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Venezuela, gioco d’azzardo e sanzioni economiche

Il cielo è gravido di pioggia il 26 febbraio a Caracas. Non piove mai in questa stagione. E’ la stagione secca, una delle cose belle del Venezuela: ti svegli, il cielo é blu cobalto e sai che ci saranno 26 gradi tutto il giorno, magari 28 se ti metti proprio al sole, che picchia di brutto perché siamo pur sempre in montagna. Sará la tristezza della gente che ha influenzato il clima. Sabato la cittá vibrava di aspettative. Tutti speravano nell’ingresso degli aiuti umanitari. L’Assemblea Nazionale aveva messo in piedi un quartier generale operativo al Centro Culturale di Chacao, nel teatro dove, per la giornata della memoria lo scorso gennaio, uno degli attori piú importanti del Paese ha recitato un monologo basato su “Se questo é un uomo” di Primo Levi. Mi è sembrato di buon auspicio. Tutto organizzatissimo. Sicurezza privata, che si è pure permessa di chiudere parte della strada al traffico, un maxi schermo che proiettava in strada gli aggiornamenti sulla situazione, rapporti inviati ogni due ore via whattsapp, conferenze stampa periodiche trasmesse via Youtube. Erano soprattutto due a parlare. Belli, appassionati. Uno in un video, aveva spiegato che l’operazione per lui aveva anche una valenza personale, perché ha una sorella malata di tumore al cervello che non puó essere curata visto che le medicine non si trovano da nessuna parta. Un’altra é la moglie del capo del Partito di Guaidó, una donna che sembra una bimba, ma ha tre figli e un marito che si é fatto un anno di carcere e ora sta ai domiciliari. Gente che avuto una vita cosí differente dalle nostre tranquille vite europee.

Il sabato è stato sicuramente intenso in quel sotterraneo. Cinquanta volontari. Schermi con le televisioni del mondo che seguivano la cosa. Laptop per monitorare i social media in diretta, soprattutto twitter e poi il videogioco: una grossa schermata con la mappa del Venezuela: 152 Punti rossi che rappresentavano le manifestazioni di piazza organizzate in tutto il paese per sostenere l’ingresso degli aiuti. Poi altri numeri. Il numero dei soldati che passano con Guaidó, il numero degli incarcerati, il numero dei morti e quello dei feriti. L’ultima schermata della giornata di sabato mostrava 84 feriti e 5 morti. I feriti accertati oggi sono più di 300. I disertori 150, niente se si pensa che tra esercito e forze dell’ordine in Venezuela superiamo le 30.000 unità. Quello con la sorella col tumore, aveva detto: “Gli aiuti passeranno, ne sono sicuro”. Sono passati 4 camion. Due a sud e due a ovest. I morti sono stati tutti sul confine con il Brasile. Indigeni della tribú dei Pemones.

Le telecamere erano tutte a Cucuta, nessuna tra gli indigeni. Tutto lo sforzo organizzativo di quella cabina di regia è stato vano. Mi é sembrata una messa in scena. Hanno dato tanta enfasi al camion bruciato ma é stato chiaramente un incidente e così poco ai poveri indigeni. E alla fine non è successo niente. Hanno visto il loro bluff. Pensavano che parte dell’esercito passasse dalla loro parte e invece no. Io mi aspettavo che almeno fossero sicuri che qualche pezzo significativo dell’armata li seguisse già prima dell’inizio di questa partita pericolosa. Invece era una scommessa perdente. Una brutta mano di poker. Sulla pelle dei Pemones.

Guaidó è rimasto a Bogota. Ieri c’è stato l’incontro del Gruppo di Lima: Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Peru, Guyana e Saint Lucia con al fianco gli Stati Uniti. Il Vice Presidente Pence ha fatto un appello ai suoi alleati sudamericani: congelare tutti i beni di PDVSA, la societá petrolifera venezuelana; trasferire il controllo di tutte le risorse venezuelane sui loro territori agli uomini di Guaidó, adottare una politica di restrizione alla concessione dei visti per tutto l’entourage di Maduro, concedere a un rappresentante di Guaidó la rappresentanza presso la Banca Interamericana di Sviluppo. Niente truppe quindi, ma una ulteriore stretta alla circolazione di uomini e risorse dell’esecutivo di Caracas. Quanti giorni passeranno prima che in Venezuela finisca la benzina? Riuscirá Guaidó a tornare a Caracas? Lo vedremo nei prossimi giorni.

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