medicine, musica, volontari vestiti di bianco e parlando solo di solidarietà, amore di patria e attenzione agli ultimi. Da una decina di giorni Guaidó ha iniziato a riferirsi a Maduro come all’usurpatore: un titolo che lo identifica come qualcuno che fa uso del suo incarico senza averne il diritto. Definizione tecnica ineccepibile e sempre moralmente neutra. Come predicatore Guaidó sembra perfetto. In realtà ci si aspetta che gli aiuti giungano anche da altre parti. Il mare é più comodo da attraversare dell’autostrada Colombia-Venezuela. Lì non ci sono le corsie. E poi sapevate che il Venezuela confina con l’Unione Europea? Già. Di fronte alle coste venezuelane, c’é Aruba, luogo noto per i servizi di hosting, per il riciclaggio, per le piantagioni, ma meno noto per essere un gruppo di tre isole dei Caraibi che fanno parte dei Paesi Bassi. Lí gli olandesi hanno una bella base militare e stanno ammassando, conto terzi, aiuti vari. Mi aspetto un colpo di scena marittimo. Non per niente proprio in questi giorni Maduro ha annunciato la chiusura di tutti i porti e tutti i valichi di frontiera per il week end.

Oggi Guaidó ha piú di un milione e trecentomila followers. Maduro mantiene i suoi tre milioni e mezzo. Ma conta poco: il 23 si passa da Twitter ai fatti.

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